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Kurdistan

Arabi si uniscono a milizia kurda ad Aleppo

[divider]9 febbraio 2013 [/divider]”Dicono che sono un traditore perchè mi sono unito ai Kurdi; dicono che ho dimenticato le mie origini e chi sono”, si lamenta Mohammed, combattente arabo che ha disertato l’Esercito Siriano Libero (FSA) per unirsi alle Unità Kurde di Protezione del Popolo (YPG).
“L’FSA ha dimenticato il suo obiettivo fondamentale, combattere contro il regime. In questo momento alcuni dei suoi membri stanno saccheggiando e minacciando i civili”, spiega il ventiduenne di Aleppo.

Le Unità Kurde di Protezione del Popolo (YPG) sono state istituite lo scorso Luglio, quando il Movimento Democratico del Kurdistan Occidentale (TEV-DEM) –organismo ombrello del Partito dell’Unione Democratica (PYD), il partito principale tra i Kurdi siriani, ed altre organizzazioni vicine al Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK)– ha assunto il controllo di alcune aree della Siria Settentrionale ed anche di alcuni quartieri a maggioranza kurda di Aleppo, Sheikh Maqsoud ed Ashrafiyeh.
Sebbene la maggior parte della milizia kurda sia costituita da donne ed uomini della stessa origine, non è raro trovare combattenti di diverse etnie e religioni tra le sue fila. A Qamishlo –680 chilometri a nord-est di Damasco– c’è un numero significativo di combattenti cristiani tra le YPG e l’arruolamento di arabi è in aumento nelle ultime settimane. Molti miliziani arabi che vivono a Sheikh Maqsoud ed Ashrafieyh hanno detto ad Al Jazeera di essersi uniti alle YPG perchè esse rappresentano l’unico gruppo armato nel distretto e, quindi, “l’unico modo per difendere le loro case ed attività”.
Tuttavia, esistono anche casi di giovani arabi provenienti da altre parti della città che hanno deciso di unirsi alla milizia kurda perché sono delusi dall’atteggiamento dell’FSA. Questo è il caso di Ahmed, 20 anni, proveniente dal quartiere di Salahaddin, nella zona sud-occidentale di Aleppo. Soltanto qualche giorno fa stava combattendo il regime di Bashar al-Assad all’interno delle fila dei ribelli. “Quando la rivolta ha raggiunto le porte della mia casa in Luglio, ho deciso di unirmi all’Esercito Siriano Libero. Per ottenere le migliori posizioni in prima linea, l’FSA ha scacciato molte famiglie dalle loro case e numerose persone sono state uccise. E’ stato così difficile, molti di loro erano miei vicini da quando ero bambino”, spiega il miliziano, con la faccia nascosta dietro ad una keffiyeh- la sciarpa locale.
“Un mese fa ho deciso di lasciare l’FSA e nascondermi ad Ashrafiyeh. Dopo aver incontrato alcuni membri delle YPG, ho deciso di entrare nelle loro unità. Mi sento il benvenuto perché le YPG non fanno distinzioni tra i diversi gruppi etnici, siamo trattati tutti nello stesso modo”, racconta il combattente.
“Ció che chiamamo Esercito Libero in realtà non lo è. Hanno stuprato le nostre mogli ed ucciso i nostri figli invece di proteggerci. Siamo venuti qui ed abbiamo scoperto che le persone sono migliori, ci consideriamo parte di loro. Non c’è nessuna differenza tra di loro e qualsiasi altro cittadino siriano”, afferma questo nuovo miliziano delle YPG.

Recentemente, l’inglese The Guardian ha documentato come i saccheggi e le alleanze che si sono divise minaccino di distruggere l’unità dell’FSA. L’arrivo dell’inverno e la mancanza di munizioni di cui impadronirsi dall’Esercito Siriano hanno posto una nuova sfida per i combattenti ribelli. Il saccheggio ed il mercato nero si sono trasformati in un importante metodo di finanziamento per certe brigate ribelli. Inoltre, in un video pubblicato dal New York Times, si puó vedere come i civili all’interno di un panificio di Aleppo gridino contro l’FSA, accusandolo di rubare invece che di sostenere l’istituzione di un’esercito islamico.

