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Diritti umani

I cinque anni di lotta della famiglia per recuperare il corpo della figlia guerrigliera

Le autorità turche si rifiutano da cinque anni di consegnare il corpo di una combattente delle HPG alla sua famiglia. “Lei è una martire del popolo curdo”, ha detto suo padre.

Le autorità turche si rifiutano da cinque anni di consegnare il corpo di una combattente delle Unità di difesa del popolo (HPG), nonostante le numerose richieste della sua famiglia, lo riferisce l’agenzia stampa Mesopotamia.

Il corpo di Mercan Erkol, morta negli scontri tra le forze armate turche e le HPG nel distretto di Kulp (Pasur) della provincia sudorientale a maggioranza curda di Diyarbakır (Amed) il 16 novembre 2017, viene negato alla famiglia nonostante il luogo della sua sepoltura sia noto.

La lunga lotta della famiglia per recuperare il corpo è iniziata quando il padre di Erkol, Hesin Erkol, ha presentato domanda al comando della gendarmeria di Diyarbakır il 17 marzo 2019 dopo che la sua identità era stata determinata. Ha fornito campioni di sangue per i test del DNA e quattro mesi dopo ha ricevuto una telefonata dalla gendarmeria per andare a recuperare il corpo di sua figlia.

Hesin Erkol si è diretto al cimitero di Yeniköy a Diyarbakır, dove è stata sepolta sua figlia. L’Ufficio della Procura, tuttavia, ha deciso che la salma non doveva essere riesumata, adducendo come motivo che l’identità dei tre corpi ivi sepolti era sconosciuta. Sempre nel 2019, la famiglia ha scoperto che una perizia che determinava il sesso del corpo era misteriosamente scomparsa. La famiglia di Mercan Erkol ha quindi chiesto al procuratore capo dello Stato di Diyarbakır di indagare adeguatamente sul caso e di consegnargli il corpo.

Ciò che seguì è stata la scoperta di due diverse tombe, nella sezione “persone senza nome” del cimitero di Yeniköy, in ognuna delle quali furono sepolti tre combattenti HPG. Si scoprì che il corpo di Erkol era stato sepolto in uno di questi.

Sebbene l’unica cosa rimasta da fare a questo punto fosse riesumare la tomba e consegnare il corpo della combattente alla sua famiglia, il pubblico ministero che si occupava della questione ha interrotto il processo il 19 dicembre 2020, adducendo problemi di documentazione. Da allora non sono stati fatti progressi.

Parlando con l’agenzia Mesopotamia, Hesin Erkol ha affemato di aver subito abusi in ognuna delle otto volte in cui sono tornati a chiedere del corpo di sua figlia e che le autorità hanno continuato a cercare scuse per non consegnare il corpo alla famiglia.

“Si comportano come se non sapessero a chi appartengano queste ossa. Lo sanno, ma la loro intenzione è di abusarci e di opprimerci. Vogliono sconvolgere le famiglie”, ha affermato Hesin Erkol.

“Quello che fanno non può farci del male. È una martire del popolo curdo”, ha detto, giurando di non rinunciare mai alla lotta per recuperare le sue ossa. La tendenza a rendere più difficile la vita delle famiglie si è intensificata negli ultimi anni, con le autorità turche che si rifiutano arbitrariamente di consegnare i corpi ai loro cari. In un caso, le ossa di un combattente dell’HPG ucciso sono state inviate alla sua famiglia in una scatola, provocando indignazione tra i difensori dei diritti umani. Come ulteriore misura oppressiva, i funerali di personaggi politici non passano mai senza la presenza massiccia della polizia e le detenzioni nel sud-est della Turchia a maggioranza curda.

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