Il Kurdistan dal luglio scorso è sotto l’attacco delle forze governative turche e vive in uno stato di guerra globale. Il popolo del Kurdistan vuole vivere liberamente nel proprio paese, vuole autogestirsi e determinare autonomamente il proprio destino. Il governo della Turchia rifiuta le richieste del popolo curdo e invece di riprendere il dialogo interrotto unilateralmente nel luglio scorso, risponde con la una brutale repressione e con le armi. Questa è l’essenza e la fonte del problema.
Il governo dell’AKP, per il proprio tornaconto e i propri interessi, ha interrotto il dialogo e le trattative in corso con il Movimento di Liberazione del Kurdistan e ha lanciato una guerra contro i curdi. Il Movimento di Liberazione Curdo ha reagito a questi attacchi assumendo una posizione puramente difensiva. In Kurdistan la popolazione ha cercato di costituire autonomie locali in un gran numero di città per potersi amministrare autonomamente.
Lo Stato Turco ha rifiutato questa modalità di autodeterminazione a livello locale basta su un gestione democratica e autonoma, sebbene queste scelte costituissero oggi un passo di civiltà e democrazia per tutti. Ma la Turchia e il governo dell’AKP non accettano alcun passo democratico e non esitano a reprimere con le armi anche la minima opposizione, ignorando i diritti del popolo curdo e attaccando brutalmente la popolazione, senza dare alcun riscontro alle sue legittime richieste. È in atto un coprifuoco a tempo indeterminato, sono state distrutte intere città e sono rimasti uccisi centinaia di civili.
Associazioni per i diritti umani (IHD) e la Fondazione per i Diritti Umani in Turchia (THIV), in base ai dati disponibili fino al 5 dicembre 2015, riferiscono di esecuzioni extragiudiziali da parte di soldati e poliziotti. Anche dopo il 5 dicembre sono continuati gli attacchi contro persone indifese e sono state uccise o ferite decine di civili. Con il pretesto del mancato rispetto di un ordine di fermarsi sono state colpite e hanno perso la vita 226 persone, mentre altre 173 persone sono rimaste ferite. Tutte le vittime sono civili.
A questo vanno aggiunte le vittime degli attacchi dinamitardi dei kamikaze (con la complicità dell’AKP) che hanno causato un totale di 138 vittime: 5 morti a Diyarbakir, 33 a Suruc e da ultimo 100 morti il 10 ottobre 2015 ad Ankara. Inoltre in questi tre attacchi sono rimaste ferite almeno 929 persone. Sono state prese di mira le manifestazioni dell’HDP e di altre organizzazioni democratiche dell’opposizione e della società civile. A tutto questo si aggiungono le perdita di altre centinaia di persone su entrambi i lati negli scontri tra soldati e guerriglia. Nei bombardamento di aree residenziali civili, in particolare di bombardamenti aerei, altri 157 civili sono stati uccisi come risultato di questo conflitto.
In questi giorni il centro di Diyarbakir, Nusaybin nel distretto di Mardin e il quartiere Kerboran di Sirnak a Cizre sono sotto coprifuoco. Anche Silopi è sotto coprifuoco e oggetto attacchi continui da settimane. I quartieri curdi vengono attaccati con carri armati e bombardati con elicotteri. Le città curde sono circondate su ogni lato da truppe pesantemente armate, ingresso e uscita sono vietati, acqua ed elettricità sono state tagliate. Si susseguono continuamente notizie di altri morti e si sta concretamente prospettando il rischio di un massacro su vasta scala. Il Kurdistan sta vivendo una innegabile tragedia umanitaria.
Il governo turco sta portando avanti un massacro sotto gli occhi del mondo intero. Come persone e come democratici, dobbiamo rompere questo silenzio e rivendicare il rispetto dei diritti umani e la fine di questo massacro.
Il nostro appello si rivolge in primo luogo all’ONU,all’UE ,all’OSCE e a tutte le istituzioni internazionali, alle organizzazioni per i dei diritti umani e a tutte le persone di buona volontà.
• Chiediamo a tutti di partecipare alla lotta per porre fine all’isolamento che lo Stato turco impone al leader curdo Abdullah Ocalan e di avviare un vero processo di pace che porti ad una soluzione pacifica della questione curda. Anche se molti governi e associazioni internazionali hanno chiesto un processo di pace, nessuno di loro è intervenuto quando la Turchia non ha risposto a questo appello.
• Chiediamo a tutte le organizzazioni democratiche e agli organismi internazionali di prendere posizione contro l’AKP di Erdogan e la sua dittatura e di sostenere la resistenza del popolo curdo e la sua lotta per la democrazia.
• Fino a quando non sarà garantita la pace per il popolo curdo e non avrà fine l’attuale politica della Turchia in Siria e in Iraq, i paesi dell’UE si troveranno ad affrontare una minaccia. L’ISIS sta approfittando delle politiche della Turchia in Medio Oriente e ha causato orribili spargimenti di sangue anche nell’UE. Per fermare ISIS va condannato e fermato il sostegno della Turchia ad ISIS.
No al genocidio e alla negazione dell’esistenza del popolo curdo!
No ai massacri che AKP ed i suoi collaboratori stanno compiendo in Kurdistan!
Sosteniamo il popolo del Kurdistan, perché gestirsi autonomamente e vivere una vita libera e dignitosa nella propria terra!
Ufficio di Informazione del Kurdistan in Italia (UIKI Onlus)