229 avvocati iraniani hanno inviato una lettera alla magistratura iraniana per sospendere le condanne a morte pronunciate nei confronti di Werîşe Muradi, Pexşan Ezizi e Şerife Muhammedi.
Crescono le reazioni contro le condanne a morte pronunciate dal regime iraniano nei confronti di Werîşe Muradi, Pexşan Ezizi e Şerife Muhammedi. In questo contesto 229 avvocati iraniani hanno inviato una lettera congiunta alla magistratura iraniana contro le condanne a morte pronunciate nei confronti di Werîşe Muradî, Pexşan Ezîzî e Şerife Muhammedi. Nella lettera si sottolinea la necessità di sospendere le condanne a morte e di riesaminare i fascicoli.
La lettera comprende le seguenti dichiarazioni: “Le condanne a morte pronunciate nei confronti di tutte e tre le donne non sono solo contrarie agli standard islamici, umanitari e dei diritti umani, ma anche agli standard internazionali riguardanti il diritto alla vita e alla legge in Iran. “La condanna inflitta a tutte e tre le donne indebolirà la coesione nazionale e alimenterà sentimenti di discriminazione”.
Pexsan Ezizi
L’avvocato della detenuta politica Pexshan Ezizi, Emir Raisiyan, ha annunciato che l’8 gennaio la Corte suprema dell’Iran ha approvato la condanna a morte pronunciata nei confronti di Pexshan Ezizi. Emir Reisiyan ha riferito che anche il documento da loro presentato come difesa è stato respinto dal tribunale.
Werîşe Muradî
Inoltre, la condanna a morte di Werîşe Muradî, pronunciata nelle udienze tenutesi il 16 giugno e il 4 ottobre 2024, è stata ufficialmente notificata ai suoi avvocati.
Şerife Muhammedi
Il Comitato per la difesa di Şerife Muhammedi ha annunciato che la prigioniera politica Şerife Muhammedi è stato nuovamente condannato a morte il 13 febbraio. Nel corso del nuovo processo è stato annunciato che la condanna a morte di Şerife Muhammedi è stata accettata dal presidente della Seconda Camera della Corte rivoluzionaria d’appello iraniana, Muhammed Ali Derwêş Goftar. Sharifa Mohammadi, attivista per i diritti delle donne di 45 anni della città di Urmia, è stata processata nel 2023 con l’accusa di “propaganda anti-stato” e condannata a morte dalla Corte rivoluzionaria del regime iraniano il 4 luglio 2024. Tuttavia la decisione è stata annullata il 12 dicembre 2024. Con la sentenza definitiva la condanna a morte è stata nuovamente confermata.
