In occasione dell’ottavo anniversario della rivoluzione del Rojava, ANF News ha intervistato la Comandante generale delle YPJ Newroz Ehmed, la quale ha innanzitutto dichiarato che la rivoluzione del Rojava ha dato prova del potere del popolo e delle donne.
In quali condizioni ha avuto luogo la rivoluzione, e quali fasi ha attraversato?
Nel 2010-2011 era nata un’iniziativa rivoluzionaria. La gente aveva reagito alla crisi in atto nel sistema, divenuta ormai intollerabile; in particolare, abbiamo assistito alle rivolte del popolo arabo nel fenomeno della cosiddetta “Primavera araba”. Le popolazioni non tolleravano più una persecuzione che ad esse risultava evidente e le proteste si sono sviluppate a ondate successive. Anche il popolo curdo era uno di quelli che vivevano tali difficoltà: era stato lasciato solo ad affrontare genocidi, in ogni senso, e perciò s’era unito a quest’ondata di rivolta. Il popolo curdo voleva battersi per la propria libertà. La situazione era assai problematica. L’unica forza che il popolo aveva consisteva nella sua capacità d’organizzazione e di adattamento alla rivoluzione, vissuta con un sentimento di liberazione. Nelle piazze erano specialmente le donne ad essere una presenza massiccia – il XXI secolo è il secolo delle donne, e qui ne abbiamo avuto chiara dimostrazione. L’elemento che differenzia la nostra rivoluzione dalle altre è l’anelito a battersi per l’autodeterminazione e la libertà, la consapevolezza, lo sviluppo, e la battaglia per garantire la partecipazione di tutti i popoli. Questa rivoluzione popolare l’abbiamo creata coi nostri soli mezzi; c’erano forze che miravano a intervenire nel processo, ma l’abbiamo impedito. Da secoli questa terra vede la convivenza pacifica di arabi, circassi, assiri, siriaci, armeni, curdi, è un mosaico di popoli diversi, portati a unirsi dal desiderio di vivere insieme in spirito di fratellanza. Con questa rivoluzione, è stata eliminata la frammentazione perseguita e attuata dal sistema siriano allo scopo di creare divisione fra i popoli.
La rivoluzione del Rojava s’è sviluppata sotto la guida delle donne, tale è la percezione che ne ha il mondo… Come giudichi quest’idea d’una “rivoluzione nella rivoluzione”?
Poiché la rivoluzione del Rojava è una rivoluzione guidata dalle donne, è definita anche “la rivoluzione delle donne”. È difatti una realtà rivoluzionaria che siano le donne ad essere in prima linea in ogni campo. Mosse dall’amore per la libertà, passo dopo passo, abbiamo fatto fronte a tutte le difficoltà, abbiamo resistito, a testa alta, per spezzare le plurimillenarie catene della schiavitù e conquistare la libertà. Col tempo, ad ogni passo, questo livello di consapevolezza aumentava. La partecipazione delle YPJ ha influenzato la società intera: le donne hanno dato prova d’esser in grado di occupare saldamente ogni funzione, in ogni settore. Ecco perché con questa rivoluzione non solo è stato eradicato il sistema statalista, ma è emerso chiaramente il tratto caratterizzante di essere una rivoluzione nella rivoluzione che esalta la forza delle donne. Le donne sono inserite nell’ambito politico, sociale, diplomatico, economico e militare, ed è cosa evidente a tuttx. Le donne sono protagoniste in ogni area della società, portando le proprie opinioni e i propri ideali: è così che abbiamo realizzato un modello di vita fondato su democrazia, ecologia e libertà delle donne.
Quando c’è stata l’occupazione di Serêkaniyê e Girê Sipî, i popoli del mondo hanno espresso una reazione energica: un tuo commento al riguardo?
Ovunque le donne rivoluzionarie hanno combattuto e ricevuto attacchi. Nel 2014, a Shengal, a far fronte agli attacchi dei mercenari dell’ISIS si sono levate le YPJ, e si sono battute fino alla fine: il mondo ha assistito anche a questo. È stata una lotta per il bene dell’intera umanità, tuttx l’hanno compreso; la valorosa resistenza delle donne è stata di sprone a tuttx. L’esercito turco invasore non poteva accettare questa rivoluzione, non poteva tollerare di trovarsi di fronte delle donne che resistevano e dunque ha sferrato un’offensiva d’occupazione priva di qualsiasi giustificazione – ma l’unità dei popoli, il loro ergersi fianco a fianco, si sono tradotti nella creazione d’un proprio esercito senz’alcun appoggio da parte di questo o quello Stato. A questa rivoluzione si sono unite le compagne Hevrin Xelef, Aqîde Ana, la compagna Amara, oltre a moltx comandanti militari e internazionalistx da tutto il mondo: questa resistenza è stata possibile grazie a coloro che hanno sacrificato tutto in nome della libertà. L’esercito turco ha occupato alcune delle nostre zone, ma la volontà delle donne e dei popoli, il loro potere di resistenza, quelli no, non ce l’ha fatta ad occuparli: ecco la risposta più grande all’occupazione.
Oggi i territori del Rojava sono sotto attacco da parte dello Stato turco: quali misure di contrasto state adottando, e a che punto sono i vostri preparativi?
In questa rivoluzione abbiamo realizzato molte conquiste: di certo, su queste vittorie raggiunte insieme al popolo, le forze di difesa femminili non arretreranno. L’invasione turca continua a minacciare ed attaccare il Rojava e il Kurdistan settentrionale e meridionale [rispettivamente il Bakûr e il Başûr; Rojava significa “ovest” – n.d.t.]*. Noi delle YPJ ci muoviamo in piena coscienza: con questo stesso spirito deve agire il nostro popolo. Ci stiamo preparando in molti modi. Nei processi storici finora compiuti il nostro popolo ha vissuto grande sofferenza, ma nonostante le difficoltà, il dolore, il prezzo che ha pagato, la nostra gente non ha ceduto, è sempre stata al nostro fianco, sempre dalla nostra parte, spiritualmente e materialmente.
Vi esortiamo a difendere la dignità e la resistenza del nostro popolo. Siamo grate della strenua dedizione delle/dei nostrx martiri e veteranx: alle loro famiglie va il nostro rispetto. Giuriamo di batterci sino alla fine per una società libera, egualitaria e democratica.
* Chiamiamo Kurdistan l’area dove storicamente è stata alta la presenza del popolo curdo. Con l’avvento degli Stati-nazione esso si è trovato diviso in quattro parti: il Bakûr (“nord”), la parte di Kurdistan all’interno dei confini della Turchia: include l’Anatolia orientale e sud-orientale, con almeno 13 province a maggioranza demografica curda (Iğdır, Tunceli, Bingöl, Muş, Ağrı, Adıyaman, Diyarbakır, Siirt, Bitlis, Van, Şanlıurfa, Mardin, Hakkâri); il Başûr (“sud”), la parte all’interno dei confini dell’Iraq: oggi regione autonoma dell’Iraq settentrionale, retta dallo Hikûmetî Herêmî Kurdistan (KRG – Kurdistan Regional Government, Governo regionale curdo); il Rojava (“ovest”), la parte all’interno dei confini della Siria: ospita l’entità politica oggi denominata Federaliya Demokratîk a Bakûrê Sûriyê (Federazione democratica della Siria del nord); e il Rojhilat (“est”), la parte di Kurdistan all’interno dei confini dell’Iran: comprendente le province iraniane dell’Azerbaijan occidentale, del Kurdistan e di Kirmanshah – n.d.t.