Opinioni e analisi

Il petrolio ha intossicato la Siria

Mettere il petrolio al centro della crisi siriana potrebbe avere effetti sulla direzione e la natura della guerra. I colpi contro autobotti di petrolio a Al Bab e Jarabukus il 26 novembre da parte di aerei non identificati è stato un pre-promemoria rispetto alla guerra per il petrolio. La questione del petrolio è un desiderio insoddisfatto della Turchia, ma allo stesso tempo è ardente.

“Estraiamo il petrolio insieme.” Queste parole pronunciate dal Presidente Recep Tayyip Erdoğan sono arrivate come una dura verità rispetto al ruolo svolto dal petrolio nella guerra siriana. Finora la Turchia ha rappresentato il suo coinvolgimento in Siria come un dovere morale. Solo 15 giorni prima, Erdoğan aveva fustigato l’occidente “Noi non siamo colonialisti come voi! La priorità di tutti è il petrolio, tranne che per noi.” E se estrarrà petrolio, le entrate che ne risulteranno verranno usate dall’ente turco per per alloggi (TOKİ) per costruire edifici per i profughi. Perché le azioni di Erdoğan sono disinteressate, insiste, la sua priorità sono sempre i profughi. Inoltre la cintura curda della Siria diventerà una cintura araba. L’arteria vitale del progetto autonomo curdo verrà prosciugata. L’economia turca inoltre trarrà benefici da questa impresa.

Il petrolio attrae tutti, senza eccezioni. Senza riguardo per le condizioni o circostanae, il petrolio scorrerà.

Anche quando giacimenti petroliferi come Tenek, Omar, Al Tabqa, Tabka, Harata, Ash Shula, Teym e Rashid erano controllati da ISIS, il petrolio trovava tre direzioni nelle quali scorrere: rotte di contrabbando nei pressi della provincia turca di Hatay, una rotta attraverso il Kurdistan iracheno e un’altra attraverso le raffinerie a Homs e Baniyas nelle zone occupate dallo Stato siriano.

Era molto chiaro che il gasolio entrava in Turchia attraverso punti come Hacıpaşa, Sarrin, Beşaslan, Güveçci e Cilvegözü. Queste operazioni venivano svolte da contrabbandieri con la benedizione dello Stato. Il governo e i suoi affiliati agivano come acquirenti o mediatori in questa operazione condotta attraverso il Kurdistan iracheno. Petrolio dai giacimenti controllati da ISIS riempiva autobotti e veniva trasportato a Duhok e Erbil. Lì veniva mescolato con petrolio curdo e inviato in Turchia. Il maggiore acquirente di petrolio curdo – una parte veniva raffinata in Turchia – era Israele. Secondo il Financial Times, il 77 del fabbisogno di Israele era coperto da petrolio curdo. La quota di petrolio raffinato da ISIS nel petrolio venduto come “curdo” era ignota.

A quanto si dice, il governo AKP nel 2011 aveva garantito il monopolio del trasporto con autobotti all’impresa Powertrans. Trasportava petrolio di ISIS in Turchia. Ma dopo un po’ venne riferito dei legami tra Powertrans e il genero del Presidente, Berat Albayrak. In diverse email rivelate da una falla attribuita a Redhack, veniva resa nota la corrispondenza di Albayrak rispetto allo staff e ai salari di Powertrans. L’incidente fu portato in Parlamento. Le affermazioni furono violentemente smentite anche se le domande rimasero senza risposta. Più tardi, dopo che la Turchia fece cadere un aereo russo nel novembre 2015, la Russia rivelò immagini satellitari di autobotti che trasportavano petrolio. Questo fu il momento in cui lo scorrevole flusso di petrolio perse la sua immunità. Il vice Ministro della Difesa russo Anatoli Antonov accusò Erdoğan e la sua famiglia di essere partner in questo commercio. Mosca archiviò la questione dopo che la Turchia scelse di ingraziarsi la Siria, ma l’intervento di Antonov si può ancora trovare nel sito del Ministro della Difesa russo.

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Ancora dopo, gli attori che raffinavano questo petrolio cambiarono, ma il flusso di petrolio rimase invariato. Dal 2017 in avanti, una porzione rilevante del petrolio passò nelle mani delle Forze Democratiche della Siria (FDS). Il governo siriano rimaneva il maggiore acquirente in questa nuova impostazione. Il deputato siriano Hossam al-Katerji e il suo gruppo Katerji comprava petrolio da ISIS e lo trasportava a Homs e Baniyas. Nemmeno il flusso di petrolio lungo la rotta tra Al-Bab e Jarabulus che si trovava sotto controllo turco, era stato interrotto. Attraverso trasporti transfrontalieri, continuava a operare anche la rotta curda.

Il mese scorso, il silenzio sul petrolio che scorre verso la parte curda è stato rotto da una confessione statunitense. Il 23 novembre, nel Forum sulla Sicurezza di Halifax, il consulente statunitense per la sicurezza nazionale Robert O’Brian, quando gli fu ricordato che i curdi stavano violando le sanzioni e vendevano petrolio all’amministrazione curda, fece dichiarazioni che mandarono Ankara fuori di testa: “Parte del petrolio va al regime. Una parte viene usata localmente. Una parte va nel Kurdistan iracheno. Una parte va in Turchia. La chiave tuttavia, non è dove va il petrolio, ma dove vanno i proventi.”

