Città curde in amministrazione forzata in Turchia. Gli abitanti sono costretti a vivere nello stato di emergenza. Un colloquio con Lezgin Botan Lezgin Botan vive in esilio in Germania e dal 2011 al marzo è stato deputato HDP a Van
Qual è la situazione attuale a Diyarbakir, Van e Mardin, le tre città dove il 19 agosto i sindaci sono stati destituiti?
Lì al attualmente vige lo stato di emergenza, una giunta militare con enorme presenza di polizia, con idranti e veicoli blindati nelle strade. In questo modo si vuole impedire alla gente di protestare. Gli amministratori coatti nominati dal governo turco hanno comunque vietato tutte le proteste in pubblico perché non ci sia alcuna possibilità di manifestare contro queste ingiustizie. Le persone vengono attaccate e si verificano violenze.
In Turchia ci sono agitazioni anche oltre la comunità curda?
Proteste ci sono anche fuori dalle zone curde. In particolare nelle metropoli come Istanbul, Izmir, Ankara, Adana e Mersin la gente scende in piazza e anche lì c’è repressione. Nelle zone curde con sit-in e azioni del genere si cerca di protestare pacificamente. Ma neanche questo viene permesso e qualsiasi assembramento viene immediatamente disperso. Quindi le persone cercano di mostrare la loro protesta spegnendo o accendendo le luci nelle loro case a una determinata ora. Oppure fanno rumore con stoviglie e pentole sui loro balconi per esprimere la loro protesta.
Come si comporta il partito di opposizione CHP che voi avete sostenuto in campagna elettorale?
I municipi presi dall’opposizione a Istanbul e Ankara si mostrano solidali con l’HDP. Sabato il sindaco neo-eletto di Istanbul, Ekrem Imamoglu, è andato a Diyarbakir, lì si è incontrato con Selcuk Mizrakli, il sindaco destituito e ha solidarizzato pubblicamente. Questi sviluppi sono seguito anche dai media turchi.
Sostegno arriva da organizzazioni non governative, ordini degli avvocati e grandi sindacati come per esempio il sindacato dei medici e del pubblico impiego, o anche da organizzazioni di architetti e ingegneri. Molti diversi gruppi si mostrano solidali con l’HDP e protestano a modo loro contro queste amministrazioni forzate. I loro iscritti si recano nelle città colpite e incontrano i sindaci destituiti. Parlamentari dell’HDP partecipano ai sit-in e ai cori davanti alle locali sedi del partito e in punti importanti.
A parte questo, ci sono passi che l’HDP può intraprendere o alla fine resta solo la ritirata per proteggere la propria gente?
È fuori questione che l’HDP si pieghi a questo fascismo – l’antifascismo è uno dei pilastri più importanti del partito. Ma naturalmente non permetterà nemmeno che la popolazione e le elettrici e gli elettori siano attaccati e reagirà di conseguenza.
Questo cosa significa di preciso?
Quello che l’HDP fa già ora e che continuerà a seguire come strategia, è fare scioperi bianchi. Questi vengono continuamente circondati dalla polizia se si tratta di rappresentanti eletti. Le persone che vogliono protestare, per la loro protezione vengono invitate a fare solo il rumore o le azioni con la luce citate. Un’altra strategia si rivolge alle metropoli non sono in questo stato di emergenza repressivo. Lì l’ HDP cerca di creare solidarietà, di ingrandirla e di eseguire proteste democratiche. Un altro punto importante è conquistare la solidarietà internazionale e attirare l’attenzione sulla situazione in Turchia attraverso canali diplomatici.
Che tipo di sostegno vi aspettate dall’Unione Europea?
Nel 2004 il Consiglio d’Europa – e la Turchia come membro dello stesso – ha concordato che anche rappresentanze regionali possono esprimere la volontà degli elettori. Tutti i membri quindi sono chiamati e obbligati a rafforzare le rappresentanze regionali. L’HDP in futuro farà riferimento a questo e ricorderà a tutti i Paesi dell’UE, ma anche ai vertici europei, che la Turchia è entrata in un contratto del genere e lo deve rispettare.
Intervista di: Ina Sembdnerda junge Welt
https://www.jungewelt.de/artikel/362091.repression-gegen-hdp-mit-geschirr-und-kocht%C3%B6pfen-trommeln.html