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Libertà per Abdullah Öcalan, una soluzione politica alla questione curda-Mobilitazione nazionale

Tra il 2013 e il 2015, 10 milioni e 300 mila persone nel mondo hanno sottoscritto un appello internazionale che chiedeva la libertà per Abdullah Öcalan, rapito da un complotto internazionale il 15 febbraio 1999, e per i prigionieri politici in Turchia.

Da oltre 25 anni Öcalan è segregato nel carcere di massima sicurezza di Imrali. Nel 2015 il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan aveva posto fine unilateralmente al processo di risoluzione democratica con Abdullah Öcalan e con il Partito del Lavoratori del Kurdistan (PKK) avviatosi attraverso la delegazione di Imrali del Partito Democratico dei Popoli (HDP) che aveva potuto incontrare il leader del popolo curdo dopo un lungo sciopero della fame di massa che aveva coinvolto ampi strati della società civile. Piuttosto che trovare una soluzione politica, la Turchia da allora ha avviato dapprima una massiccia offensiva militare che ha posto sotto assedio intere città curde attraverso lunghi coprifuoco, che hanno provocato lo sfollamento di centinaia di migliaia di persone e centinaia di vittime civili, decretando così la fine del processo di pace. È il caso delle città di Cizre, Nusaybin, e del quartiere Sur di Diyarbakir. Poi ha esteso l’offensiva contro il popolo curdo, prima attraverso l’operazione “ramoscello d’ulivo” consegnando il cantone di Afrin in Siria all’occupazione milizie Jihadiste, e poi nel Kurdistan del sud (Nord Iraq) dove attraverso operazioni militari di invasione vengono colpiti insediamenti civili con il pretesto della lotta al “terrorismo”. Più volte è stato denunciato da organizzazioni internazionali l’utilizzo di armi chimiche vietate dalle convenzioni internazionali.

Erdoğan ha ormai esteso la sua politica imperiale neo ottomana non solo contro i curdi ma contro tutti i paesi confinanti della Turchia, inclusi Libia, Armenia, Iraq, Nagorno-Karabakh/Artsakh, Cipro e in Grecia. Nel frattempo i popoli del nord-est della Siria ispirati dal pensiero di Öcalan, attraverso le loro istituzioni democratiche di autogoverno e della società civile hanno trasformato la loro terra in un grande bastione di coesistenza pacifica e di democrazia – a dispetto dei costanti e continui attacchi militari dell’esercito turco e delle bande jihadiste affiliate, che minacciano di invadere Kobane, la città che per prima ha sconfitto ISIS.

La perdurante incarcerazione di Öcalan, l’isolamento disumano al quale resta soggetto, la repressione del dissenso in Turchia e in Kurdistan del Nord, gli attacchi al nord-est della Siria, l’invasione in corso nel nord Iraq/Sud Kurdistan, sono tutti aspetti dello stesso approccio utilizzato dallo stato turco: attaccare le forze democratiche, in particolar modo i curdi, con tutti i mezzi possibili, arrivando anche a colpire gli attivisti politici curdi in diaspora in Europa, come nel caso dell’assassinio di tre rappresentati del popolo curdo a Parigi 10 anni fa, e del massacro avvenuto ancora una volta a Parigi appena un anno fa.

Ad oggi da quasi tre anni non ci sono notizie sullo stato di salute di Öcalan e fatta eccezione per una breve conversazione telefonica con suo fratello avvenuta nel 2021. Da più di 32 mesi non si hanno notizie di Ömer Hayri Konar, Veysi Aktaş e Hamili Yıldırım che si trovano in detenzione nella stessa prigione del leader curdo Abdullah Öcalan, che è detenuto in pesanti condizioni di isolamento nel carcere di massima sicurezza di tipo F di İmralı da 25 anni.  Il Comitato per la Prevenzione della Tortura ha visitato l’isola carcere nel 2022 asserendo di non aver potuto incontrare Öcalan. Ad oggi il CPT non ha ancora rilasciato un rapporto sulla delegazione in Turchia. Gli avvocati dello studio legale Asrın hanno presentato una nuova richiesta al Comitato per la prevenzione della tortura (CPT) del Consiglio d’Europa in merito ai loro assistiti. Nella richiesta al CPT è stato chiesto di divulgare il rapporto sulla loro visita a İmralı tra il 20 e il 29 settembre 2022. Secondo gli avvocati sono state bloccate le visite di familiari e avvocati, così come i diritti telefonici, di corrispondenza e di comunicazione. Sono stati bloccati anche il diritto alla difesa e al giusto processo. Questi diritti sono tutelati dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU). La situazione di incommunicado (non ricevere notizie) è peggiorata. Negli ultimi 3 mesi sono state presentate domande regolari all’ufficio del procuratore capo di Bursa e alla direzione del carcere di massima sicurezza di tipo F di İmralı, senza ricevere alcuna risposta.

La liberazione di Abdullah Öcalan è una condizione indispensabile per l’inizio di un nuovo processo di pace che metta fine alla guerra che da troppo tempo infuria in Kurdistan, la cui fine accenderebbe una luce sulla possibilità di estendere la pace in tutta la regione ed in tutto il Medio Oriente.

ReteKurdistan Italia e l’Ufficio di informazione del Kurdistan in Italia invitano partiti, sindacati, associazioni, esponenti della società civile, a scendere in piazza per una manifestazione nazionale a Roma e Milano il 17 Febbraio 2024.

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