Interviste

Eroi di Şengal assassinati: Intervista di Nûjiyan Erhan con Zekî Şengalî

Quando il 3 agosto il cosiddetto Stato Islamico attaccò il popolo ezida a Sinjar (Şengal), le forze armate del Partito Democratico del Kurdistan abbandonarono la popolazione e la lasciarono a subire un altro genocidio nella loro dolorosa storia. Coloro che accorsero in soccorso delle persone che stavano morendo, bloccate sul Monte Sinjar senza cibo e acqua, furono le forze della guerriglia del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK), e le Unità di Difesa del Popolo (YPG) e le Unità di Difesa delle Donne(YPJ) del Rojava/Siria del nord. Inizialmente furono solo una manciata di guerriglieri del PKK a combattere per creare un corridoio perché decine di migliaia di ezidi potessero fuggire in Rojava/Siria del nord, dove dall’amministrazione autonoma del cantone di Cizîre venne costruito per loro un campo profughi, che ancora ospita decine di migliaia di ezidi.

Nûjiyan Erhan, una giovane guerrigliera e giornalista, è stata per anni sul Monte Sinjar, riferendo della guerra contro ISIS e documentando gli sviluppi politici e le trasformazioni sociali della società ezida sulla montagna, con particolare attenzione alla liberazione delle donne. Insegnò a giovani donne e uomini ezidi a lavorare nel campo del giornalismo e dei media. Il 3 marzo 2017 è stata vigliaccamente attaccata da forze affiliate al KDP che provocarono un’escalation militare, spinte dagli interessi dello Stato turco che attualmente occupa una gran parte di territori curdi in Iraq e in Siria. Settimane dopo perse la vita a causa delle ferite.

Zekî Şengalî, membro del Consiglio Esecutivo della KCK e componente del Coordinamento della Società Ezida, era un veterano del movimento di liberazione curdo. In particolare dopo il massacro da parte di ISIS, è stato impegnato in tutti gli sforzi possibili per costruire un sistema autonomo militare, sociale e politico per il popolo ezida, nello spirito dell’autonomia democratica. Il 15 agosto 2018, nel 34° anniversario dell’inizio della guerra di guerriglia da parte del PKK e nel 4° anniversari del genocidio di ISIS, è stato assassinato dallo Stato turco in un attacco aereo mirato dopo aver partecipato a una cerimonia di commemorazione a Sengal. Il PKK non crede che una simile esecuzione possa aver avuto luogo senza un coordinamento con il KDP.

Sia Nûjiyan Erhan sia Zekî Sengalî quindi sono stati uccisi come parte di un impegno assunto da parte dello Stato turco e dei suoi proditori collaboratori curdi per soffocare l’autodeterminazione del popolo ezida e per annichilire lo stesso movimento di liberazione curdo che ha liberato gli ezidi quando tutto tutto il mondo stava a guardare mentre si svolgeva il genocidio. L’uccisione di una donna curda libera e di un rivoluzionario, popolare leader degli ezidi vanno considerati una continuazione della mentalità e delle tattiche di ISIS.

La seguente intervista con Zekî Şengalî di Nûjiyan Erhan è stata pubblicata sul giornale curdo Yeni Özgür Politika il 12 dicembre 2015.

Nûjiyan Erhan – Şengal

12 dicembre 2015

Con il 73° massacro degli ezidi, il mondo ha sentito parlare dell’esistenza del popolo ezida attraverso un nuovo genocidio. Il 3 agosto 2014 è entrato nelle pagine della storia generale dei curdi come un giorno di oscurità. Ma la sofferenza del popolo ezida non è limitata all’ultimo massacro. Mentre gioiamo per la liberazione di Şengal, il nostro popolo ezida esprime la sua sensibilità. Il popolo sul Monte Şengal non considera ancora gli eventi una liberazione della città. Dicono: “Fino a quando non viene accettata e riconosciuta la nostra volontà politica, Şengal non sarà libero”. In questo scenario, consigli e organizzazioni sul Monte Şengal hanno rilasciato una dichiarazione comune.

Cosa vuole la popolazione di Şengal? Di cosa hanno bisogno e cosa è necessario per la ricostruzione della città? Abbiamo chiesto il suo parere a Zekî Şengalî, membro del Coordinamento della Società Ezida.

La liberazione di Şengal è stata una grande notizia per il popolo curdo. Ma qual è il significato di Şengal per il popolo ezida?

