Siria

Un faro nel cuore del Rojava

La salute è un diritto per tutti e per tutte. Per questo la Mezzaluna rossa kurda ha aperto un ospedale destinato al Covid nel cuore del Rojava, in Siria. I casi sono migliaia ma non sono tracciati, le cure scarseggiano e la guerra scatenata dall’aggressione dell’esercito turco, con la partecipazione di cellule residue dell’Isis, continua. Mancano l’80 per cento delle terapie intensive necessarie e nei campi del Rojava vengono curate decine di migliaia di persone che sono state costrette a fuggire dalla Siria dove il sistema sanitario è ovviamente andato in pezzi da tempo. La sede italiana della Mezzaluna ha lanciato una campagna di solidarietà internazionale

Dal 26 novembre le autorità del Nord est siriano, il Rojava, hanno dichiarato il coprifuoco totale in tutta la regione per contrastare la veloce ed inarrestabile diffusione del covid nell’area.

Coprifuoco totale in una terra che regolarmente subisce chiusure e blocchi dovuti ai combattimenti. Tutt’ora continuano i contrasti con l’esercito turco a nord e con le cellule ancora attive di Daesh.

Una regione non pacificata dove, nonostante le risoluzioni contrarie dell’ONU, riescono ancora ad arrivare con regolarità medicinali ed attrezzature mediche. E dove centinaia di medici ed infermieri locali riescono a portare cure alle persone anche per il Covid.

La Mezzaluna rossa kurda (Heyva Sor a kurd) con le sue 60 ambulanze ed unità mobili, i 5 ospedali ed i 20 centri di salute primaria riesce ogni giorno ad assistere migliaia di persone. Soprattutto quelle nei campi di rifugiati e sfollati. In Siria ci sono più di sei milioni di sfollati e decine di migliaia vivono nei campi del Rojava.

Da agosto è stato aperto un ospedale per il covid nella città di Washokani, vicino Hassake. Un presidio unico e dedicato, costruito con l’aiuto delle autorità locali. Ed avviato con donazioni della diaspora kurda e della solidarietà internazionale.

Del resto la Siria è di fronte ad un paradosso. Se si vedono le mappe di diffusione del covid c’è il Medio Oriente che soffre ovunque. Con numeri importanti, rispetto alla popolazione, in Iran, Iraq, Libano.

Mentre in Siria i numeri ufficiali sono bassi. In un paese dove è saltato il sistema sanitario non si può immaginare che ci sia tracciamento, che ci sia adeguata prevenzione, che si possa ragionevolmente pensare che i casi di covid siano isolati e curati appropriatamente.

Ed infatti i coordinamenti umanitari riportano, al primo ottobre, che ci sono solo 372 posti letto disponibili su una popolazione di circa 4 milioni di persone. E per le terapie intensive ci sono solo 59 posti disponibili.

Con gap importanti dell’80% per le terapie intensive rispetto allo standard necessario. Il problema è anche la mancanza di personale specializzato che le sappia gestire.

Dalla Siria negli ultimi anni sono fuggiti migliaia di medici. Proprio per questo, la Mezza Luna Rossa ha lanciato un appello a volontari locali, al quale hanno partecipato un centinaio di persone pronte ad offrire il loro sostegno. Manca personale qualificato e manca la possibilità di fare test. Con poche centinaia di tamponi eseguiti al giorno in tutto il nord est siriano.

E i casi continuano ad aumentare. Al 24 novembre ne erano segnalati più di 6400. Con un trend di crescita esponenziale senza strutture adeguate che possano curarli. In più c’è il problema che molte persone sono, loro malgrado, ormai abituate alla morte ed alla malattia, dopo quasi 10 anni di guerra e non prendono sul serio la pandemia.

E’ difficile sensibilizzare o chiedere l’uso delle mascherine. Per questo è stato necessario imporre un lockdown altrimenti, per chi è abituato a vedere i bombardamenti, è difficile comprendere quanto sia subdolo ed insidioso il Covid.

Soprattutto per una popolazione fragile e in luoghi come i campi profughi dove non è possibile garantire igiene adeguato e distanziamento sociale.

L’ospedale della Mezzaluna è un faro. Con le sue più di 15 terapie intensive previste andrà ad incidere sostanzialmente sulla disponibilità in tutta l’area. E con i suoi più di 100 posti è un presidio necessario, anche perché serve i campi profughi e le aree più a rischio del Rojava.

È stato avviato grazie alle donazioni ma solo con l’intervento della Fondation Assistance Internationale ha ulteriormente rafforzato i propri servizi, tra i quali è previsto un ampio programma di informazione nei campi e nelle scuole.

Ma servono finanziamenti per l’acquisto di medicinali e sostenere i lungo degenti e molto altro aiuto per gestirlo. Per questo la sede italiana della Mezzaluna ha lanciato una campagna di solidarietà internazionale. Per garantire a tutte e tutti il diritto alla salute, anche in luoghi dimenticati del pianeta.

E per non essere lasciare le persone sole di fronte ad un nuovo nemico.

Per sostenere la campagna della Mezza Luna Rossa vedi qui

Sara Montinaro

*volontaria Mezzaluna rossa kurda

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