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La KCK ricorda Seyîd Riza

Nel 1937 scoppiò la rivolta di Dersim il cui capo era Seyîd Riza. Fu il più importante capo spirituale e tribale del suo tempo e si oppose a governo turco, all’espulsione e al genocidio dei curdi aleviti.

Dersim, una provincia nel Kurdistan del nord, si trova nel mezzo di una provincia montuosa inaccessibile con montagne alte fino a 3.500 metri e profondi burroni. Per via delle montagne, valli e boschi la regione offriva agli aleviti perseguitati dall’Impero Ottomano rifugio dagli ottomani sunniti che procedevano contro tutti i gruppi religiosi che non rientravano nel quadro dell‘Impero.

A fronte delle condizioni geografiche Dersim in ampia misura riuscì a avere uno status di fatto autonomo e a mantenere un mosaico di gruppi etnici e religiosi. Questo cambiò negli anni ‘30, quand nel 1934 entrò in vigore la cosiddetta legge sull’insediamento (İskan Kanunu). Il governo sotto il fondatore della repubblica Mustafa Kemal Atatürk voleva uno Stato turco omogeneo di impronta turca. Dersim fu il primo territorio nel quale entrò in vigore la legge sullo spopolamento. Nel suo intervento per l’apertura del Parlamento nel 1936 Atatürk osservò: „Per affrontare e pulire questa ferita, questa orribile infezione al nostro interno con tutta la radice, dobbiamo fare di tutto – costi quel che costi.“

In seguito a questo vennero abolite tutte le istituzioni della direzione tribale e religiosa e confiscate le loro proprietà terriere. Dersim venne rinominata in Tunceli (turco: mano d‘acciaio) e messa sotto amministrazione militare. L’intenzione era quale di una riorganizzazione politico-amministrativa con l’aiuto della repressione militare. A questo scopo a Dersim venne proclamato lo stato di emergenza militare.

Nel 1937 si formò una rivolta contro la politica di assimilazione e turchizzazione dello Stato turco kemalista. Questa rivolva era guidata da Seyîd Riza. La rivolta armata a sua volta era sotto la guida della coppia Alişêr e Zarife. Che le donne svolgano un ruolo portante nelle rivolte curde ha una tradizione. Ma attraverso un genocidio fisico e culturale la rivolta a Dersim venne battuta sanguinosamente.

Alla richiesta di abolizione delle leggi „Tunceli” e la concessione della riforma amministrativa e di diritti nazionali si rispose con l’ingresso dell’esercito turco. Il 4 maggio 1937 il governo a Ankara decise la sua operazione „Punizione e Deportazione“. Quindi l’esercito turco entrò a Dersim con dai 30.000 ai 40.000 soldato e uccise fino a 14.000 persone. Uomini, donne, anziani e bambini vennero fucilati o – per non sprecare munizioni – trafitti con le baionette. I bambini in parte furono rapiti e deportati o attirati con le loro madri in dei capannoni per la paglia e lì bruciati vivi. Interi villaggi furono distrutti dalle fiamme e bombardati con aerei da combattimento.

Nel settembre 1937 il governo turco offrì una tregua con tanto di contratto di pace e perfino risarcimenti. Quindi l’allora 75enne capo della rivolta Seyîd Riza si recò a Ezirgan (Erzincan) per colloqui di pace. Ma lì venne arrestato in un agguato, condannato a morte in un procedimento accelerato e il 15 novembre 1937 giustiziato insieme a suo figlio Resik Hüseyin e a cinque suoi amici a Xarpêt.

Dopo l’assassinio di Seyîd Riza però la rivolta andò avanti – nella primavera del 1938 l’esercito colpì nuovamente: dato che Dersim non aveva più un capo, l’esercito ebbe gioco facile a spegnere completamente la rivolta. I circa 100.000 soldati ora operarono in modo ancora più brutale, circa 70.000 persone, in prevalenza donne e bambini, furono uccisi in modo crudele. Civili che cercarono rifugio nelle caverne in montagna vennero murati vivi, bruciati o costretti con il fumo a uscire allo scoperto. Molte vittime, soprattutto donne, per disperazione si gettarono dalle rupi nel Munzur per non essere fatte prigioniere. Oltre 100.000 persone furono costretta alla deportazione.