Şengal ha un significato diverso per gli ezidi. Şengal è sia un sito storico sia una regione sacra, così come un luogo strategico per l’identità curda. La liberazione di Şengal ha una grande importanza. Ma non possiamo ancora parlare di una vera liberazione di Şengal. La liberazione deve avere luogo anche nel regno della politica, dell’ideologia e della psicologia. Ora è stato ottenuto un certo livello di conforto, dato che la minaccia di ISIS non incombe più sulla popolazione come prima. Tuttavia una parte dei dintorni sono ancora sotto l’assedio delle bande. L’8 ottobre è iniziata l’operazione Şilo. Dopo la liberazione di Şengal sono iniziati gli sforzi per liberare i villaggi circostanti. Sono ancora in corso. Molti villaggi sono stati liberati, ma molti sono ancora nella mani delle bande di ISIS. Ma il problema non è solo la liberazione del territorio.

Certamente, Şengal è stato liberato dal punto di vista territoriale. Ma la città è stata colpita duramente. Molti posti sono stati saccheggiati. Cosa serve per la ricostruzione di Şengal?

Şengal è stata distrutta. Da un lato le bande di ISIS non hanno lasciato niente, dall’altro la guerra e il conflitto hanno molto danneggiato la città. La popolazione deve iniziare subito a lavorare alla ricostruzione della città. Per questo deve essere formata una commissione, ma non deve essere determinata da decisioni dall’esterno. Al contrario, deve essere eletta dalla volontà popolare. Anche persone che sono specializzate nel lavoro di ricostruzione devono partecipare. È importante lavorare a questi problemi. Tutte le forze curde devono unirsi e tendere collettivamente le loro mani di aiuto a Şengal. La questione di Şengal è sia una questione nazionale sia internazionale. Perché gli abitanti di Şengal possano vivere in libertà, tutte le forze nazionali e internazionali devono dare assistenza. Şengal è stata liberata, ma le famiglie non sono ancora ritornate. Fino a quando non sarà risolta la questione della ricostruzione, la gente non sarà in grado di tornare. Allo stesso modo non c’è ancora uno status per Şengal. Per questo la volontà della popolazione di Şengal deve essere riconosciuta. La popolazione di Şengal deve essere in grado di amministrarsi. Va loro data l’opportunità di farlo. La fiducia della popolazione ora è spezzata. Non dobbiamo mai sottostimare cosa è successo a questa gente. Il precedente status non è in grado di curare ferite inflitte alla popolazione o di risolvere questioni. Questa gente non può accettarlo perché hanno visto che il vecchio ordine non è stato in grado di proteggerla. Questo è il motivo per cui bisogna correre a aiutare la situazione di Şengal.

Nessuno deve cadere nella trappola di bei calcoli, interessi di parte, famigliari, tribali o individuali. La situazione della popolazione di Şengal ha un significato internazionale e deve essere definito dai bisogni di questa popolazione ferita.

Che approccio bisogna avere nei confronti di Shengal?

Soprattutto tutti devono smettere di vedere gli aspetti di distinti della popolazione di Shengal come una minaccia, ma considerala invece un arricchimento. La fede ezida è la più antica di tutte di queste terre. In questo senso possiamo dire che costituisce le fondamenta e la radici dell’identità curda. Quindi l’intera regione deve mostrare il suo rispetto a questa fede e permetterle di vivere secondo le sue consuetudini e le sue modalità. Questo a sua volta è possibile solo con il riconoscimento dell’autonomia di Şengal. Questo è il diritto più legittimo di questa gente. Secondo gli articoli 125 e 116 della Costituzione irachena ogni regione può decidere per sé in modo autonomo. Se si presuppone che questo diritto si applichi a tutto l’Iraq, perché non dovrebbero beneficiarne gli ezidi? L’autonomia di Şengal, così come le amministrazioni regionali costituite dagli ezidi stessi devono essere riconosciute.

Perché ci sono consigli cittadini in tutte le regioni dell’Iraq, ma non dovrebbe essercene uno per Şengal? La nostra gente a Şengal ha costruito il suo consiglio adesso. Allo stesso modo è stato formato un consiglio autonomo delle donne. Questo non significa che Şengal si sta seprando; questa autonomia rafforzerà Şengal e con questa forza potrebbero tornare a essere parte della regione del Kurdistan. L’esistenza di uno Şengal forte significa un Kurdistan forte.

Com’è fatta ora l’amministrazione di Şengal?

