Quello che non certo impropriamente era stato definito “un autentico genocidio politico” in Bakur dopo le elezioni del 2019 (ossia la destituzione dei legittimi rappresentanti politici – eletti nelle liste di HDP – e l’arresto di migliaia di militanti dell’opposizione ed esponenti di associazioni curde), oggi si va caricando di ancora peggiori implicazioni.
Tutt’altro che casuale – per esempio – la repentina imposizione da parte del governo fascistissimo AKP-MHP di un kayyum (un cero Turker Oksuz: amministratore, governatore, prefetto, podestà…? Fate voi…) alla città curda di Kars. Dopo che i sindaci regolarmente eletti (Ayhan Bilgen e Sevin Alaca, esponenti di HDP) erano stati preventivamente arrestati e costretti alle dimissioni.
L’arresto di Ayhan Bilgen e di altri esponenti di HDP (Partito Democratico dei Popoli) risaliva al 25 settembre. Le sue dimissioni da sindaco (praticamente un’autosospensione proprio per evitare l’imposizione di un governatore turco) a cinque giorni dopo. Ma – in contrasto con la stessa legislazione turca – questo suo gesto non era stato tenuto in considerazione e la nomina – illegittima – del governatore seguiva il suo corso.
Una vera e propria confisca dei diritti democratici. Allo scopo, molto presumibilmente, di controllare totalmente questa cittadina ai confini con l’Armenia. Nella guerra intrapresa dall’Azerbaijan, il ruolo di Ankara si va sempre più definendo. In particolare con la fornitura – non certo disinteressata – di consistenti contingenti di mercenari, jihadisti compresi, provenienti dalla Siria e dalla Libia per combattere a fianco degli azeri contro gli armeni.
Un destino, quello di Kars, analogo a quello delle città frontaliere di Ceylanpinar e di Reyhanli nel conflitto siriano. Ugualmente utilizzate per smistare le milizie islamo-fasciste.
Per il giornalista curdo Mustafa Mamay non ci sarebbe quindi da stupirsi se “da ora in poi vedremo i salafiti passeggiare per le vie di Kars”.
Gianni Sartori