Dersim dal punto di vista della sistematicità del genocidio attraverso il femminicidio rappresenta un esempio particolarmente ripugnante. Perché qui le donne non furono „solo“ assassinate, ma attraverso loro doveva essere compiuto il genocidio fisico attraverso il genocidio bianco [Nota: il termine „genocidio bianco” viene usato spesso nel contesto di forme non fisiche di etnocidio e genocidio come l’espulsione, l’assimilazione, la distruzione di patrimonio culturale e della storia, ecc., nel contesto di crudeltà nei confronti di armeni, curdi, aramei, assiri e ezidi. Questo non ha niente a che vedere con l’uso del termine da parte di teorie del complotto della destra radicale nei Paesi occidentali che riguardano un presunto razzismo nei confronti di persone bianche.]. Dersim doveva diventare completamente Tunceli. A questo scopo era necessaria una turchizzazione e sunnitizzazione delle donne e delle ragazze. Perché identità collettiva, lingua, cultura e spirito nelle società rurali vengono trasmesse in prevalenza dalle donne. Le donne e ragazze di Dersim non dovevano essere derubate solo delle loro famiglie, delle loro case, della loro terra natia, ma soprattutto di ciò che le caratterizzava: la loro identità culturale, sociale, religiosa, etnica e linguistica. Attraverso loro si voleva estinguere l’identità autentica di Dersim e distruggere la memoria collettiva. Questo successe per la maggior parte per mezzo della deportazione delle ragazze e giovani donne. Il riconoscimento e l’elaborazione [storica] del genocidio di Dersim a livello statale nella società tuttavia fino a oggi non è stato compiuto.

In occasione dell‘82° anniversario della sua morte, il Consiglio Esecutivo dell’Unione delle Comunità del Kurdistan (KCK) ha ricordato Seyîd Riza con una dichiarazione in cui si afferma: „Oltre otto decenni fa Pîr Seyîd Riza, suo figlio e i suoi amici furono giustiziati. Noi li ricordiamo con rispetto e gratitudine. Noi ribadiamo che realizzeremo le loro aspirazioni e il loro desiderio di una vita libera con la lor identità cultura e convinzione.

Il genocidio di Dersim, nel quale furono commessi i crimini moralmente più gravi che rappresentano un apice dell’ostilità nei confronti die curdi, ha preso il suo posto nella storia. Chiarisce che la Repubblica turca rispetto ai curdi agisce come uno Stato repressivo, belligerante. Le ultime parole di Pîr Seyîd Riza: ‚Non riuscirei a venire a capo delle vostre menzogne e della malignità, questo è il mio cruccio. Il fatto che io non mi sia mai inginocchiato davanti a voi diventerà la vostra pena‘ rivelano questa realtà. L’atteggiamento di Pîr Seyîd Riza ha un posto fondamentale nella creazione della coscienza del popolo curdo. Ha rivelato la realtà dello Stato turco in modo impressionante. Pîr Seyîd Riza ha espresso il fatto che non ci si può fidare neanche di una singola parola di questo Stato e che il suo discorso e le sue strategie perseguono unicamente lo scopo di nascondere il genocidio.

Lo Stato turco che Dersim ha cercato di eliminare la storia die curdi con massacri, deportazioni e un genocidio bianco, non ha rinunciato a questo obiettivo. La mentalità che ieri si basava sull’affermazione di combattere bandi e in questo modo commise un genocidio, oggi asserisce di procedere contro terroristi per distruggere la lotta di liberazione curda con crimini come massacri, repressione e crociate di annientamento politico. La politica e la mentalità dello Stato turco vede la sua esistenza e il suo futuro garantiti nel genocidio. Non solo nel proprio Paese – attacchi fanatici della razza avvengono anche oltre in confini della Turchia. Quello che ieri è successo a Dersim, oggi continua con pratiche simili in Bakur, Rojava, Başûr e Şengal fort.

Che cadute e caduti come Hüseyin Cevahir, A. Haydar Yıldız, Mazlum Doğan, Sakine Cansız, Kazım Kulu, Dr. Baran, Süleyman Cihan, Cafer Camgöz, Atakan Mahir e Seyîd Riza non si siano sottomessi ma abbiano opposto resistenza con l’identità e la realtà di Dersim significa che le curde e i curdi continueranno la loro lotta per un Kurdistan così come per una Dersim libera. Questa resistenza continuerà fino all’ultimo istante.”

Fonte: ANF

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