Per la Giornata di Lotta Internazionale delle Donne l’8 marzo, visitiamo un luogo centrale per la lotta di liberazione delle donne in Siria: il centro delle donne „Mala Jin“, testualmente, la case delle donne, a Qamişlo. Questo è il primo dei centri delle donne, oggi in tutta la Siria ce ne sono 72. Abbiamo parlato con la fondatrice del progetto, Ilham Umer, che è anche la direttrice di tutti i centri delle donne nel cantone di Cizîrê nel nord della Siria, e con la sua collega Hanifa Muhammad che lavora nella Dada Jinê, la commissione delle donne nei tribunali.
A fronte delle difficoltà con le quali molte donne sono confrontate nella vita quotidiana e dei molti casi di violenza domestica, Umer nel 2011 ha fondato il progetto delle „Malên Jinê“, le case delle donne, con l’obiettivo di creare un luogo in cui le donne possono consultarsi con le donne e ricevere legale. I problemi con il quali le donne si rivolgono a Ilham Umer e alle sue colleghe spesso riguardano temi come la violenza fisica e psicologica, l’oppressione, il rifiuto dell’accesso a istruzione o salute, o problemi all’interno del matrimonio o famigliari. Inizialmente si cerca di trovare una soluzione. Se questo non è possibile o si tratta di gravi violazioni della legge, il caso viene portato in tribunale. Nella minaccia di violenza o assassinio, interpelliamo anche le Asayişa Jin (le forze di sicurezza femminili).
Ilham Umer, ci racconti come tutto ha avuto inizio!
Ilham Umer: La prima Mala Jin l’abbiamo aperta nel 2011 a Qamislo. Sono seguite altre Mala Jin nelle regioni di Jazira, Efrîn e Kobanê. Oggi ci sono 72 centri delle donne in tutta la Siria. Il nsotro obiettivo è di aiutare tutte le donne, indipendentemente dal fatto se siano di di origini curde, arabe, assire o ezide. Su questa base man mano abbiamo aperto le case nelle regioni liberate da IS: Raqqa, Tabqa, Deir ez-Zor, Manbiç. Questo lavoro è iniziato già prima che nel 2014 uscissero le „leggi delle donne“ (leggi che stabiliscono i diritti delle donne, NdR.) e offrissero una base legale al nostro lavoro.
Come si svolge una consulenza nella Mala Jin?
Ilham Umer: Per prima cosa ascoltiamo le storie delle donne e che tipo di sostegno desiderano avere da noi. Spesso si tratta di problemi all’interno del matrimonio, allora parliamo con i loro mariti o altri famigliari. Cerchiamo di trovare insieme una soluzione al problema. Spesso questo ci riesce con colloqui. Se non riusciamo a trovare una soluzione in questo modo o se si tratta della violazione di una legge, dobbiamo portare il caso in tribunale. In questi casi poi viene coinvolta la Dada Jinê, la commissione delle donne nei tribunali.
Hanifa Muhammad, Lei lavoro nella commissione delle donne nei tribunali. Com’è fatto il suo lavoro lì?
Hanifa Muhammad: Quando un caso viene trattato in tribunale che ha attinenza con le leggi delle donne, viene coinvolta la commissione delle donne. Abbiamo diversi compiti: da un lato il coordinamento dei processi in tribunale e la mediazione tra le diverse strutture come le Malên Jinê, le Asais e il tribunale. Inoltre osserviamo e documentiamo il processo in tribunale per garantire il rispetto delle leggi delle donne. Un volta al mese ci riuniamo e scriviamo un rapporto. Questo poi viene presentato al Ministero per la Giustizia delle Donne e al Kongra Star (unione delle organizzazioni delle donne in Rojava, NdR).
Come reagiscono gli uomini al vostro lavoro?
Ilham Umer: Inizialmente c’è stata diffidenza e perfino ostilità da parte degli uomini che si sentivano minacciati dal nostro lavoro. Ormai vengono da noi perfino molto uomini per ricevere consulenza. Molti uomini preferiscono risolvere i loro problemi nelle Malên Jinê invece di andare in tribunale.
Ci sono differenze tra i problemi con i quali vengono da voi donne dai diversi gruppi di popolazione?
