La Turchia emana nuovi decreti emergenziali, tra cui impunità per persone che procedono contro »golpisti«. Colloquio con Mako Qocgiri
Sulla base dello stato di emergenza il governo turco per la fine dell’anno ha varato altri due decreti di emergenza. Domenica 24 dicembre, questi decreti n. 695 e 696 sono entrati in vigore. L’opposizione e gli avvocati parlano di »decreti per la guerra civile«, che colpiscono in particolare i prigionieri politici. Cosa riguardano?
Il Presidente Recep Tayyip Erdogan ha emanato queste disposizioni con carattere di legge bypassando il Parlamento. Secondo il decreto 695 i detenuti in carcerazione preventiva e definitiva per le udienze in tribunale devono presentarsi indossando una tuta unitaria. I prigionieri politici hanno comunicato alle loro famiglie e ai loro avvocati che faranno resistenza e che butteranno le divise del carcere. Il decreto 696 è ancora più controverso. Si tratta dell’impunità per omicidi di critici di Erdogan. Chi durante il tentativo di golpe nella notte tra il 15 e il 16 luglio 2016 ha ferito, torturato e assassinato i soldati golpisti non dovrà più renderne conto.
Il decreto 696 sarà valido anche per casi futuri.
Il governo emana un decreto di emergenza secondo il quale azioni contro il tentativo di golpe così come contro »la sua prosecuzione« non dovranno più essere punite. Unità e teppe paramilitari che in futuro procederanno contro presunti »terroristi« in futuro resteranno impuniti. Questo significa un salvacondotto per reati del genere. L’omicidio di un oppositore non dovrà avere conseguenze.
Queste disposizioni nello stato di emergenza non possono essere contestate dalla Corte Costituzionale, un’approvazione da parte del Parlamento è necessaria solo a posteriori. L’opposizione è paralizzata dalla paura o la gente scenderà in piazza?
L’HDP orientato a sinistra nonostante la difficile situazione si è riunto – anche se dodici deputati sono in carcere, tra cui i co-Presidenti Selahattin Demirtas e Figen Yüksekdag. Ha invitato alla protesa.
Quale segnale manda Erdogan se da un lato libera alcuni prigionieri tedeschi, dall’altro vara decreti di emergenza?
È incastrato, l’approvazione da parte della popolazione sta scemando. Cerca di crearsi margini di manovra. Dal punto di vista della politica estera cerca di andare incontro ad altri Stati per poter allo stesso tempo procedere in modo più repressivo all‘interno. L’arbitrio funziona così: la cittadina tedesca Mesale Tolu è stata liberata, ma contemporaneamente sono stati arresti altri iscritti dell‘HPD. Per Erdogan il punto è continuare indisturbato ad ampliare le sue unità paramilitari e con loro il suo potere.
Aveva pianificato di distruggere il PKK in Turchia perché da quella parte nessuno potesse più parlare liberamente. Non ci è riuscito. Ora però si vede che l’umore della popolazione con la repressione in crescita costante può ribaltarsi. Erdogan fomenta la guerra civile per poter abbattere con la violenza proteste democratiche.
Il Presidente Frank-Walter Steinmeier secondo l’agenzia Reuters all’inizio di dicembre ha parlato con Erdogan di una normalizzazione dei rapporti tra i due Paesi. Cosa ne pensa?
Se il governo tedesco chiude gli occhi davanti al fatto che la Turchia sta procedendo con passi dittatoriali, dimostra un disinteresse che ci sembra preoccupante. Altrettanto se tace collettivamente in proposito e migliora perfino le relazioni mentre vengono varate decisioni del genere.
La Turchia ha firmato la Convenzione Europea sui Diritti Umani. I nuovi decreti sono in chiara contraddizione. Come dovrebbe reagire il Parlamento UE?
Noi ci aspettiamo che il Parlamento UE critichi apertamente l’operato di Erdogan e avvii delle sanzioni. Un anno e mezzo dopo il tentativo di golpe non si deve abusare dello stato di emergenza in Turchia per costruire una dittatura. Il primo passo deve essere quello di non fornire più armi alla Turchia con le quali Erdogan minaccia i curdi e l’opposizione politica.
Mako Qocgiri – portavoce del centro curdo per il lavoro con il pubblico „Kurdisches Zentrum für Öffentlichkeitsarbeit Civaka Azad”
Intervista: Gitta Düperthal
Junge Welt