Il componente del Consiglio Esecutivo del Congresso Nazionale del Kurdistan ( KNK) Adem Uzun ha accusato i paesi occidentali di essere corresponsabili per quello che ha chiamato “l’ascesa della dittatura di Erdogan in Turchia.”
Parlando con Sidar Dersim per Yeni Ozgur Politika, Uzun ha fornito una valutazione delle attività della sua organizzazione nel 2016 e ha detto che i curdi hanno conseguito importanti conquiste nella sfera diplomatica.
Uzun ha detto che da una “diplomazia negativa” incentrata sulla vittimizzazione sono ritornati a una “diplomazia positiva” centrata sullo spiegare il progetto sociale che stanno implementando nel mondo.
Il componente del KNK ha anche criticato la posizione “ipocrita” degli Stati europei rispetto alla Turchia: “Alcuni funzionari degli Stati dell’EU stanno dicendo che se aspetteranno ancora sarà impossibile fermare Erdogan, ma non stanno facendo niente.”
Di seguito una versione editata dell’intervista, che originariamente è stata pubblicata in turco.
Può darci una valutazione sul lavoro diplomatico che avete fatto nei confronti delle istituzioni europee nel 2016?
Il 2016, come in altre sfere, è stato un anno molto difficile di lotta nell’ambito diplomatico. Siamo arrivati a un faccia a faccia con lo stato turco e altri colonialisti in quell’area, come in altre aree. Abbiamo presentato all’opinione pubblica, agli Stati e alle istituzioni internazionali rilevanti documenti e informazioni sull’isolamento e il trattamento disumano riservato al leader del popolo curdo Abdullah Öcalan, all’occupazione del Rojava, ai tentativi di subentrare nel Kurdistan del sud [KRG] e alla guerra e ai crimini contro i diritti umani dello Stato turco nelle città curde che hanno dichiarato l’autogoverno. Malgrado carenze siamo riusciti a smascherare lo Stato turco.
Questi Stati che approccio hanno avuto alla questione?
Sono stati ipocriti. Malgrado alcuni risultati postivi, gli Stati non hanno compiuto passi seri come sanzioni nei confronti dello Stato turco, questo dipende da interessi economici, politici e militari. Anche questi Stati UE hanno delle responsabilità nel viaggio di Erdogan verso la dittatura perché lui ha tratto coraggio dalle loro politiche tardive, inefficaci e miopi. Alcuni funzionari degli Stati UE stanno dicendo che se tardano ancora sarà impossibile fermare Erdogan, ma non stanno facendo niente.”
Anche le conquiste curde nel Rojava sono state importanti come ordine del giorno dal punto di vista diplomatico. Quali sono gli sviluppi a questo riguardo?
La divulgazione e legittimazione della lotta e del sistema nel Rojava è stato argomento importante. Abbiamo cercato di sostenere il lavoro già fatto per questo. Possiamo tranquillamente dire che il Rojava è stato accettato come un fatto e interlocutore in ambito internazionale. Questo basta? No, ma nel 2016 ci sono stati importanti sviluppi.
Com’è fatta la struttura della vostra organizzazione, il KNK?
Il comitato diplomatico congiunto del KNK è formato da quasi tutti i partiti curdi – eccetto il KDP – anche organizzazioni assire-siriache e yezide fanno parte del nostro comitato. È impegnato a lavorare per tutte le quattro parti del Kurdistan. Abbiamo relazioni con rappresentanti UE, ONU e degli USA. Lavoriamo anche in America Latina e in Sud Africa.
Quali sono alcune delle differenze nel lavoro che avete fatto nel 2016 rispetto agli anni precedenti?
Stiamo migliorando e acquisendo esperienza in quello che chiamiamo ‘diplomazia dei popoli’ [basata sul formare legami e relazioni con il pubblico anziché con le istituzioni statali]. Persone di molti Paesi diversi ora stanno mostrando interesse. È importante trasformare questo in amicizie durature. C’è stato un miglioramento in questo senso nel 2016 e gli amici dei curdi hanno formato comitati, ricevuto formazione e visitato il Kurdistan per essere testimoni degli sviluppi sul posto. Anche i media internazionali hanno mostrato più attenzione per quello che sta succedendo in Kurdistan nel 2016.
Finora il discorso della nostra diplomazia era negativo e si basava sulla vittimizzazione dei curdi. Davano costantemente voce alle violazioni e agli abusi che i curdi affrontavano. Sì, era vero, ma non ci si può impegnare in diplomazia solo basandosi su questo. Ora da un po’ di tempo abbiamo condotto una ‘diplomazia positiva.’ Stiamo parlando dei nostri progetti, formando relazioni basate sulla realizzazione di questi progetti e negoziando. Così siamo diventati un attore al tavolo.