Hanifa Muhammad: Spesso non è rilevante a quale gruppo di popolazione appartengono le donne, i loro problemi sono molto simili. In generale le donne arabe devono combattere di più contro la pressione delle tradizioni famigliari e delle tribù. Un altro esempio è il divorzio. Il divorzio è legale in Siria e noi ci impegniamo per il divorzio quando è desiderato da entrambe le parti. Diversamente che dai musulmani, per i cristiani il capo della chiesa deve dare l’assenso al divorzio, cosa che si verifica di rado, anche se è desiderio di entrambi.
Com’è cambiata la situazione delle donne dall’inizio della rivoluzione?
Ilham Umer: Ci sono stati molti sviluppi positivi. In questo bisogna tenere presente che il Paese si trova in guerra in modo permanente, prima contro il regime siriano, poi contro IS, ora contro l’esercito turco e le sue milizie jihadiste. In questo è stato distrutto l’intero Paese e l’intera società. Abbiamo ricostruito tutto da noi: la nostra esistenza economica, militare, politica e in particolare la situazione delle donne. Le donne ora possono vivere liberamente, conoscono i loro diritti, hanno accesso all’istruzione e si organizzano. Donne libere che lottano insieme e si impegnano per i loro diritti, sono donne forti. E la società ha bisogno di donne forti per opporre resistenza contro l’invasione turca e il regime siriano. Con le Malên Jinê e le commissioni delle donne nei tribunali siamo riuscite a procedere contro l’oppressione e la violenza contro le donne e fare in modo che il colpevoli siano chiamati a risponderne. Ci sono stati molti sviluppi positivi. Ma c’è ancora molto da fare, in particolare in posti come Serekanye e Afrin.
Qual è il suo messaggio alle donne in Europa?
Ilham Umer: Noi donne in Rojava abbiamo ottenuto molto con le nostre lotte. Ci siamo organizzate, ci impegniamo per i nostri diritti e appariamo in pubblico. Ma vorremmo che le donne in Europa e ovunque nel mondo sapessero che qui la guerra continua e che vanno avanti le nostre lotte. Siamo sfinite, vogliamo la pace, ma continuiamo a lottare. E abbiamo bisogno di sostegno. Speriamo che tutte le donne, non solo in Siria, ma in tutto il mondo si sostengano a vicenda e si facciano coraggio!
E poi un messaggio per l’8 marzo. In questo giorno festeggiamo le donne in tutto il mondo. Ma secondo me le donne dovrebbero essere festeggiate ogni giorno come l’8 marzo. Perché ogni giorno lottiamo per i nostri diritti e la giustizia. Combattiamo questa lotta su tutti i fronti. E la lotta che conduciamo nelle Malên Jinê e nei tribunali è importante tanto quanto i combattimenti delle nostre Hevals (compagne, NdR) al fronte.
Ha una proposta di cosa possano fare concretamente le donne in Europa?
Ilham Umer: Usate i media, mostrate alla popolazione e al governo quello che succede qui in Rojava e cosa ci infliggono la Turchia e le milizie jihadiste! Andate nei vostri Parlamenti e chiedete sanzioni contro la Turchia!
Hanifa Muhammad: Noi donne del Rojava non possiamo venire nei vostri Paesi, ma voi potete venire da noi e vivere la nostra realtà e raccontarla. La maggior parte delle persone sanno solo quello che i mass-media raccontano della guerra in Siria. Ma noi vogliamo che le persone in tutto il mondo sappiano anche della nostra società, delle nostre famiglie con il loro dolore e i morti per gli attacchi aerei turchi che ogni giorno seppelliamo. Voi donne di tutto il mondo potete essere la nostra voce.
Qual è il suo desiderio per le donne in Rojava?
Ilham Umer: Il mio desiderio per le donne in Rojava e in tutta la Siria è che continuiamo la nostra lotta per la parità di diritti e di poterci liberare dall’oppressione e dalle difficoltà. Ci auguro che non dovremo più combattere. Ci auguro la pace.
Contributo esterno
da Lower Class Magazine
#Immagine: La Casa delle Donne a Qamislo