Jinwar: nel Rojava nasce un villaggio nel quale non sono gli uomini a comandare. Colloquio con Lisa Schelm- Lisa Schelm – il nome è uno pseudonimo scelto per motivi di sicurezza – è stata attiva per molti anni nella sinistra tedesca. Nel 2016 ha deciso di andare nel nord della Siria, in Rojava. Lì ha lavorato in strutture di donne, tra cui il villaggio costruito dalle donne Jinwar
Lei ha passato oltre un anno in Siria del nord, sicuramente un periodo non sempre semplice. Cosa l’ha spinta ad andarci?
Ci sono state diverse ragioni. Forse la cosa più importante è stata che sono stata politicamente attiva in Germania per molti anni. Alla fine non riuscivo quasi più a vedere sviluppi. Alla ricerca di prospettive ho incontrato il movimento curdo. E mi è sembrato che le loro idee avessero un grande potenziale. In seguito ho lavorato per diverso tempo con curde e curdi, poi ho deciso di andare dove si cerca di mettere in pratica il progetto di una democrazia dal basso con parità tra i generi. Nella sinistra tedesca spesso ci è mancata la speranza che un cambiamento sia ancora possibile. Ma nel Rojava ora si sta costruendo una nuova società.
Lei ha fatto parte delle strutture organizzate delle donne nel Rojava. Cosa ha notato di diverso rispetto alla Germania?
Si tratta di un movimento che lavora con la propria società e che è radicato nella società. Non si tratta di chiudersi e di ritirarsi in una cerchia di persone che la pensano allo stesso modo. Si vuole davvero raggiungere l’intera società. E questo si vede soprattutto dal lavoro delle donne.
Le donne che ho incontrato nel Rojava mi hanno colpita molto. Venivano da tutti i ceti sociali. Sono personalità molto emotive e cordiali, ma ciononostante incredibilmente forti che vivono per quello che dicono. Per me è stato bello vedere come in particolare le ragazze giovani si rafforzano, costruiscono qualcosa a partire dalle proprie forze.
Uno dei progetti noti nella lotta per la liberazione di genere è il villaggio delle donne Jinwar. Cos’è, quali sono le intenzioni?
La progettazione per Jinwar, quindi in villaggio solo per donne, è iniziata alcuni anni fa. È iniziata con il fatto che alcune donne si sono messe insieme e hanno riflettuto: Cosa serve alle donne qui? Poi è stato deciso di creare un luogo nel quale le donne possono realizzarsi e vivere liberamente. Un anno fa alla fine è iniziata la costruzione di Jinwar. A marzo, aprile, verranno abitate le prime case.
La liberazione delle donne fa parte dei principi della rivoluzione nel Rojava. A Jinwar questo diventa visibile in modo molto concreto. Qui vivono donne che a causa della guerra hanno perso le loro famiglie. Ma del tipo che non vuole corrispondere ai classici modelli di ruolo, che quindi non sposarsi, vivere per la famiglia e occuparsi della casa. La cosa bella è quanto sono diverse tra loro le donne che lavorano al progetto. Vengono da ceti sociali e generazioni diverse, sono donne curde così come arabe.
Jinwar dovrà essere un luogo dove le donne possono diventare tutto ciò che vogliono. Decideranno da sé, avranno potere di decidere e di imparare da sé. Con la convivenza nel villaggio delle donne si vuole realizzare un pezzo di un’utopia.
Per quante donne è previsto il villaggio?
Possono viverci da 60 a 100 persone. Una parte degli abitanti saranno bambini e bambine, perché ci abiteranno anche donne sole con figli. Ma Jinwar è solo l’inizio. È un progetto pilota. Si vuole provare, sperimentare, ma in seguito dovranno nascere altri luoghi del genere.
Gli uomini possono entrare nel villaggio?
Sarà aperto agli uomini. Ma non potranno viverci degli uomini e tutte le decisioni nel villaggio vengono prese dalle donne. Ma agli uomini non è vietato fare una visita. L’idea infatti è che la società può cambiare nel suo complesso. E questo non spetta solo alle donne, ma appunto anche agli uomini. E per loro è un’esperienza importante conoscere donne che scoprono la propria forza. Questo allarga le prospettive degli uomini. Alla fine tutto questo si vedrà quando in primavera le prime donne andranno a vivere nel villaggio perché saranno loro a decidere come vorranno impostare il villaggio.
Intervista: Peter Schaber
Junge Welt