Il Governo Regionale del Kurdistan vuole che Şengal sia gestita come in passato. Ma quell’epoca è finita. Prima veniva mandata a governare un’amministrazione centrale. La forza di volontà e il riconoscimento da parte della popolazione non erano coinvolti. Questa amministrazione ha comunque completamente abbandonato la popolazione al massacro. All’amministrazione precedente al massacro non è rimasta alcuna legittimità. La gente che è stata impiegata per il governo distrettuale non è stata qui negli ultimi tre anni e quattro mesi. Come può una persona che non sta nemmeno in mezzo alla sua gente, pretendere di governarla? La popolazione non riconosce governi del genere nominati dal centro. Coloro che affermano di costituire l’amministrazione di Şengal rilasciano dichiarazioni di tanto in tanto, ma nessuno presta attenzione a queste parole perché non hanno legittimità.

Nel gennaio di quest’anno il governo regionale [KRG] ha costituito un’amministrazione che ha creato una situazione conflittuale. Prima c’era già un’amministrazione per Shengal. Ma nel momento più importante ha completamente abbandonato la popolazione e se n’è andata. Il governatore è membro di un partito. Persone così non possono rispondere ai bisogni e ai problemi di una società. Ciò di cui va tenuto conto è soprattutto e essenzialmente la volontà della popolazione. La popolazione ha creato il suo consiglio e i suoi comitati. Questo è ciò che è legittimo.

Senza dubbio uno degli aspetti più cruciali da considerare per la ricostruzione è la questione della difesa. Quali sono i requisiti per la popolazione a Şengal in termini di sicurezza?

Proprio come diciamo che l’amministrazione non può andare avanti come in passato, la stessa cosa si applica al campo della difesa. Questo è comunque il timore più grande della popolazione. La difesa non deve operare come ha fatto in passato. In precedenza c’erano 17mila peshmerga di stanza qui. Tra loro c’erano ezidi, ma non avevano niente da dire a nome loro. Qualsiasi cosa dicessero i comandati, dovevano farla. Nonostante questo, oggi è stata costituita una forza di difesa dello Şengal con la forza di volontà di questa gente, attraverso la partecipazione dei figli di questo popolo. Loro conoscono i propri bisogni meglio di chiunque altro. Anche se tutto il mondo volesse travolgerli lo si difenderanno. Non importa quanti attacchi vengano fatti, loro non si arrenderanno nella loro difesa perché la loro organizzazione è stata fondata e costruita su tutta questa sofferenza e difficoltà. Soprattutto le forze militari degli ezidi devono essere riconosciute. Allo stesso modo la gente non può semplicemente fidarsi di chiunque come in passato. Anche le forze di sicurezza interne devono essere riconosciute. Va radicalmente riconsiderata la questione della difesa di Şengal.

D’ora in avanti nessuno potrà costringere la popolazione a indossare le vesti del passato. Gli approcci diventeranno chiari nel tempo e alla luce dei bisogni concreti. Per esempio nell’area si sono formati diversi battaglioni, ma non c’è formalità per questi battaglioni. Di fatto la formazione di questi battaglioni frammenta la forza unita degli ezidi. Quindi non nasce unità, cosa che a sua volta nuoce agli interessi nazionali. In effetti per quanto riguarda la ricostruzione di Şengal, la questione della difesa è l’aspetto più importante. Devono lasciare che gli ezidi organizzino la propria difesa.

Cosa è richiesto per il riconoscimento della volontà della popolazione ezida?

Sopratutto tutte le istituzioni e le organizzazioni della popolazione ezida devono essere riconosciute. Gli ezidi possono aumentare la loro consapevolezza, creare la loro esistenza. Ci sono molte questioni particolari che colpiscono i bambini, i giovani e le donne. C’è la questione dell’istruzione. Molti sforzi sono in corso a questi scopi, ma non sono sufficienti. L’autonomia garantirebbe una vita libera e democratica, ma se l’autonomia non viene riconosciuta ci saranno discriminazioni contro alcuni gruppi della società. La democrazia rafforza sempre una società. La gente deve approcciarsi agli ezidi tenendo a mente questo.

Gli sforzi per ricostruire Şengal sono in corso. Che tipo di aiuto serve? Molte persone stanno raccogliendo aiuti a nome della popolazione di Şengal; questi aiuti arrivano alle persone?

