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Lettera aperta su Hasankeyf

Al governo della Turchia, ai fornitori del progetto dell’impianto idroelettrico e della diga di Ilısu, e ai membri del Comitato del patrimonio mondiale dell’UNESCOGli scavi, la documentazione e la conservazione del patrimonio culturale di Hasankeyf devono continuare

Il Museo di Hasankeyf recentemente aperto – costruito per preservare alcuni dei reperti salvati da Hasankeyf e dalla regione prima dell’allagamento a seguito della controversa diga idroelettrica turca di Ilısu – presenta un’ampia narrazione della storia della regione. La mostra comincia con la formazione geologica del bacino dell’Alto Tigri, continua con l’apparizione di insediamenti umani organizzati nel periodo neolitico, e culmina nella fioritura della città sotto gli Artukidi, gli Ayyubidi e gli Akkoyunlu nei secoli 12° – 15° d.C.

La collezione del museo è notevole non solo per il suo ambito storico, ma anche per la bellezza dei singoli pezzi, compresi rari esempi di vasellame neolitico, antiche lapidi islamiche e rilievi in stucco nello stile dei Grandi Selgiuchidi. Nonostante i suoi notevoli beni, tuttavia, il museo non può nascondere il fatto di essere un prodotto collaterale del progetto da molti miliardi di euro dell’impianto idroelettrico e della diga di Ilısu, che ha portato alla distruzione di un patrimonio naturale e culturale di valore inestimabile, negando ai popoli coinvolti il loro diritto di accesso al loro patrimonio culturale (garantito dall’art. 15 dell’ICESCR) e di essere sistematicamente consultati nei progetti riguardanti l’alterazione di costruzioni storiche (come contemplato dalla Convenzione di Granada, art.14, e dalla Legge di approvazione turca n. 3534 (1)).

Il museo, insieme con il consolidato Monte della Cittadella e il parco archeologico (dove si trovano adesso sette monumenti spostati dalla città bassa), costituisce il programma governativo per preservare il patrimonio culturale della città antica. Nonostante le sue nobili ambizioni, questo programma di conservazione è profondamente carente in parecchi aspetti. Due delle sue maggiori carenze sono: 1) l’insufficiente copertura del primo periodo islamico e 2) la totale esclusione del prolungato elemento cristiano.

La copertura da parte del museo del primo periodo islamico è limitata ad un piccolo numero di monete e a due pietre incise con un antico stile di calligrafia araba. Eseguite con lettere angolari in un esempio, arrotondate nell’altro, queste iscrizioni sono due dei più interessanti ed importanti oggetti del museo, soprattutto perché le iscrizioni su pietra del primo periodo islamico sono poche di numero. La scoperta di queste pietre suggerisce che ulteriori scavi archeologici nella città bassa di Hasankeyf possono ben fornire nuove informazioni sullo sviluppo della civiltà islamica nell’Alta Mesopotamia dal 7° al 9° secolo – un periodo storico solo in parte illuminato dalle fonti testuali.

Relativamente alla copertura da parte del museo dell’eredità cristiana di Hasankeyf, l’esposizione di reperti cristiani consiste in cinque croci del periodo bizantino, e un visitatore sarebbe scusato se lasciasse il museo con l’idea che la storia cristiana della città sia finita con la conquista islamica nel 640 d.C.

Questa lacuna nella narrazione storica presentata dal museo di Hasankeyf è irragionevole, dato che ci sono ampie prove che dimostrano che i cristiani e la cristianità hanno avuto un ruolo significativo nella vita culturale ed economica della città per più di 1300 anni dopo l’avvento dell’Islam (2). Nel 10° secolo, per esempio, il geografo arabo al-Muqaddasi nota le numerose chiese della città (3), mentre testimonianze ottomane del tardo 16° secolo indicano che su 1700 famiglie a Hasankeyf quasi il 60 % erano cristiane (4). C’è anche un significativo patrimonio culturale inamovibile che resta a Hasankeyf oggi ad attestare la presenza storica cristiana, comprese chiese in grotte su entrambi i lati della città bassa. Le strutture in muratura di pietra comprendono la chiesa Tareke (5) nel cuore della città bassa (vicino al sito originario della moschea Rizk), la chiesa Deiriki (nota anche come la chiesa dei Quaranta martiri (6)), sotto l’angolo di sudest della Cittadella, e il monastero di Mor Aho, che è stato sovvenzionato da residenti dei villaggi di Atafiye e Difne/Üçyol nel 16° secolo (7,8).

È un’inadempienza al dovere della Turchia come proprietaria della città storica di Hasankeyf lasciare privo di documentazione e di protezione il patrimonio culturale inamovibile della comunità cristiana di un tempo della città. Oggi i residenti di Hasankeyf continuano ad apprezzare la dimensione cristiana del loro patrimonio culturale, raccontando le loro esperienze di lavoro fianco a fianco con i vicini cristiani quando hanno cominciato la loro carriera come sarti, tessitori o commercianti. Molti notano che appena qualche generazione fa le loro famiglie erano state cristiane. E i residenti spesso raccontano la loro conoscenza dei quartieri, delle chiese e dei monasteri cristiani di Hasankeyf (9).

La completa cancellazione dell’eredità cristiana dal panorama di Hasankeyf, dovuta a negligenza o altro, costituirebbe una violazione grave e biasimevole del diritto umano universale a partecipare alla vita culturale della comunità, compreso l’accesso al patrimonio culturale. Si richiede un’azione urgente per assicurare che questi monumenti non siano perduti per la loro espressa esclusione dal programma governativo di conservazione del patrimonio culturale di Hasankeyf. La dichiarazione dell’UNESCO del 2003 relativa alla distruzione intenzionale del patrimonio culturale afferma che “il patrimonio culturale è un’importante componente dell’identità culturale di comunità, gruppi ed individui, e della coesione sociale, cosicché la sua distruzione intenzionale può avere conseguenze negative per la dignità umana o i diritti umani”. Non c’è giustificazione per la quasi totale esclusione della cristianità dal museo e dall’adiacente raccolta di monumenti trasferiti dalla città vecchia.

