Studenti tedeschi arrestati e vessati nella città curdo-turca di Diyarbakir. Un colloquio con Müzgin Ronahi-Müzgin Ronahi (nome modificato), 24, ha fatto parte della delegazione di studenti provenienti dalla Germania che si è recata a Diyabarkir per la festa del Newroz. Si trova ancora nella città curdo-turca
Manifestazione giovedì 24 marzo alle 17.00 a Francoforte sul Meno, Stazione centrale
Da diverse città della Germania 29 studenti si erano recati in Turchia, alcuni di loro fanno parte dell’associazione degli studenti provenienti dal Kurdistan (YXK): cinque sono stati respinti direttamente, altri quattro, dei quali fa parte anche lei, sono stati arrestati dalla polizia a Diyabarkir e trattenuti per ore. Per quale ragione?
Dopo aver festeggiato il Newroz in un quartiere periferico di Diyarbakir, lunedì verso le 15.30 ci siamo recati in taxi a Baglar. Per questo quartiere negli ultimi sei giorni c’era un coprifuoco. L’esercito turco qui aveva ucciso cinque giovani, in molti punti si vedono fori di proiettile. Lunedì era stato revocato lo stato di emergenza, l’accesso al quartiere era di nuovo libero. Tuttavia singole zone erano chiuse, per esempio i soldati circondavano e occupavano aree intorno a un’ex-scuola curda e una casa del popolo curda. Lì la polizia ci ha fermati. I funzionari ci hanno puntato in faccia le canne dei fucili e ci hanno chiesto se non sapevano quanto fosse pericoloso qui. Poi quattro di noi sono stati portati in carcere dalle unità speciali anti-terrorismo.
Come si è svolto il viaggio?
Il mio accompagnatore, che è cittadino turco, e io siamo stati offesi per tutto il tempo. »Vi fottiamo«, dicevano tutto il tempo. Uno dei poliziotti mi ha sputato in faccia. Era vero e proprio terrorismo psicologico: Prima hanno detto: “Guardaci quando parli!” Se guardavamo dicevano: “Cosa hai da guardare? Vedi di guardare altrove.” Ci facevano sentire musica di marce nazionaliste turche. Uno ci ha urlato addosso “Allahu Akbar”. Nelle aree progressiste in Turchia si sa: delle unità speciali per la cosiddetta lotta al terrorismo fanno parte sia criminali sia seguaci o ex miliziani dell’IS. I due attivisti in una seconda macchina poi hanno riferito di essere stati picchiati.
Cosa è successo nel carcere?
Siamo stati trattenuti per sette ore nella stazione di polizia addetta all’anti-terrorismo. Lì dovevamo stare in piedi in un corridoio con la faccia verso il muro, in fila con altri giovani. Non potevamo parlarci, non potevamo sederci. Siamo stati accusati di aver fatto appello a organizzarsi per fini terroristici, come più tardi ci ha riferito la nostra avvocata. I poliziotti ci avevano trovato un invito alla festa per il Newroz sul quale era scritto un turco e in curdo la frase “per una Turchia libera e democratica “. Nel mio caso sostenevano di avermi vista in altre città dove c’erano stati scontri.
Qual è la situazione attuale a Diyarbakir?
Al momento non c’è più coprifuoco. Ma agli ingressi delle mura di cinta della città vecchia si trovano posti di blocco della polizia. Le persone vengono fermate arbitrariamente o rimandate indietro. Vengono perquisite borse, sequestrati bracciali, fasce o sciarpe con i colori della bandiera curda. Soprattutto non si vuole lasciare che europei vadano nelle zone curde dove ci sono stati scontri tra le nuove unità di difesa civili dei curdi chiamate YPS e le cosiddette unità anti-terrorismo.
Giovedì a Francoforte sul Meno è prevista una manifestazione con le parole d‘ordine “La Germania si rende corresponsabile “, si chiede di mettere fine alla complicità con il regime turco …
Sosteniamo le loro richieste: libertà per tutti i prigionieri politici, rimozione del divieto di attività per il Partito dei Lavoratori del Kurdistan PKK, fermare le forniture di armi alla Turchia. L’UE e la Germania diventano corresponsabili perché si limitano a osservare le violazioni dei diritti mani nelle zone curde della Turchia, solo per tenere lontani i profughi. Eppure lo Stato turco tratta anche i profughi in un modo che non rispetta affatto la dignità umana. Tenere i profughi fuori dai piedi sostenendo questo regime con sei miliardi di Euro dell‘UE è assurdo. Perché è proprio la politica di guerra del governo di Ankara in Siria e nel Kurdistan settentrionale che determina il movimento dei profughi.
Intervista: Gitta Düperthal
Junge Welt