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Interviste

Documentario su Hasankeyf: ” I valori del mio popolo vengono saccheggiati“

Intervento di Dilan Karacadag, pubblicato da Lower Class Magazine .Nonostante tutte le critiche e proteste dei comuni lungo il Tigri interessati dagli effetti, il riempimento della controversa diga di Ilisu – un grande progetto del governo turco – continua. Dall’inizio dell’anno il lago artificiale ha raggiunto la città di Hasankeyf (curdo: Heskîf) antica di 12.000 anni, che fa parte dei tesori culturali e naturali del nostro pianeta.

Dal luglio 2019 almeno 50 villaggi sono stati sommersi dal lago artificiale della diga di Ilisu. Gli abitanti della valle del Tigri non sono preparati a questo e vengono scacciati dalla loro terra natia. Uno dei villaggi sommersi a Hasankeyf è il villaggio di Ewtê.

Il film documentario „Siya Avê“ racconta la storia di due donne cresciute a Ewtê. Le riprese per il documentario, prodotto dall’agenzia stampa (MA) e diretto dal giornalista Metin Yoksu, sono iniziati nell’agosto 2019 e sono durati circa 3 mesi. Il trailer è stato pubblicato a gennaio. Alla domanda su quale sarà la lingua del documentario, il regista Metin Yoksu risponde: “In una storia che si svolge in Kurdistan, la lingua non può essere altra che il curdo.“ Sottotitoli ci saranno in turco, inglese e tedesco [NdR: stiamo lavorando per una versione in italiano].

Dilan Karacadag ha parlato con Metin Yoksu, giornalista e regista del documentario.

Com’è nato il documentario “Siya Avê”? Cosa ti ha spinto a affrontare questo tema?

Da quasi due anni come agenzia stampa Mezopotamya (MA) riferiamo del caso a Hasankeyf. Dall’agosto 2019 le persone vengono portate via da Hasankeyf. Oltre 50 villaggi sono stati sommersi dal lago artificiale – secondo nostre stime, perché il governo turco non pubblica informazioni ufficiali.

Il villaggio Ewtê, dove è cresciuta mia madre, fa parte dei villaggi sommersi dalla diga di Ilisu a Hasankeyf. Quando mia madre Firyaz Yoksu ha saputo questo, per il dolore ha cantato una lamentazione curda (curdo: şîn). Più tardi ho saputo che anche un’altra donna di nome Habibe Saçık, che ha anche lei trascorso la sua infanzia nello stesso villaggio, ha cantato una lamentazione. Così è nata l’idea di tematizzare questa coincidenza sia triste sia interessante. Mia madre mi disse di voler vedere un’ultima volta il suo villaggio prima dell‘allagamento; così abbiamo iniziato le riprese per „Siya Avê“.

Non avevo intenzione di girare un documentario. Se fosse stato così, avrei iniziato a girare molto prima. Dopo la lamentazione però mi sono sentito costretto a girare. Con questo documentario voglio unirmi alla lotta per salvare Hasankeyf. La mia motivazione è stata anche questa.

Come giornalista hai riferito più volte di Hasankeyf. Ma è ancora possibile salvare Hasankeyf?

Nonostante la distruzione nella Valle del Tigri, possiamo ancora fermare la catastrofe. Anche adesso la rinuncia al Progetto Ilisu significa ancora una conquista per noi e per le future generazioni. Bisogna chiedere di fermare l’allagamento della diga di Ilisu. La situazione è molto urgente, non c’è tempo da perdere.

Una cosa va capita bene; anche se il lago artificiale ha raggiunto la città storica di Hasankeyf non è ancora troppo tardi per condurre la lotta contro la distruzione. Per questo non dovremmo rinunciare in nessuno caso; dobbiamo continuare con determinazione la lotta per un fiume Tigri (curdo: Dicle) e un Botan liberi.

Quali difficoltà avete incontrato nel girare il documentario?

Il problema più grande naturalmente era l’equipaggiamento tecnico. Abbiamo girato con telecamere, microfoni e cavalletti che usiamo quotidianamente nel nostro lavoro giornalistico. A volte abbiamo dovuto fare riprese con droni, dato che in alcuni luoghi l’accesso è chiuso o era impossibile fare riprese. Ma molto più difficile è stata la situazione emotiva; Hasankeyf è uno dei luoghi più belli Kurdistan. Per questo è stato difficile girare sulla distruzione di una storia antica di 12.000 anni. Bisogna immaginarselo così: quando guardiamo da Hasankeyf nella Valle del Tigri e da lì nella Valle del Botan, parliamo di una superficie pari a quasi un terzo del Kurdistan del nord.

Metin Yoksu è nato nel 1987 nel villaggio Bêlek nel quartiere Kurtalan a Siirt. Da ultimo lavorato per l’agenzia stampa Mezopotamya come corrispondente da Istanbul, Batman e Siirt.

Cosa ti ha colpito di più durante le riprese?

Da due anni assisto a molte cose e ho ascoltato innumerevoli storie. Le tombe dei miei antenati sono state aperte davanti ai miei occhi. I valori del mio popolo sono stati saccheggiati davanti ai miei occhi. Ho dovuto assistere alla distruzione dei fiumi più belli del Kurdistan. I bellissimi alberi del Kurdistan davanti ai miei occhi sono stati sommersi dall‘inondazione. A volte mi venivano le lacrime.

A cosa hai prestato attenzione nelle riprese?

Fondamentalmente presto attenzione a registrare solo ciò che vedo, senza pianificare qualcosa prima. Mettersi a girare senza cambiare qualcosa di ciò che è naturale. Purtroppo a questo proposito devo criticare alcuni registi che cercano di girare le loro idee della questione. Non bisognerebbe considerare un progetto ciò che è distrutto. Perché questo sarebbe un atteggiamento pericoloso.

Puoi spiegarlo in modo più dettagliato?

La maggior parte die „documentaristi“ sono venuti qui poco tempo fa per produrre un progetto su Hasankeyf. Lo considerano un progetto. Ancora più pericoloso è che alcuni di loro, come lupi affamati aspettano che la città resti sommersa dall’allagamento per poter fare un „grande progetto“. Potrei dire che sarebbero quasi contenti perché per loro non si tratta di valori che vengono distrutti e per i quali bisognerebbe lottare. Storia e natura di Hasankeyf hanno bisogno di una lotta, non di un progetto.

Oltre a te, chi ha partecipato alla produzione?

Il documentario è il risultato di un lavoro collettivo. Dietro alla telecamera c’era Akif Özalp, sceneggiatura e montaggio sono di Erhan Karahan, il consulente del documentario è Ali Ergül. A parte loro naturalmente ci sono altri che mi hanno sostenuto e aiutato.

Quando sarà la prima proiezione? E il film verrà proiettato anche in Europa?

La prima proiezione avrà luogo il 16 febbraio alle 19:00 presso il centro culturale Ahmet Güneştekin del comune di Batman. Naturalmente consideriamo proiezioni europee. Ma in realtà la nostra priorità è di farlo vedere nelle città curde. Vogliamo organizzare proiezioni dal Rojava fino a Hewler. Dato che la diga riguarda anche curdi in Kurdistan del sud, saremmo particolarmente contenti di un invito in Kurdistan del sud.

Ma anche le proiezioni in Europa e in tutto il mondo per noi sono importanti, dato che vogliamo mostrare a tutto il mondo questa crudeltà. Vogliamo diventare la voce di Hasankeyf per poterla ancora salvare.

https://lowerclassmag.com/2020/02/13/dokumentarfilm-zu-hasankeyf-die-werte-meines-volkes-werden-gepluendert/

 

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