Nell’ambito della campagna internazionale Difendiamo il Kurdistan contro l’occupazione turca una delegazione composta da oltre 150 persone, tra cui giornalisti, politici, sindacalisti, attivisti per la pace, ambientalisti e femministe provenienti da 14 paesi europei differenti, si è recata nel Kurdistan iracheno (nord Iraq) per raccogliere impressioni dirette sulla situazione; adottare una posizione per favorire la fine della guerra e della distruzione; per instaurare un dialogo con i parlamentari di tutti i partiti, visitare le organizzazioni non governative e contribuire al dialogo tra i diversi soggetti politici curdi.
Lo scopo del viaggio di questa delegazione era quello di ottenere informazioni sul campo sulle azioni militari della Turchia nella parte meridionale del Kurdistan, che sono in corso da settimane, e per richiamare l’attenzione sugli attacchi che secondo il diritto internazionale sono illegali.
Infatti da aprile lo stato turco ha avviato una nuova campagna militare ad ampio raggio nel Kurdistan meridionale nelle regioni di Metina, Zap e Avashin. In queste regioni continuano i pesanti scontri con le forze della guerriglia curda che resistono a questa invasione illegale. Qualunque siano le affermazioni e le intenzioni delle autorità turche, la realtà è che la regione del Kurdistan iracheno e il territorio iracheno sono stati occupati dalle forze turche. La Turchia ha stabilito quarantasette (47) basi militari nella regione. Queste operazioni militari hanno avuto un grave impatto sui civili e sulla sovranità dell’Iraq. Abbiamo visto questa politica geostrategica della Turchia quando ha occupato Afrin e ha continuato la sua operazione di occupazione a Serekaniye e Gire Spi. Ora, la Turchia sta cercando di occupare tutte le aree lungo il suo confine meridionale fino all’Iran. Con queste occupazioni, la Turchia vuole mettere in atto un cambiamento demografico, lo stupro sistematico e la riduzione in schiavitù delle donne, causando lo sfollamento di massa della grande parte della popolazione curda e di altre popolazioni civili, come parte della sua strategia per turchizzare e alla fine annettere queste terre. Ad oggi la risposta a questi attacchi a livello internazionale è purtroppo rimasta in sordina.
Il Governo regionale del Kurdistan ha impedito alla delegazione internazionale di entrare in contatto con i principali soggetti politici nel Kurdistan del sud. Le organizzazioni con cui erano stati programmati gli incontri sono state intimidite e costrette a cancellare gli incontri. Una parte consistente della delegazione non è potuta arrivare in Kurdistan. Circa 50 persone provenienti da Germania, Francia, Slovenia, Spagna, Belgio, Svezia, Finlandia, Danimarca, Svizzera, Catalunya, Italia ed altri paesi sono state bloccate all’aeroporto di Erbil per essere espulse. Quattro italiani sono stati già rimpatriati contro la propria volontà. Altri 3 italiani sono stati rimandati indietro dall’aeroporto di Istanbul in cui avevano fatto scalo.
Parallelamente all’iniziativa del Governo regionale del Kurdistan (KRG) anche la Germania ha impedito a 27 membri della delegazione di partire dall’aeroporto di Düsseldorf. Dopo l’interrogatorio, ad alcuni partecipanti è stato vietato di partire per l’Iraq per un mese. Questo divieto si basa sul fatto che ‘’le relazioni con la Turchia potrebbero essere compromesse’’ questo sottolinea ancora una volta il ruolo della Repubblica federale tedesca nella guerra in Kurdistan. Il fatto che la Turchia, in quanto membro della NATO stia conducendo una guerra in territorio iracheno in violazione del diritto internazionale non sembra influenzare le relazioni della Germania con la Turchia. Ad oggi, anche il governo tedesco ha taciuto sull’operazione militare in corso. Il divieto di viaggio odierno mostra ancora una volta il sostegno attivo alla Turchia da parte del governo tedesco.
Siamo indignati per le deportazioni illegali dei nostri amici internazionali effettuate dal Governo regionale del Kurdistan (KRG) e per i divieti di viaggio della Repubblica federale tedesca. La libera informazione ed il coinvolgimento della società civile sono componenti vitali di ogni democrazia e non c’è ragione legittima per questa repressione.
Quindi chiediamo che tutti coloro che desiderano unirsi alla delegazione che sono stati respinti, arrestati o espulsi in uno degli aeroporti vengano liberati e abbiano il permesso di unirsi al resto della delegazione.
Chiediamo a tutte le organizzazioni umanitarie internazionali e alle istituzioni politiche di sostenere una soluzione pacifica. Le forze armate dello stato turco devono ritirarsi immediatamente dalla regione. Non si tratta di un problema curdo, ma di un’aggressione proveniente dallo stato e dall’esercito turco, rivolta alle popolazioni locali e agli ecosistemi delle regioni curde. Questa situazione è preoccupante. Creare divisioni tra i curdi potenzialmente può degenerare in un conflitto armato che metterebbe in pericolo la pace e il futuro dell’intero Medio Oriente.
Ufficio d’informazione del Kurdistan in Italia