Amberin Zaman di Al Monitor lo ha spiegato nel dettaglio. “Noi riteniamo che un valore equivalente a circa 300 autobotti di petrolio vada nel Kurdistan iracheno ogni giorno,” ha detto un ex funzionario dell’amministrazione Trump a Al Monitor. La stessa fonte ha anche detto di aver negoziato un accordo tra l’amministrazione del Kurdistan iracheno e i curdi siriani.

In altre parole, la Turchia, anche se indirettamente, sta contribuendo finanziariamente alla parte che sta cercando di sgominare militarmente. Il “meccanismo del convoglio di autobotti” che veniva gestito da ISIS tra Habur e Silopi per 15-20 dollari al barile – ossia un terzo del prezzo – vale per le FDS. Se Trump non avesse basato la sua politica sulla Siria sulla salvaguardia del petrolio, forse la questione sarebbe potuta restare segreta.

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La richiesta di Erdoğan rispetto al petrolio corrisponde a un altro sviluppo. Secondo fonti locali, il 13 dicembre un team della compagna petrolifera saudita ARAMCO è andata presso il giacimento Omar in Siria passando da Erbil. Erano presenti anche gli egiziani con una un team di 15 persone composto da ingegneri e tecnici. La squadra cercava di aumentare la produzione e addestrare il personale. Il coinvolgimento dei sauditi e degli egiziani nel business del petrolio è arrivato dopo che una delegazione delle FDS si è recata a Riyadh, Abu Dhabi e al Cairo a novembre. A Abu Dhabi era presente il comandante generale delle FDS Mazloum Abdi. Mentre i curdi sono riluttanti a discutere apertamente della questione, questi sviluppi rivelano l’ombra della decisione di Trump di lasciare una truppa di circa 600 elementi in Siria per controllare i giacimenti petroliferi sul posto.

“Il petrolio è così prezioso per molte ragioni… può aiutarci, perché dovremmo anche essere in grado di prenderne una parte”, ha detto Trump. “Quello che intendo fare, forse, è di fare un accordo con una ExxonMobil o una delle grandi compagnie per andare lì e farlo per bene… e diffondere il benessere,” ha aggiunto.

Simili affermazioni erano basate sulla strategia USA di un equilibrio di sequestro e sabotaggio. Questa strategia farà affidamento sulle seguenti condizioni:

– Verrà impedito che la regione che ospita il 70 percento dei giacimenti petroliferi della Siria passi nelle mani dello Stato siriano.

– Damasco non sarà in grado di raggiungere il suo granaio, Jazeera.

– Sanzioni stroncheranno l’economia siriana.

– Gli sforzi di ricostruzione del Paese verranno compromessi.

– Quasi un terzo del territorio del Paese verrà usato come una carta contro Damasco e i suoi alleati.

Un’altra parte di questa strategia consiste nel prevenire la normalizzazione di legami diplomatici con Damasco. I Paesi arabi che sono stati infastiditi dall’intervento militare della Turchia e volevano mandare inviati a Damasco, sono stati immediatamente redarguiti.

Affermazioni proposte nei media alternativi statunitensi suggeriscono che la lobby pro-Israele abbia convinto Trump a optare per questa strategia. Ma se Trump potrebbe progettare un accordo con ARAMCO e Exxon Mobil, la Russia ha già fatto accordi con Damasco che garantirebbero petrolio come compensazione per i danni bellici.

A settembre le imprese russe Mercury e Velada hanno firmato accordi per esplorare e trivellare sia giacimenti petroliferi nel nordest del Paese sia giacimenti di gas a nord di Damasco. Questi accordi sono stati approvati dal Parlamento siriano il 16 dicembre.

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Mettere il petrolio al centro della crisi siriana potrebbe avere profonde ripercussioni sulla guerra. Sparare contro autobotti di petrolio a Al Bab e Jarabulus il 26 novembre da parte di aerei non identificati è servito da promemoria rispetto alla guerra del petrolio che è in corso.

Facendo accordi con l’amministrazione siriana, la Russia non ha un problema di legittimità. Mosca non troverà difficoltà nel promuovere i suoi interessi in futuro e nel difenderli nell’arena internazionale. D’altra parte, la posizione degli USA è quella di un occupante o invasore. Fare la guardia ai campi petroliferi indebolisce la statura degli USA nell’arena internazionale e espone i suoi sforzi militari al “sabotaggio”.

La questione del petrolio è un desiderio insoddisfatto della Turchia, ma allo stesso tempo è ardente. Erdoğan stra cercando di trasformare il business del petrolio, che è diventato in certa misura una “questione famigliare”, in carburante per il “progetto della zona di sicurezza”. Avendo fallito nell’attirare fondi dalla finanza internazionale, Erdoğan cerca di mostrare il petrolio come una risorsa finanziaria per la sua impresa di edilizia abitativa. Ma ogni volta che il Presidente turco pone la questione del petrolio, i sui interlocutori gli ricordano il commercio della Turchia con ISIS attraverso le rotte del contrabbando.

La questione del petrolio mette i curdi di fronte a un dilemma. È attraente perché può essere usato come strumento negoziale. Ma la sostenibilità dell’Amministrazione Autonoma e il quadro di difesa dei curdi dipende in modo crescente dal petrolio. Mentre può togliere temporaneamente dai guai, sta anche aumentando la dipendenza dei curdi dall’estero, e di fatto rende il progetto autonomo sempre più fragile. Al di là di questo, sventa una visione futura congiunta con il resto della Siria.

di Fehim Taştekin

Fonte: Duvar.English, 21 dicembre 2019

https://www.duvarenglish.com/columns/2019/12/21/oil-has-intoxicated-syria/

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