I curdi non sono più un oggetto al quale altri possono assegnare ruoli. Ora sono una forza attiva e un attore nella regione. Stiamo lavorando e agendo con questa consapevolezza. I curdi ora stanno vivendo un periodo rivoluzionario, o il loro ‘periodo d’oro’ perché il loro precedente status quo contrario ai curdi si è sgretolato e ora tutti gli equilibri politici vengono ricreati. Questo fornisce ai curdi grandi opportunità in tutti gli ambiti, compresa la diplomazia e le relazioni con l’estero.
Quindi cosa si può fare per una diplomazia più efficace, sia a livello centrale che locale?
La lotta nel Kurdistan e il Movimento di Liberazione non sono stati rappresentati nel modo che meritano e in modo corretto a livello internazionale. Come popolo siamo nuovi in molti settori e ci manca l’esperienza, questo è vero anche per quanto riguarda la diplomazia. Non abbiamo istituzioni per l’istruzione, università, ecc. nel senso normale e di recente abbiamo iniziato a costruirle. Stiamo imparando apprendendo per tentativi e anche se non siamo arrivati dove vogliamo arrivare, abbiamo compiuto passi importanti.
Ovviamente non abbiamo il budget e il personale necessario per l’entità del lavoro che facciamo. Non abbiamo i mezzi che hanno i nostri avversari. Anche per questo la nostra prospettiva principale è la ‘diplomazia dei popoli’, perché per superare i nostri problemi stiamo estendendo il nostro lavoro al livello locale. Stiamo trasformando le nostre carenze in forza. Abbiamo anche dei vantaggi ovviamente. Abbiamo ragione e stiamo difendendo una giusta causa.
Qual è il ruolo delle donne curde e della gioventù curda nella diplomazia?
Dato che il Movimento di Liberazione si è sviluppato, la donna curda è arrivata nella prima linea della lotta. I 30 anni di lotta, organizzazione e sviluppo delle donne curde sono leggendari e di importanza storica.
Oggi il Movimento delle Donne del Kurdistan è noto e rispettato a livello internazionale. Dal punto di vista diplomatico ci sono cose importanti che può fare e loro ne sono consapevoli. Hanno le organizzazioni per gli affari esteri e lavorano anche con noi. C’è potenziale per grandi conquiste da questo punto di vista. Trovare risposte per alcuni delle contraddizioni e dei conflitti fondamentali usando ‘l’ideologia delle donne libere’ del movimento curdo può portate questa lotta al centro dell’attenzione. Prima le donne venivano solo applaudite per il loro combattere e l’autodifesa ma ora la gente vuole conoscere il paradigma e il suo fondatore [Ocalan]. Io penso che questo sia molto importante. I curdi ora stanno proponendo soluzioni e progetti per le contraddizioni e i conflitti nel mondo.
D’altro canto ci sono decine di migliaia di studenti curdi che vivono in Europa. C’è anche un gruppo in crescita di accademici curdi. Se queste aree diventano attive, questo è un grande potenziale per il lavoro di lobby e la diplomazia. Anche questo fa parte della diplomazia dei popoli.
Quali sono le vostre relazioni con altri partiti curdi e organizzazioni curde delle altre parti del Kurdistan?
Il KNK esiste da 18 anni e ha un Comitato per gli Affari Esteri sin dalla sua fondazione. Ma non pensavamo e non pensiamo che questo sia sufficiente. Con l’attacco dello Stato Islamico a Sinjar e al Kurdistan del sud, si è determinata un’opportunità per lavorare con altre organizzazioni in ambito diplomatico. Nel 2014 abbiamo formato il Comitato Diplomatico Congiunto dei Partiti Politici del Kurdistan sotto l’egida del KNK. Da allora abbiamo lavorato con i comitati per le relazioni estere di oltre 30 organizzazioni. Con l’inclusione di altre organizzazioni, questo comitato continua a crescere e viene preso più sul serio. Questa è la prima volta che una cosa del genere viene fatta nella storia del Kurdistan e ha bisogno di essere sviluppata.
E infine, cosa succede rispetto alle richieste degli yezidi e degli altri popoli che vivono in Kurdistan?
Sviluppi nelle quattro parti del Kurdistan, i problemi che affronta il nostro popolo yezida, la situazione delle comunità assiro-siriache-caldee, sono sempre sul nostro ordine del giorno. Per questo abbiamo formato, insieme al gruppo degli amici dei curdi, due gruppi per i popoli siriaco e yezida nel Parlamento UE.
Nel 2016 abbiamo cercato di essere attivi in tutte le aree e affrontiamo tutte le questioni che ci riguardano. Abbiamo anche cercato di migliorare i nostri comitati diplomatici a livello locale e di allargare la ‘diplomazia dei popoli’. Anche se ci sono spazi per il miglioramento, penso che abbiamo fatto un buon lavoro.
Il Congresso Nazionale del Kurdistan (KNK) è una coalizione di organizzazioni in tutta l’Europa formata da politici, avvocati e attivisti curdi in esilio.
Fonte: Yeni Ozgur Politika