[divider] 7 Febbraio 2013[/divider]Secondo Human Rights Watch l’ondata di arresti che nei giorni scorsi ha portato dietro le sbarre decine di avvocati per i diritti umani è frutto di un uso (e abuso) “arbitrario” della legge anti-terrorismo. La persecuzione degli avvocati è ormai diventata sistematica e rischia di compromettere il libero esercizio della professione.
di Elisa Piccioni-Osservatorio Iraq
“Difendere i diritti umani in Turchia non è mai stato così pericoloso come oggi”, denuncia Güray Dağ, membro dell’Associazione degli avvocati progressisti (Chd), conosciuta per aver assistito i più controversi casi di abuso di diritti umani in Turchia.
Dodici membri dell’associazione, compreso il presidente della sezione di Istanbul del Chd, Selcuk Kozagacli, sono stati arrestati tra il 18 e il 20 gennaio nell’ambito di un’operazione anti-terrorismo che ha portato un’ottantina di persone dietro le sbarre.
I raid sono scattati venerdì mattina presto nelle province di Ankara, Izmir e Istanbul. Le forze dell’ordine hanno fatto incursione in dozzine tra case e uffici, inclusa la sede del Chd e del People’s Law Office.
Per gli osservatori internazionali questi arresti sono particolarmente allarmanti. A finire dietro le sbarre sono importanti avvocati noti per il loro impegno a fianco delle vittime di violenza da parte della polizia e della repressione di Stato.
L’accusa è quella di avere legami con un’organizzazione di estrema sinistra, il Fronte rivoluzionario di liberazione del popolo (Dhkp/c).
Per Human Rights Watch, i fermati sarebbero però stati interrogati principalmente in merito alle loro attività di avvocato e, in particolare, a quelle legate al loro lavoro con il Chd.
Sempre secondo HRW, non vi sarebbe evidenza di un loro coinvolgimento in azioni violente, ma come prova sarebbe stata invocata la semplice partecipazione a manifestazioni e le attività svolte nell’esercizio della professione.
Lo stesso giorno, oltre agli avvocati, sono stati arrestati circa 80 attivisti per i diritti umani, tra cui alcuni musicisti della banda folk di sinistra “Grup Yorum”.
Due membri del gruppo, Selma Altin e Exgi Dilan Balci, erano già state arrestate e torturate lo scorso settembre per la loro attività a fianco di alcuni movimenti di contestazione, in quanto accusate di “propaganda terroristica”.
Anche il principale partito d’opposizione – il Partito repubblicano del popolo (Chp) – ha condannato gli arresti, accusando i giudici di essere “al servizio del governo”.
“Ogni volta che ci sono dei dissidenti, li perseguitano e li mettono dietro le sbarre. Che tipo di democrazia è questa?”, s’interroga il leader Kılıçdaroğlu.
PERCHÉ NON È UN CASO ISOLATO
Gli arresti di gennaio ricordano gli attacchi di novembre-dicembre 2011, durante i quali vennero arrestati 40 avvocati nell’ambito di una maxi operazione volta a smantellare l’Unione delle comunità curde (Kck).
Così come nel 2012, sono finiti dietro le sbarre più di 60 avvocati e almeno 35 potrebbero essere ancora in carcere.
Il 24 gennaio scorso invece, gli avvocati Filiz Kalaycı, Hasan Anlar, Halil İbrahim Vargün e Murat Vargün, arrestati e poi rilasciati nel maggio del 2009, sono stati definitivamente accusati di essere membri di “un’organizzazione armata illegale”, con pene che vanno dai sei ai sette anni di reclusione.
Il processo è stato seguito da Lawyers for Lawyers (L4L) e da Fair Trial Watch (FTW), che hanno espresso le loro preoccupazioni sulla definizione di alcuni reati e sull’ampia interpretazione da parte dei tribunali delle leggi anti-terrorismo.
Come si legge nel comunicato stampa dell’associazione, ad essere messe sotto accusa sono le attività di consulenza legale, le indagini sulla tortura e le denuncie degli avvocati. Tutte attività svolte nell’esercizio della professione.
Chi difende clienti accusati di reati legati al terrorismo o è impegnato nella difesa dei diritti umani, anche contro lo Stato, rischia quindi di venire perseguitato da procedimenti legali.
ANTI-TERRORISMO E DIRITTI UMANI
Gli avvocati per i diritti umani sono solo alcune delle vittime della normativa anti-terrorismo. Come dichiara Emma Sinclair-Webb di Hrw, “i dati ufficiali indicano che diverse migliaia di attivisti, studenti e giornalisti sarebbero ancora in prigione, molti senza aver commesso alcun reato collegabile al terrorismo”.
Nei primi mesi del 2013 – secondo quanto pubblicato in un report dell’agenzia di informazione Bianet -, sarebbero già 68 i giornalisti e 27 gli editori incarcerati con l’accusa di appartenere a “un’organizzazione illegale”.
Settantotto delle 97 persone arrestate lavoravano per media curdi. Il recente arresto di 11 giornalisti in diverse regioni della Turchia ha sollevato le critiche anche di Dunja Mijatovic, rappresentante per la libertà di stampa dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce), che ha chiesto alla Turchia di riformare immediatamente la legge anti-terrorismo.
Inoltre, in un recente rapporto sulla crisi della libertà di stampa in Turchia, il Comitato internazionale per la protezione dei giornalisti (Cpj) ha rilevato che il paese governato da 10 anni dal premier Recep Tayyip Erdogan, vanta il record mondiale di giornalisti in carcere, davanti a Cina e Iran.
Il governo di Ankara, sempre secondo il Cpj, “è impegnato in un’ampia offensiva per ridurre al silenzio la stampa critica attraverso la detenzione e l’intimidazione”.
Nel corso del 2012 alcune riforme sembravano indicare l’inizio di un percorso positivo nell’approccio dei diritti umani da parte del governo di Ankara.
Tra le misure adottate, la sospensione di alcuni processi e condanne per reati di opinione e la modifica delle sanzioni previste. A marzo era poi stata creata un’istituzione nazionale per i diritti umani, mentre a luglio era stata votata l’abolizione delle ‘corti speciali’.
Riforme che non hanno tuttavia ancora avuto un impatto significativo, mentre l’uso arbitrario della legge e l’eccessiva lunghezza dei procedimenti legali continuano a ledere i diritti fondamentali delle persone, dalla libertà di espressione e associazione al diritto ad un giusto processo.