Enrico Del Gamba: “Quando sono tornato in Italia, mi sono reso conto di avere molto materiale che utilizzavo per creare video per campagne umanitarie gestite dall’associazione; Ma nel corso degli anni, ho sentito che dovevo spiegare la mia esperienza a coloro che non conoscevano come me per mostrare la realtà del popolo curdo “.
Chi sei ?
Mi chiamo Enrico Del Gamba classe 88 e sono film-maker e direttore di un’agenzia di comunicazione video e social di nome Orange Tape. Sono nato e cresciuto a Livorno, la città dove vivo e alla quale rimango legato in maniera profonda; viaggiare per me è fondamentale, mi ha insegnato ad avvicinarmi a quel che non conosco senza pregiudizi ma è sempre bello fare ritorno a casa dopo ogni avventura. E’ da Livorno che comincia la storia di questo documentario.
Parlaci del documentario, come ti è venuta l’idea di fare un documentario sui Curdi? Quando è nata questa idea?
Il documentario è un racconto personale, delle esperienze vissute durante diverse spedizioni umanitarie e video reportage svolti in Siria tra il 2015 e il 2019; in questo periodo ho stretto un profondo legame con la famiglia di Sabah, una ragazza curdo-siriana, incontrata nel 2015 e della quale ho voluto raccontare la storia.
L’idea di realizzare un documentario però è maturata solo dopo essere rientrato in Italia. Il mio compito, durante la prima missione umanitaria del 2015, era quello di filmare le azioni della Mezzaluna Rossa Kurdistan Italia Onlus, per mostrare come venivano impiegate le donazioni . Quello che è successo dopo non potevo immaginarlo, l’esperienza che ho vissuto mi aveva cambiato.
Rientrato in Italia mi sono reso conto di avere tanto materiale, che ho utilizzato per creare video per le campagne umanitarie portate avanti dall’associazione; ma, col passare degli anni, ho sentito l’esigenza di raccontare l’esperienza che avevo vissuto con l’intento di mostrare la realtà del popolo curdo a chi come me non la conosceva.
Come hai conosciuta la causa curda?
Ho sempre provato curiosità ed interesse verso chi ha uno spaccato di vita importante, Alican Yildiz, presidente della Mezzaluna Rossa Kurdistan Italia Onlus, era sicuramente diverso dalle persone che conoscevo, aveva aperto un Kebab poco lontano da dove abitavo ma prima di arrivare qui in Italia ha dovuto superare prove incredibili.
Ero affascinato dalla sua storia e più ancora da quel che mi raccontava del suo popolo sparso tra Turchia, Iraq, Iran e Siria, nel 2015 i media e i giornali non parlavano molto della resistenza che i curdi stavano portando avanti contro lo Stato Islamico. Quando seppi che stava organizzando una spedizione umanitaria mi sono offerto volontario, mi sembrava una buona occasione per dare una mano e vedere con i miei occhi quello che stava accadendo.
Come vedi la causa curda? E soprattutto cosa ti ha spinto a fare un documentario?
Il mio impegno è sempre stato rivolto al lato umanitario della causa. E’ questo che mi ha spinto a partire, è questo che mi ha spinto a realizzare questo documentario, la causa curda per come la intendo io consiste nel aiutare chi viene colpito ingiustamente, al quale vengono bombardate la casa, impedito di parlare la propria lingua, professare la propria fede, seguire la propria cultura, in una frase, chi si trova in difficoltà.. per questo la ritengo una lotta di tutti ed un impegno che dovrebbe diventare comune.
Che emozione hai vissuto durante questo documentario?
Il viaggio, specialmente la prima spedizione, è stata molto emozionante ed intensa, il primo impatto quando si arriva in una situazione così diversa da quella alla quale si è abituati è forte, si sente la necessità di rendersi utili, in ogni modo tanto che mesi dopo essere tornato mi sentivo sospeso tra due mondi, era difficile far coincidere quel che avevo visto e vissuto con la vita di tutti i giorni.
Mentre hai fatto questo documentario quale sono state le difficoltà che hai avuto? (Se hai avuto problemi o difficoltà)
Al di là delle difficoltà oggettive del riprendere in zone di guerra, dove è fondamentale munirsi di guide affidabili e imparare a muoversi seguendo le regole dettate dalla cultura e dalle usanze del posto, realizzare un’opera audiovisiva del genere non è stato semplice, in quanto comporta il lavoro e l’organizzazione di tante persone, dalle musiche per le quali ringrazio Roberto Luti e Eleonour Forniau con i quali abbiamo sviluppato una colonna sonora di cui vado molto fiero, alle grafiche, le interviste, il montaggio, il sound design, la color correction e l’organizzazione dei vari viaggi.
La mia fortuna è stata quella di essere accompagnato da Giacomo Sini durante la prima missione umanitaria. Giacomo è un fotoreporter esperto di Medio Oriente, è stato un ottimo maestro e mi ha insegnato le basi per poter muovermi in quei luoghi meravigliosi e così diversi dal nostro quotidiano.
Questa è la mia prima opera e non avevo esperienza ne conoscenze nel campo della produzione, due fattori che hanno fatto scappare tutti i produttori che ho contattato quando cercavamo fondi per poter completare il documentario.