Fino ad ora non è stato dato alcun aiuto umanitario che includesse tutta la popolazione. Gli aiuti che arrivano vengono consegnati in modo frammentato. Questo a sua volta non da sollievo ai bisogni delle persone. C’è la Fondazione del Consiglio di Şengal, dove andrebbero inviati tutti gli aiuti umanitari per la distribuzione. Ma dato che tutti agiscono per conto proprio e in modo frammentato, gli aiuti destinati non rispondono adeguatamente al loro scopo. Serve collaborazione in quest’area. Certi partiti prendono gli aiuti e li distribuiscono secondo i loro interessi. La nostra gente in genere manda aiuti per la popolazione di Şengal, ma la roba spesso finisce nelle mani di determianti partiti. Questi o trattengono gli aiuti per sé o li distribuiscono alla gente a loro vicina. Nell’ultimo anno e qualche mese abbiamo distribuito cose come Coordinamento Ezida, ma nel farlo non abbiamo mai fatto un discrimine tra la gente. Secondo i nostri mezzi abbiamo diviso le cose tra la popolazione. Coloro che hanno inviato aiuti umanitari devono sempre sincerarsi se le loro cose raggiungano effettivamente la gente. Questa è un’altra ragione per la quale abbiamo bisogno di una commissione che possa condurre indagini per vedere quanti campi ezidi ci sono e quante persone ci abitano.

Rispetto alla questione della difesa, la Turchia ha inviato soldati nella regione di Bahşîqa. Cosa ne pensa il popolo ezida?

Chi crede davvero che questi soldati siano venuti qui per combattere contro ISIS? Nessuno lo crede, tutti sanno che lo Stato che più di tutti ha aiutato ISIS a crescere è la Turchia. ISIS non ha basato tutta la sua logistica, forza manodopera e esistenza generale sulla Turchia? Se questo è il caso, chi potrebbe davvero credere che i turchi siano arrivati nella regione di Bahşîqa per combattere contro ISIS? Se davvero volessero combattere ISIS, potrebbero iniziare a Dîlok (Gaziantep) che è piena di bande di ISIS. Perché non iniziare arrestando loro? Il loro fine ultimo a Bahşîqa è di annichilire la presenza degli ezidi. Bahşîqa è una regione degli ezidi, ma lo Stato turco vuole insediare turkmeni nell’area. Allo stesso tempo la politica di espellere ezidi dalla loro terra natia è uno sforzo in corso, guidato soprattutto dalla Turchia. La presenza di soldati turchi nella regione è come una minaccia per gli ezidi. Noi non la accettiamo. Se il KRG ha capacità militari, perché non assistono le forze ezide delle YBŞ (Unità di Resistenza di Şengal) ad acquisire esperienza nella guerra contro ISIS invece di chiamare un altro Stato? Tutto questo è stato pianificato consapevolmente da queste due forze; è una politica sistematica per rimuovere gli ezidi da questa regione.

Vuole dire qualche ultima parola o fare un appello?

La nostra popolazione di Şengal deve mantenere la propria fiducia nel futuro. Molta sofferenza è dolore sono stati vissuti. C’è stato un genocidio. Nonostante questo devono credere che i tempi sono cambiati. Gli aiuti nazionali e internazionali non sono pochi, ma un grande dovere ricade sulle spalle degli ezidi di ricreare loro stessi, di ritornare nelle loro terre, di tendersi la mano l’un l’altro e di ricostruire un nuovo Şengal. Ragazzi e ragazze ezide devono prendere parte a questa difesa dello Êzîdxan. In queste terre è ovvio che non possiamo aspettare di cedere la nostra protezione e difesa ad altri.

La compagna Berîvan Şengal, una giovane ragazza ezida, ha accresciuto la sua fede e i suoi sogni dopo il grande massacro e si recata a partecipare nelle file della libertà. Nonostante la sua giovane età si è assunta grandi doveri e grandi responsabilità. Berîvan è stata un’avanguardia per Şengal. Come giovane donna è cresciuta con il dovere di vendicare la sua gente per il genocidio. Oggi, Berîvan Şengal è un simbolo per la resistenza di queste terre. Non ha abbonato la sua terra o la sua fede. Lungo il percorso dei valori della sua terra ha sacrificato la sua vita lungo il suo cammino. La gioventù ezida deve guardare a lei.

Dobbiamo trarre lezioni dalla storia e di conseguenza adempiere a tutti i doveri che ricadono sulle nostre spalle fino a quanto saremo in grado di donare un Paese libero e giorni belli ai figli del futuro.

Berîvan Şengal

https://komun-academy.com/2018/12/12/murdered-heroes-of-sengal-nujiyan-erhans-interview-with-zeki-sengali/

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