Sotto attacco anche il Campo profughi di Makhmour.Per la seconda volta in pochi mesi, aerei da guerra appartenenti all’esercito invasore turco hanno bombardato l’area Martyr Rustem Cudi intorno al Campo di Makhmour, nel Kurdistan meridionale (Nord Iraq), un campo che si trova sotto l’egida dell’UNHCR, nel silenzio assordante della comunità internazionale e dell’ONU stessa.
L’incursione ha provocato due feriti non gravi, ma notevoli danni materiali a vigneti e coltivazioni; il precedente bombardamento, avvenuto il 13 dicembre 2018, invece, aveva causato quattro vittime civile, tutte donne, la più giovane “terrorista” aveva ben dodici anni!
Dopo l’attentato del 17 luglio al responsabile del MIT (servizi segreti turchi), avvenuto in un lussuoso ristorante di Hewler, rimasto senza rivendicazione, le forze di sicurezza del KDP hanno pensato bene di chiudere l’accesso a Makhmour, mentre elicotteri turchi sorvolano minacciosamente il Campo, come a voler indicare i presunti colpevoli. Da punire!
Negli ultimi mesi, lo Stato turco, le cui minacce di aggressione contro il Rojava diventano sempre più concrete, intanto ha aumentato i suoi attacchi sistematici contro gli insediamenti civili del Kurdistan meridionale, segno pericoloso di una guerra che si sta allargando al Nord Iraq, nel silenzio del KDP di Barzani e del governo di Baghdad, con il tacito consenso degli USA che hanno bisogno di destabilizzare l’area di confine con l’Iran, prossimo obiettivo di un nuovo devastante conflitto mediorientale.
Makhmour è un Campo indipendente e autogestito, caratterizzato da una forte democrazia dal basso e di genere, che si trova in mezzo al deserto iracheno, dove oggi vivono 14 mila profughi, fuggiti , negli anni novanta, dai villaggi del Botan, bombardati e distrutti dall’esercito turco, insediatisi in Iraq, dopo aver cambiato per ben nove volte postazione.
Tutte le istituzioni internazionali preposte devono tutelare il campo di Makhmour e i suoi abitanti e costringere la Turchia a mettere fine ai suoi brutali e immotivati attacchi. La Turchia deve essere richiamata, anche con sanzioni, al rispetto del diritto internazionale e delle convenzioni che essa stessa ha firmato.
Rete Kurdistan Italia
28 luglio 2019