Il 15 Ottobre si terrà nuovamente un’udienza durante la quale dei giudici del Tribunale di Torino dovranno decidere se applicare una misura fortemente restrittiva a tre cittadini torinesi che sono partiti dall’Italia per combattere l’ISIS, a difendere le popolazioni civili e le conquiste sociali nella regione rivoluzionaria del Rojava/Siria del nord.
Poiché questo non costituisce un reato secondo la legge italiana, la Procura di Torino, dal Gennaio 2019, tenta di applicare una misura introdotta durante il fascismo: la “sorveglianza speciale”, che permette di espellere un individuo dalla propria città, confinarlo in un’altra, imporgli di restare a casa in certi orari e addirittura privarlo del diritto di riunione e di espressione pubblica senza accuse e senza processo, sulla base della semplice “premonizione” poliziesca che potrebbe in futuro essere “socialmente pericoloso”.
La battaglia politica che in tanti hanno portato avanti contro questa assurdità – primo tra tutti Lorenzo Orsetti, che vi ha dedicato i suoi ultimi interventi pubblici prima di cadere in battaglia contro lo Stato islamico – ha permesso di ottenere a giugno una sentenza favorevole: aver combattuto con le Ypg/Ypj non può essere considerato motivo di pericolosità sociale. Eppure per Eddi, Jacopo e Paolo si mantiene la possibilità della sorveglianza speciale, cambiandone le motivazioni: un capodanno davanti al carcere, per ciò che riguarda Paolo, nel 2018, per testimoniare la propria vicinanza ai detenuti; un raduno musicale di fronte a un locale notturno per Jacopo e Eddi per chiedere ai proprietari del locale di pagare finalmente il giovane cuoco che aspettava migliaia di euro di arretrati da mesi. Ha tutte le caratteristiche di un accanimento giudiziario.
Se i giudici avessero dato ragione alla tesi della procura, secondo cui le Ypg, e i volontari internazionali, sono un’organizzazione pericolosa o terroristica si sarebbe creato un precedente gravissimo. La solidarietà e gli sforzi di Lorenzo hanno impedito che questo accadesse.
Ma se adesso il collegio dovesse privare Eddi, Jacopo e Paolo della loro libertà personale e di movimento, e della loro libertà politica, per essersi espressi assieme a tanti altri contro lo sfruttamento sul lavoro o la degradazione dell’essere umano che avviene quotidianamente nelle carceri, sarebbe un grave precedente: quali spazi di libertà rimarrebbero a ciascuno di noi? Quali possibilità di vivificare le nostre società con la critica e il cambiamento?
Per questo abbiamo ancora una volta il dovere di mobilitarci
Torino sta con chi combatte l’ISIS: la vicenda non è conclusa
Da: Il Ciclone di Fuoco – Agirê Bablîsokê