Rassegna Stampa

La lettera degli universitari a Erdogan: “Lei non è un sultano e noi non siamo i suoi sottomessi”

In Turchia sono in corso le manifestazioni di massa ormai da più di 1 mese. Il mondo universitario con il sostegno della cittadinanza continua a ribellarsi contro il nuovo rettore dell’Università di Bogaziçi, nominato direttamente dal Presidente della Repubblica, contro la violenza della polizia e contro l’arroganza e il linguaggio omotransfobico del governo centrale. Abbiamo tradotto la lettera aperta del “Comitato di Solidarietà di Bogaziçi” indirizzata al Presidente della Repubblica di Turchia, Recep Tayyip Erdogan.

Precedentemente abbiamo risposto al nuovo rettore, Melih Bulu, con una poesia intitolata “Prove di poesia su un provocatore”. Siamo felici che ci abbia risposto Lei dato ch’è il vero responsabile di questa situazione. Finora Lei ha provato a mettersi in contatto con noi, dietro le quinte, tramite l’associazione Turgev. E ora vediamo che cerca di litigare con noi tramite i media. A noi non piacciono i mediatori, preferiamo parlare direttamente e in modo aperto a tutti. Speriamo che continuerà anche Lei in questo modo.

Prima di tutto le vorremmo ricordare le motivazioni delle proteste e le nostre richieste:

Lei ha nominato un commissario straordinario, come rettore, alla nostra università, ignorando gli studenti e i professori. E’ legale ciò che ha fatto? Sì, come ribadisce in ogni occasione è legale ma non è legittimo. Questa nomina farebbe ribellare anche quelle persone che hanno solo qualche briciola di giustizia nel loro cuore.

Come se non bastasse, un venerdì, di sera, ha deciso di aprire nuove facoltà nella nostra università nominando da solo dei decani, con l’obiettivo di opprimere gli studenti, i professori e tutti i lavoratori di questa università. La sua volontà di riempire la nostra università con i suoi militanti politici è la dimostrazione della crisi politica in cui si trova. Coloro che devono pagare le conseguenze amare della sua crisi, ogni giorno che passa, sono sempre di più.

Noi stiamo praticando i nostri diritti garantiti dalla Costituzione per spiegare al resto della società l’ingiustizia in cui ci stiamo trovando. Queste sono le nostre richieste:

  • Rilascio immediato di tutti i nostri amici in detenzione provvisoria e arrestati in questo periodo.
  • Immediata conclusione della campagna di diffamazione avviata contro i nostri amici lgbti+ e tutte le altre persone prese di mira.
  • Dimissioni di tutti i commissari straordinari, prima di tutto Melih Bulu che è la fonte delle campagne di linciaggio, delle detenzioni provvisorie e degli arresti.
  • Elezioni democratiche per eleggere i rettori in tutte le università con il coinvolgimento di tutte le componenti delle università.

Abbiamo notato che Lei, in una sua dichiarazione, ha pronunciato questa frase: “Se hanno coraggio chiedano le mie dimissioni”. Chiedere le dimissioni del Presidente della Repubblica è un diritto garantito dalla Costituzione? Sì. Quindi perché dovrebbe essere un atto di coraggio praticare un diritto garantito dalla Costituzione?

Non siamo come quelli che le obbediscono senza condizioni. Lei non è un sultano e noi non siamo i suoi sudditi. Ma dato che Lei ha parlato del coraggio rispondiamo brevemente. 

Noi non abbiamo nessun tipo d’immunità. Lei invece, da 19 anni, si infuria, sotto il suo scudo dell’immunità. Il Ministro degli Interni mente colpendo le sensibilità religiose della società. Noi invece diciamo che non applicheremo l’autocensura. Lei definisce “perversi” i nostri amici lgbti+, noi invece pensiamo che i diritti delle persone lgbti+ siano i diritti di tutte le persone. I membri del Suo partito prendono a calci i minatori a Soma noi invece partecipiamo alle manifestazioni degli operai e lo faremo anche in futuro.

Lei tiene, ingiustamente, l’ex co-presidente del Partito Democratico dei Popoli (HDP), in carcere. Anche i giornalisti e i sindacalisti. Noi invece diciamo che siamo con coloro che gridano ad alta voce la verità e ci opponiamo ai commissari straordinari. Lei, nei suoi comizi elettorali, ha fatto prendere in giro alla massa la mamma di Berkin Elvan. Noi invece diciamo che siamo con Berkin Elva. Lei dice “Anche la moglie di Osman Kavala è con questi provocatori” e facendo così fa di Ayse Bugra un bersaglio. Lei nomina una donna utilizzando solo una delle sue qualifiche ossia quella di essere la moglie di qualcuno. Quindi usa un linguaggio banale e sessista. Noi invece diciamo che Ayse Bugra è una nostra professoressa preziosa e una grande scienziata. E diciamo che qualsiasi attacco che si commette nei suoi confronti è come se fosse commesso contro di noi.

Siamo sicuri che Lei utilizzando questa lettera ci denuncerà sostenendo che elogiamo il reato e il criminale e magari anche per aver trasgredito la legge di vilipendio del Presidente della Repubblica. Ne siamo sicuri ma non smetteremo mai di dire la verità e siamo sicuri anche di questo.

Dato che Lei non ha abbastanza forza per mantenere al potere il rettore che Lei stesso ha nominato sta cercando di creare nuove facoltà per infiltrare nella nostra università i professori che le sono cari. Questo è sì che un atto molto coraggioso! Per tutto questo non prendiamo sul serio le sue dichiarazioni in merito al “coraggio”.

Noi sappiamo che l’Università di Bogaziçi non è l’istituzione più importante del Paese e nemmeno il fatto che Melih Bulu sia stato nominato rettore della nostra università sia il problema principale di questo Paese. 

Invece se dovessimo parlare delle Sue dimissioni, di certo non le chiederemo solo per quello che sta succedendo in questi giorni. Perché? 

Se Lei fosse dovuto dimettersi si sarebbe dimesso quando Hrant Dink è stato assassinato! Quando a Soma 301 minatori sono stati massacrati si sarebbe dimesso! Quando a Roboski sono stati assassinati 34 cittadini curdi si sarebbe dimesso. Si sarebbe dimesso dopo l’incidente ferroviario di Corlu! Si sarebbe dimesso prima di tutto per quegli impiegati sospesi con i decreti di legge sotto lo stato d’emergenza e per tutti quei cittadini che Lei ha reso disoccupati e tutti quelli che faticano a sopravvivere per via della disoccupazione!

Lei avrebbe assunto le sue responsabilità in merito alle sue politiche economiche che spingono le popolazioni ai margini della povertà invece che sacrificare suo genero, ex Ministro del Tesoro. Gli esempi sono tanti ma in ogni caso Lei non si è mai dimesso. Esattamente come dice Lei, invece che avere coraggio ha preferito essere definito come un ingenuo ingannato. Quindi perché ora le dobbiamo chiedere di dimettersi? Noi continueremo con la nostra lotta finché Melih Bulu sarà presente in quell’ufficio. Prenderne atto o meno è un problema Suo. Noi siamo con coloro che sono stati privati dai diritti democratici e dalle libertà garantite dalla Costituzione. Concludiamo augurando che un giorno, Lei capirà che non può zittire le persone oppresse di queste terre, alzando la voce e rendendole dei bersagli, nelle piazze e sui palchi.”

Murat Cinar

Pressenza.com

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