Il Ministero della Difesa USA e i curdi mettono in guardia dalla ricostruzione di IS in Siria e in IraqLa milizia jihadista »Stato Islamico« (IS) resta una minaccia in Siria e in Iraq. Dopo la perdita del controllo territoriale l’organizzazione terroristica, si sarebbe trasformata in una forza insurrezionale la cui tattica comprende »uccisioni mirate, agguati e l’incendio di campi«. Così si dice in un rapporto trimestrale dell’ufficio di ispettore generale del Ministero della Difesa USA, Glenn A. Fine, sull’operazione condotta dal 2014 dagli USA contro IS »Inherent Resolve« (naturale determinazione). Il Pentagono stima il numero dei membri di IS che agiscono in clandestinità in una cifra che va da 14.000 e 18.000, tra cui 3.000 combattenti stranieri. Un grande potenziale di reclutamento, l’ispettore generale lo vede nel campo profughi Al-Hol nel nord della Siria, dove tra i 70.000 abitanti si troverebbero circa 45.000 famigliari di combattenti di IS caduti o catturati, due terzi sarebbero bambini e giovani. Le »Forze Democratiche Siriane« (FDS) sostenute dagli USA; a Al-Hol sarebbero in grado di mantenere solo una »sicurezza minimale«, cosa che nel campo renderebbe possibile una »diffusione senza resistenza dell’ideologia di IS«. Inoltre IS sfrutterebbe divisioni etniche e culturali tra le FDS con il loro ruolo emancipatore rispetto ai ruoli di genere, e la »società araba tradizionale«. Così IS a Deir ez Zor, dove ci sono state proteste violente contro le FDS, ha rappresentato l’alleanza militare a guida curda come »nuova forza di occupazione«.
Il riferimento del Pentagono alla presunta incapacità delle FDS di eseguire operazioni a lungo termine contro IS e a tenere territori in modo durevole senza aiuto militare, dovrebbe servire a giustificare un’ulteriore stazionamento di forze armate USA. »Il ritiro o la riduzione« delle truppe USA potrebbe costringere le forze sostenute dagli USA in Siria a cercare »partner e risorse alternativi«, si afferma nel rapporto. Alla fine dello scorso anno il Presidente USA Donald Trump aveva annunciato un ritiro completo delle truppe USA dalla Siria. Circa la metà degli originariamente 2.000 militari di stanza in Siria del nord da allora hanno lasciato il Paese. Questo tuttavia potrebbe essere »dannoso per la missione degli Stati Uniti, in particolare se l’alternativa (…) non condivide la nostra visione per il futuro dell’Iraq e della Siria«, ammonisce l’ispettore generale. Certamente si intende che la leadership politica della zona di autogoverno in Siria del nord, nota anche come Rojava, potrebbe arrivare a un accomodamento con Damasco o a una cooperazione con la Russia. Così il »Consiglio Democratico della Siria« come rappresentanza politica delle FDS, già poco dopo l’annuncio del ritiro fatto da Trump, aveva avviato colloqui con il governo siriano. Il proposto inserimento delle FDS nell’esercito siriano finora è fallito per l’atteggiamento rigido di Damasco rispetto al fatto di riconoscere in cambio le strutture di amministrazione autonoma.
In parallelo ai preparativi della Turchia per un ingresso in Siria del nord e alle operazioni turche in corso in Iraq del nord, cellule dormienti di IS hanno intensificato le loro attività in entrambi i Paesi. Da ultimo mercoledì in un attentato dinamitardo davanti a una scuola femminile nella città di Tirbespi della Siria del nord, sono morti tre bambini. A Qamishli nello stesso giorno è stato possibile sopraffare in tempo un’attentatrice. Come ha dichiarato all’agenzia stampa curda ANF un collaboratore delle forze di sicurezza della regione di autogoverno, molti islamisti catturati nelle operazioni anti-terrorismo hanno ammesso di aver ricevuto le loro istruzioni da membri di IS in Turchia o dalle zone della Siria del nord sotto occupazione turca. Il Rojava-Information-Center in un rapporto pubblicato giovedì, ha identificato oltre 40 ex combattenti di IS che ora sono attivi nella Afrin occupata come comandanti o coordinatori delle truppe di mercenari sostenute dalla Turchia. Su collegamenti del genere tra IS e il partner della NATO Turchia tuttavia il rapporto del Pentagono tace.
di Nick Brauns
da junge Welt
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