Nella notte di Sabato 19 novembre una pioggia di bombe si è abbattuta sul Rojava/Nord-Est Siria per mano dell’aviazione turca. Molte le città colpite contemporaneamente in Rojava tra cui Kobane, Ain Issa, Tel Rifaat, Derik e Derbasiye, ma anche Sulaymaniyya, Qandil e Shengal nel Sud Kurdistan/Nord Iraq. In particolare le città di Kobane e Derik sono state ripetutamente colpite per diverse ore durante la notte e di nuovo nel corso della mattinata.
Kobane, la città che ha sconfitto l’ISIS al prezzo di migliaia di vite civili e di combattenti YPG/YPJ e PKK, è da allora nel mirino del regime di Erdogan e per questo motivo è stata immediatamente indicata dal governo turco come capro espiatorio in seguito al recente attentato avvenuto ad Istanbul. Indicare le istituzioni del Rojava come responsabili dell’attentato non è altro che un goffo tentativo di legittimare agli occhi dell’opinione pubblica una nuova invasione del Rojava, in particolare della città di Kobane, la cui occupazione completerebbe il progetto neo-ottomano iniziato con le invasioni del 2018 e 2019. Anche la tempistica di questi attacchi non è casuale, il governo AKP-MHP è in calo nei sondaggi che lo vedrebbero sconfitto nelle prossime elezioni, nonostante Erdogan abbia tentato di ritagliarsi una posizione di rilievo attraverso gli accordi economici con l’UE e tentando di acquisire una posizione centrale nel conflitto tra Russia e Ucraina.
In un momento storico in cui il mondo sta seguendo con attenzione le rivolte in Rojhelat e in Iran, al grido di “Jin Jiyan Azadi” – Donna Vita Libertà, il governo turco sta lavorando attivamente per distruggere la rivoluzione delle donne del Rojava, il luogo in cui da dieci anni questo motto è stato applicato e si è tramutato in pratica politica. Di fronte a questa ipocrisia l’opinione pubblica mondiale deve adoperarsi affinché la comunità internazionale metta fine agli attacchi turchi agli uomini e alle donne che lottano per un nuovo modello di pace in Kurdistan e in medio oriente.
Da giorni ormai il Rojava è sottoposto a intensi bombardamenti con aerei da guerra, droni, artiglieria e carri armati, provocando decine di vittime civili, 12 nel solo raid su Derik in cui hanno perso la vita un giornalista e diverse persone colpite da un secondo attacco aereo mentre prestavano soccorso ai feriti. Oltre alle perdite di vite umane, lo stato turco mira a rendere il Nord-Est della Siria invivibile, colpendo infrastrutture vitali. Fino a ora 4 ospedali, una scuola e diversi silos contenenti riserve di grano sono stati distrutti dalle bombe turche.Erdogan stesso ha più volte annunciato di non aver intenzione di cessare gli attacchi finché il Rojava non sarà distrutto, minacciando una nuova invasione che creerebbe una catastrofe umanitaria e lascerebbe le aree libere e democratiche dell’Amministrazione Autonoma della Siria del Nord-Est nelle mani di Al Qaeda, ISIS e le altre bande jihadiste affiliate allo stato turco.
Tra i primi obiettivi colpiti dai raid aerei turchi figura la prigione in cui sono detenuti miliziani dell’ISIS a Qamislo, il 23 Novembre anche le forze di sicurezza del campo di Al-Hol sono state bersagliate da tre raid aerei consecutivi che hanno permesso la fuga di diverse famiglie e militanti dell’ISIS. Il campo di Hol ospita circa 60.000 miliziani jihadisti incluse diverse migliaia di foreign fighters provenienti da tutto il mondo. È chiaro che queste azioni mirano a supportare la riorganizzazione dello Stato Islamico. Va ricordato a questo proposito che meno di un anno fa l’ISIS è stato in grado di lanciare nella città di Hasakah la sua più grande operazione dalla disfatta del califfato nel Marzo 2019. Solo le continue operazioni delle SDF contro le cellule sparse in tutta la Siria hanno impedito al gruppo di riorganizzare il proprio esercito, operazioni che dovranno essere sospese per fronteggiare una nuova invasione da parte dello stato turco.
Chiediamo quindi di iniziare immediatamente a mobilitarsi per informare l’opinione pubblica sui crimini di guerra dello stato turco, sui suoi piani di invasione e sull’uso massiccio di armi chimiche già in corso.
Chiediamo di fare pressione sulle istituzioni affinché il nostro paese non sia complice di questa guerra, affinché le armi italiane non vengano usate per distruggere la rivoluzione delle donne e massacrare i popoli che sperimentano il paradigma del Confederalismo Democratico, in Rojava e in ogni altro luogo.
ROMA, Piazza dell’Esquilino,
30 Novembre ore 16.00
#DEFENDROJAVA
#DEFENDKURDISTAN