Per rimediare a questa situazione, il governo turco deve, almeno, fermare il riempimento del serbatoio di Ilısu (aprendo le porte di allagamento per consentire un flusso controllato dell’acqua) e continuare gli scavi archeologici per documentare e preservare aspetti importanti del patrimonio culturale di Hasankeyf, concentrandosi principalmente sul primo periodo islamico, il persistente elemento cristiano e l’evoluzione delle interazioni musulmano-cristiane dal 7° al 20° secolo. La continuazione degli scavi archeologici e il lavoro di conservazione creerebbero anche opportunità lavorative per i residenti locali che si trovano di fronte ad un prolungato periodo di difficoltà economiche per la pandemia del COVID-19 e, in particolare, per il suo impatto negativo sul settore turistico.

Chiediamo anche che tutti i partner strategici della catena di forniture per il progetto della diga di Ilısu, in particolare le compagnie Andritz, Nurol, Cengizler, Er-Bu e Bresser, e le banche GarantiBBVA e Akbank, usino la loro influenza per scongiurare la totale eliminazione dell’eredità cristiana di Hasankeyf.

Inoltre, il silenzio dell’UNESCO sulla controversia di Hasankeyf è inaccettabile. Anche se Hasankeyf con molta probabilità soddisfa 9 dei 10 criteri per l’inclusione nell’Elenco del patrimonio mondiale dell’UNESCO (10), la clausola che soltanto stati membri possono nominare un sito gli ha impedito di essere riconosciuto per la protezione, nonostante anni di richieste da parte della società civile, di municipalità e scienziati. Il progetto della diga di Ilısu è andato avanti in un clima di conflitto armato intermittente e di continua repressione dei diritti civili, in cui i popoli interessati e diversi soggetti sono stati ripetutamente e fortemente scoraggiati dall’esprimere la loro visione. Perciò l’allagamento di Hasankeyf e del bacino dell’Alto Tigri è una violazione del diritto umano fondamentale di partecipare alla vita culturale della comunità, che è affermato dall’Accordo internazionale sui diritti economici, sociali e culturali (art. 15), e una violazione della Convenzione di Granada (CETS 121, art. 14), che richiede una consultazione sistematica e continua con il pubblico relativamente all’alterazione delle costruzioni storiche.

Chiediamo ai membri del Comitato del patrimonio mondiale dell’UNESCO di creare urgentemente dei meccanismi che consentano ai diversi partecipanti (compresi i popoli interessati, le organizzazioni della società civile, gli studiosi ed altri) di rendere note le loro preoccupazioni e di avere un ruolo sostanziale nell’identificazione dei siti candidati per l’elenco del patrimonio mondiale e per monitorare/gestire i siti elencati.

Nota: Per immagini e maggiori informazioni vedere il link:

http://www.hasankeyfmatters.com/2020/03/open-letter-to-government-of-turkey.html

24 marzo 2020

Firmato: Hasankeyf Matters, Initiative to Keep Hasankeyf Alive, The Corner House, FIVAS Association for International Water Studies, Humat Dijlah (Tigris River Protector Association), Riverwatch, Save the Tigris Campaign

NdR: Si ringrazia per la traduzione l’Associazione “Verso il Kurdistan”

1http://teftis.kulturturizm.gov.tr/TR,14268/avrupa-mimari-mirasinin-korunmasi-sozlesmesi.html

2 Per le foto dei monumenti citati qui vedere: http://www.hasankeyfmatters.com/2020/02/the-disappearing-christian-heritage-of.html

3 “Hisn Kaifa,” Encyclopedia of Islam, 1st edition, Leiden: Brill, 1913-36.

4 Secondo la İslam Ansiklopedisi (“Hasankeyf,” İslam Ansiklopedisi, 16. Cilt, İstanbul: Diyanet Vakfı, 1997.

5 Oluş Arık, Hasankeyf: Üç Dünyanın Buluştuğu Kent, p. 188-90.

6 Gernot Wiessner, “Derike: Kirche der vierzig Märtyrer,” Christliche Kultbauten im Tur Abdin, Teil IV, Wiesbaden: Harrassowitz Verlag, 1993, p. 129-36.

7 Gernot Wiessner, “Üçyol (Difne), Der el-Muhr: Klosterkirche,” Christliche Kultbauten im Tur Abdin, Teil I, Wiesbaden: Otto Harrassowitz, 1982, p. 110-115.

8 Secondo una nota in arabo datata 1560 la sovvenzione/waqf per il monastero è stata stabilita nel 1543. Vedere Academia edu per l’originale inglese di A. Palmer, ‘La montagne aux LXX monasteres: geographie monastique de Tur ‘Abdin’, in F. Jullien (ed.), Le monachisme syriaque (Paris 2012), p. 22.

9 cf. Andreas Fink, Der arabische Dialekt von Hasankeyf am Tigris (Osttürkei): Geschichte – Grammatik – Texte – Glossar, Wiesbaden: Harrassowitz Verlag, 2017, p. 19.

10 Zeynep Ahunbay e Özge Balkız, “Outstanding Universal Value of Hasankeyf and the Tigris Valley,” Doğa Derneği, https://www.dogadernegi.org/wp-content/uploads/2015/10/Outstanding-universal-value-of-hasankeyf-and-the-tigris-valley.pdf

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