Tensione tra le YPG ed i gruppi ribelli

Questi sono i primi casi documentati di disertori dell’Esercito Siriano Libero che si sono uniti alla milizia kurda. Finora, coloro che avevano abbandonato l’FSA erano stati principalmente motivati da convinzioni religiose ed erano stati integrati all’interno di milizie islamiche, come il fronte Al-Nusra o il Ghuraba al-Sham. Presumibilmente legati ad Al Qaida, questi due gruppi stanno combattendo contro le YPG nella città settentrionale di Ras al-Ayn, proprio sul confine turco.

“Di recente sono arrivati alcuni gruppi che provengono da qualche altra parte, all’esterno del confine, vantando un programma politico diverso dal nostro. Questi gruppi che provengono dall’esterno sono formazioni religiose, salafiti, jihadisti… stanno cercando di suscitare tensioni tra i siriani, specialmente tra i Kurdi e gli Arabi”, spiega Hassan, principale leader politico del Partito dell’Unione Democratica (PYD) ad Aleppo. “Questi gruppi hanno un programma in favore della Turchia. Ankara li sostiene, per sedare la lotta kurda in Siria e nel Kurdistan Occidentale”, aggiunge.

La prospettiva di un’autonomia kurda, come già esiste in Iraq, fa suonare campanelli d’allarme per la Turchia, uno degli stati chiave che sostengono i ribelli che cercano di rovesciare Assad ed un paese in cui i ribelli kurdi stanno intraprendendo una violenta lotta per l’auto-determinazione nel corso degli ultimi 28 anni.
La Turchia è sempre più preoccupata del fatto che il caos in Siria aprirà una nuova base per i ribelli kurdi, essa premerà in favore della loro lotta per l’auto-governo. Il PKK sta lottando per i diritti dei Kurdi da oltre trent’anni.

“Sostengo le YPG perchè la loro priorità è difendere i civili e per questa ragione staró dalla loro parte finchè la guerra non sarà finita”, dice Ali, un giovane combattente arabo del quartiere di Sukkari, nella zona meridionale di Aleppo. Molti come lui hanno deciso di passare dall’altra parte, fatto che spesso conduce a spezzare i legami familiari e le amicizie in un modo che “non ha ritorno”. La maggior parte dei combattenti anti-regime rivendica che le YPG stiano combattendo a fianco delle forze di Assad, e quindi arruolarsi nella milizia kurda armata viene interpretato come un atto di alto tradimento.

“Per i nuovi arrivati è facile sentirsi integrati perchè i comandanti hanno cercato di comunicare e fornire tutte le informazioni in arabo per evitare equivoci”, ricorda Faiq, un combattente di stanza presso un posto di blocco nel quartiere di Ashrafiye, ad Aleppo.

Dall’inizio della rivolta siriana, il PYD ha sottolineato la sua opposizione al regime e, nel caso di Aleppo, le YPG hanno scelto una strategia difensiva per evitare che i combattimenti tra il regime e l’FSA colpiscano Ahsrafiyeh e Sheikh Maqsoud. Tuttavia, sono stati segnalati feroci scontri lo scorso Ottobre tra la Brigata Salahaddin dell’FSA e la milizia kurda all’interno del quartiere di Ashrafiyeh. Quasi 20 persone sono state uccise e ci sono stati decine di prigionieri da entrambe le parti. “I combattenti kurdi di questa brigata sono mercenari sostenuti dalla Turchia”, si lamenta Hassan, leader principale del PYD. A distanza di settimane dopo la firma dell’accordo per un cessate il fuoco, le tensioni sono ancora alte tra l’FSA e le YPG.
“La gente sa il motivo per cui stiamo combattendo, e quindi qualsiasi siriano arabo, kurdo, armeno, uomo o donna che condivide i nostri obiettivi è il benvenuto. Questa non è una lotta settaria. E’ una lotta ideologica”, conclude Hassan dal suo ufficio a Sheikh Maqsoud.

David Meseguer *, Aleppo

* Questo articolo è stato originariamente pubblicato nel sito web di David Meseguer: www.davidmeseguer.com

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