A due settimane dall’invasione turca del nord della Siria, dopo giorni di bombardamenti del Rojava e di tregue violate, con l’accordo di Sochi tra Putin e Erdogan le pretese turche iniziano a realizzarsi. Tra gli screzi e gli accordi fra grandi potenze le popolazioni continuano a morire sotto le bombe o a fuggire dalle proprie case.
A nefasto corollario dell’accordo Turchia-UE sui migranti del 2016, Erdogan minaccia di deportare un milione di profughi siriani nella cosiddetta safe zone nel tentativo di cambiare l’equilibrio politico della regione, come sempre sulla pelle delle persone.
Le diplomazie internazionali rilasciano ipocrite dichiarazioni di circostanza, critiche solo a parole, mentre rimangono alleate di Erdogan nei fatti. L’Esercito Italiano è presente con 130 soldati e alcune batterie missilistiche nell’operazione NATO Active Fence a difesa del confine meridionale della Turchia. Gli aerei da pattugliamento dell’esercito turco sono costruiti da Alenia Aermacchi, gli elicotteri da combattimento da Leonardo (ex Finmeccanica) e l’elenco potrebbe continuare. Nell’invasione turca come nella guerra in Yemen, l’industria bellica italiana è pesantemente coinvolta e complice. Spesso armi e mezzi che raggiungono i teatri di guerra transitano nel nostro porto, come la lotta contro la flotta saudita Bahri ha dimostrato nei mesi scorsi.
Gli interessi politici ed economici italiani in Turchia non si limitano al campo bellico: basti pensare allo sfruttamento della manodopera immigrata nei noccioleti di Ferrero, o agli enormi finanziamenti di Unicredit nel settore energetico.
L’esperienza rivoluzionaria in Rojava ha radici in quarant’anni di lotta e non verrà sconfitta in una battaglia. Sta a noi mantenere alta l’attenzione internazionale, individuare gli interessi turchi in Italia e le aziende italiane coinvolte in questo attacco.
Incontriamoci martedì 29 ottobre alle 18 al CAP in via Albertazzi per organizzare una mobilitazione in solidarietà alle popolazioni colpite dalla guerra e alla resistenza curda, contro la guerra e la NATO, contro i traffici di armi, nel porto come ovunque.