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Turchia

La Corte costituzionale turca: la pena detentiva per aver suonato canzoni curde in pubblico non è una violazione dei diritti

La Corte costituzionale turca ha stabilito che una pena detentiva di due anni per aver suonato una canzone curda all’interno di un veicolo di trasporto pubblico non costituisce una violazione del diritto di espressione. La sentenza è stata emessa da un tribunale di Diyarbakır, poi confermata dalla Corte Suprema d’Appello della Turchia.

La Corte Costituzionale turca ha stabilito che comminare una pena detentiva per aver suonato una canzone curda all’interno di un veicolo di trasporto pubblico non è una violazione del diritto di espressione.

Un autista di autobus di nome Kadri Pervane è stato condannato a due anni di carcere per aver suonato una canzone intitolata ‘Biji’ all’interno dell’autobus che stava guidando il 25 maggio 2012 a Diyarbakır (Amed), con l’accusa di aver commesso il reato di “fare propaganda per un’organizzazione terroristica”.

L’autista aveva avuto un litigio con uno dei passeggeri, un agente di polizia che ha cercato di costringerlo a spegnere la musica. Dopo una denuncia penale da parte dell’ufficiale di polizia, Kadri Pervane è stato perseguito e in seguito un tribunale di Diyarbakır ha stabilito che il suo atto di suonare la canzone “Biji” nell’autobus costituisce il reato di propaganda a favore di un’organizzazione terroristica.

Su appello di Pervane, nel 2015 la sentenza è stata rivista e confermata dalla Corte Suprema d’Appello di Turchia. Nello stesso anno, Pervane ha fatto ricorso alla Corte Costituzionale per violazione dei suoi diritti di espressione e di equo processo.

La Corte ha annunciato il 30 settembre che le eccezioni relative sia alla violazione del diritto di espressione sia alla violazione del diritto a un processo equo sono state respinte in quanto ritenute “chiaramente infondate”. La sentenza ha affermato che Pervane non ha presentato un argomento che richiedesse ulteriori indagini da parte della Corte e che la pena detentiva di due anni era “proporzionata, rispondeva a un’inevitabile esigenza sociale e non violava i requisiti dell’ordine sociale democratico”.

 

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