Alla fine sono riuscito a terminarlo solo grazie alla forza di volontà e a chi ha creduto nel progetto fino alla fine, in particolare ringrazio Amerigo P. Neri (Ame Pix), un caro amico e film-maker sardo col quale abbiamo passato diverse notti in bianco per terminare il montaggio.Raccontare una storia personale, per chi come me è abituato ad osservare il mondo da dietro una telecamera è stata un’altra sfida, ma sono felice di averlo fatto.Sei andato in Kurdistan? E se sei andato in Kurdistan racconta un po il viaggio, vita, le persone che hai incontrato? Sono stato una volta in Bakurê, nel Kurdistan Turco, un’altra volta nel Kurdistan Iracheno, ma solo di passaggio, e 2 volte in Rojava, nel Kurdistan Siriano, ma la mia meta è sempre stata Kobane, in Siria appunto, dove si svolge il documentario e dove ho lasciato molti amici che spero di rivedere presto.
Nel primo viaggio ho avuto la possibilità di conoscere la popolazione subito dopo la liberazione della città; c’era euforia nell’aria e voglia di ricominciare, di tornare a vivere.
Il secondo viaggio è stata perfino migliore, la città era stata incredibilmente ricostruita nel giro di pochi anni. Le persone erano tornate ad avere una parvenza di normalità e l’atmosfera era carica di speranza ed orgoglio per il progetto politico e sociale che stavano portando avanti, anche se sullo sfondo, l’ombra del governo Turco lasciava ansia e tensione per un futuro incerto. Come del resto si è dimostrato pochi mesi dopo il mio rientro in Italia.
Come ha risposto il pubblico di Livorno alle proiezioni?
Molto bene, la prima è andata sold out, e molte persone purtroppo sono rimaste fuori, ed è stata organizzata una replica per permettere di vedere il documentario anche a chi non ha fatto in tempo. Le critiche sono state positive, significa che la cittadinanza livornese è sensibile a temi importanti come questo, è bello vedere le persone unirsi e dare il proprio contributo per una buona causa, ti ripaga del duro lavoro svolto.Nello specifico gli incassi sono stati devoluti alla Mezzaluna Rossa Kurdistan Italia Onlus per far fronte all’emergenza umanitaria nel Nord-Est della Siria. In seguito il documentario ha cominciato a girare in tutta Italia, Milano, Firenze, Pisa e molte altre date che purtroppo sono state rimandate a causa dell’emergenza Covid19 ma che riprenderemo una volta che tutto questo sarà finito.. Speriamo presto!
Hai altri progetti nel futuro?
Proprio in questi giorni sto lavorando ad un nuovo progetto molto interessante con Isabel Sardu, presidente dell’associazione LebasidiNiki, che sta realizzando un’incredibile missione umanitaria, nel cuore delle Filippine per raccontare attraverso la clowneria un luogo abbandonato dove i bambini sono costretti a diventare adulti prima del tempo.
Covid19
Questo periodo di covid19 come ti ha colpito? (Intende come vedi) e come vendi questo periodo? Come pensi di programmare la tua solidarietà con Rojava? E ci sono tuoi progetti? (Ricorda Rojava)
l mondo ha sempre diviso i popoli per cultura, religione, ricchezza e miseria. In questo periodo purtroppo invece tutti ci troviamo a combattere oltre alle nostre solite battaglie, una guerra che prende il nome di CoronaVirus. Si corre una corsa contro il tempo dettata da ipotesi di guarigione, vaccini, presidi e supporti economici e sociali che si cerca di reperire e far arrivare in ogni parte della terra. La Siria e altri popoli purtroppo si ritrovano senza un servizio sanitario adeguato e con gli stessi problemi pregressi da affrontare. Questo complica ogni cosa, e, il Covid 19 si insinua dentro uno scenario di guerra, allo stesso tempo di ricostruzione e presa dei diritti ancora da combattere.
* Con la MLRK abbiamo subito attivato una nuova campagna di raccolta fondi per questa nuova emergenza nel Rojava, che punta all’invio di presidi ospedalieri e macchinari per la terapia intensiva. Le persone si sono mostrate solidali e nonostante il caos mondiale si è aperta una generosa partecipazione verso la Siria. Questo lascia più di un barlume di speranza per continuare ad attivarmi e attivare reti di sostegno. Di fatti, in merito ho deciso di rendere disponibile on line il documentario e devolvere una parte dei proventi a questa ed altre cause della Siria. Lo potrete trovare sul sito della MLRK e sulla pagina di Orange Tape da fine Maggio 2020. Tutto il nostro impegno resta costantemente attivo verso questa nuova emergenza, senza trascurare quelle pregresse.
REWŞAN DENIZ
YENI OZGUR POLITICA
E’ stato avviato un crowdfunding su buona causa e presto sarà online una pagina Facebook dove poter seguire il progetto: https://buonacausa.org/cause/la-maschera-pi-piccola-del-mondo
LINK AL VIDEO: https://vimeo.com/ondemand/sullastradaperkobane
LINK TRAILER: https://www.youtube.com/watch?v=JlCyX9Io2pE&t=13s LINK F.B: https://www.facebook.com/sullastradaperkobane/?modal=admin_todo_tour