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President Donald Trump XXXX Turkish President Recep Tayyip Erdogan xxxx at the White House, Tuesday, May 16, 2017, in Washington. (AP Photo/Evan Vucci)

Kurdistan

Turchia, Amnesty: Erdogan vuole annientare giornalismo indipendente. E lui vola da Trump per appianare divergenze

Il giornalismo indipendente in Turchia è sotto attacco, a ribadirlo è Andrew Gardner, ricercatore di Amnesty International sulla Turchia, commentando la notizia dell’arresto di Oğuz Güven, direttore dell’edizione online del quotidiano turco Cumhuriyet. “Le notizie secondo cui Oğuz Güven sarebbe stato arrestato sulla base di un semplice titolo – ha sottolineato in una nota Gardner – riflette la nuova terrificante realtà di un paese in cui si può finire in carcere anche per una parola fuori posto. Il suo arresto segna un altro giorno nero per il giornalismo in Turchia, paese che dallo scorso anno vanta il triste primato di essere il carcere più grande al mondo per gli operatori dell’informazione”. A cinque giorni dal fermo, Guven è ancora in carcere nonostante sia stato interrogato in merito a quanto scritto sulla morte di un procuratore della provincia di Denizli. Il suo avvocato ritiene che il giornalista sia ancora trattenuto per altre questioni.

La Turchia, come ha evidenziato la stessa Amnesty in un recente rapporto intitolato “Il giornalismo non è un crimine”, si conferma il paese con più arresti di giornalisti al mondo. Un terzo dei giornalisti, operatori dei media e conduttori televisivi imprigionati nel mondo si trova nelle prigioni turche, alcuni senza processo. Lo stato d’emergenza, tuttora operante, è stato dichiarato a luglio a seguito di un violento tentativo di golpe, di cui le autorità accusano i seguaci del religioso Fethullah Gülen.

“Da quando, dopo il tentato colpo di stato del luglio scorso, si è intensificato il giro di vite nei confronti della stampa, le autorità turche non hanno smesso un attimo di dare la caccia a Cumhuriyet, oggi uno dei pochi quotidiani d’opposizione ancora aperti – ha commentato Andrew Gardner. – Sono già 12 i giornalisti di Cumhuriyet in carcere in attesa del processo e l’arresto di Oğuz Güven è un’ulteriore dimostrazione dell’intenzione delle autorità turche di eliminare definitivamente il giornalismo indipendente”, ha concluso Gardner. Nelle carceri in Turchia al momento sono oltre 150 gli operatori dell’informazione trattenuti con l’accusa di terrorismo o di spionaggio, come la collega tedesca di origini turche Mesale Tolu, come Deniz Yucel.

Tutti loro sono accusati di “propaganda terroristica” e di essere addirittura membri di un’organizzazione sovversiva. Ma nel mirino del presidente turco Recep Tayyip Erdogan, che in queste ore è negli Stati Uniti per incontrare Donald Trump, non ci sono solo i giornalisti, militari e i funzionari pubblici. Soltanto nell’ultima settimana sono state arrestate circa 900 persone accusate di legami con la presunta rete golpista di Gulen.

La direttrice generale di Amnesty International Usa, Margaret Huang, in occasione dell’incontro alla Casa bianca, ha evidenziato quanto sia vergognoso il silenzio degli Stati Uniti sull’allarmante giro di vite nei confronti della stampa turca e altre migliaia di persone.“Siamo di fronte a un preoccupante esempio del disprezzo che il presidente Trump nutre per i diritti umani: annullare la libertà di stampa e di manifestazione non è cosa da celebrare”.

“L’incontro della Casa bianca è un’opportunità per accendere i riflettori sul modo in cui il presidente Trump e il presidente Erdogan stanno contribuendo a un clima globale di politiche velenose e disumanizzanti nonché sul grave deterioramento della situazione dei diritti umani”. Quello in corso in queste ore è il primo incontro di Erdogan con il neo inquilino della Casa Bianca. Un bilaterale che, in base a quanto dichiarato dallo stesso presidente turco, servirà “a mettere dei punti e non delle virgole”.

Nell’ultima settimana la tensione tra i due Paesi è salita in seguito all’annuncio da parte Usa di voler armare i curdi siriani del Pyd-Ypg. Una decisione fortemente avversata da Ankara, che aveva riposto grandi aspettative nei confronti della presidenza Trump, dopo che il sostegno fornito in precedenza dall’amministrazione di Barack Obama alla resistenza curda aveva più volte creato attrito tra i due Paesi.

Lettera 21

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