I difensori curdi della città puntano sulla pressione internazionale e sull’intervento di Washington o di Mosca- Da martedì le truppe turche e i loro alleati dell’ »Esercito Siriano Libero « (ESL) hanno chiuso l’anello di accerchiamento intorno alla città di Afrin nel nord della Siria. Ora lì sono imbottigliate circa 800.000 persone. L’approvvigionamento di acqua dall’esterno, dopo l’occupazione della diga di Meydanke da parte dell’esercito turco è stato interrotto, così i collegamenti telefonici con fuoco mirato sui pali sui ripetitori della telefonia cellulare. È iniziato uno spostamento in fuga attraverso un ultimo corridoio largo pochi chilometri, in direzione di aree del Paese sotto il controllo delle forze del regime siriano. Contemporaneamente attivisti civili da altre regioni della Siria del nord ora arrivano in città come »scudi umani«.
Per settimane gli invasori turchi e i loro alleati, per via delle forti resistenze delle Forze Siriane Democratiche (FSD) createsi intorno alle Unità di Difesa del Popolo e delle Donne YPG/YPJ curde, sono riusciti a avanzare solo per pochi chilometri e a mettere sotto il proprio controllo alcuni villaggi di confine. La svolta è arrivata solo con l’occupazione del villaggio di Jindires con una posizione strategicamente importante a sudovest della capitale cantonale Afrin, che dopo bombardamenti aerei durati per settimane, alla fine della settimana scorsa è stata sgomberata dalle YPG/YPJ. Anche dozzine di combattenti delle Forze di Difesa Nazionali (FDN) leali al Presidente siriano Bashar al-Assad, arrivate a Afrin per la protezione dei confini siriani, sono stati uccisi dagli attacchi aerei. Le NDF rimaste, nel fine settimana si sono ritirate da Afrin. Da parte del governo siriano non c’è stata alcuna reazione al bombardamento delle sue milizie, la protezione anti-aerea non faceva parte del pacchetto di difesa delle YPG con Damasco.
Le FSD la settimana scorsa avevano dichiarato di aver perso meno di 300 combattenti. Secondo quanto da loro dichiarato, nella zona cittadina di Afrin si trovano tra gli 8.000 e i 10.000 combattenti FSD, a questi si aggiungono migliaia di civili addestrati per l’autodifesa in armi. I difensori inoltre hanno potuto prepararsi per anni alla situazione attuale e costruire tunnel e bunker nella città. Che ora le truppe turche inizino un assalto al territorio cittadino dal punto di vista militare appare quindi improbabile. Perché i Guerrieri di Dio finora mandati avanti come carne da cannone, sono piuttosto inadatti ai combattimenti casa per casa. Per evitare perdite elevate nelle unità speciali della polizia militare appositamente addestrate, l’esercito turco probabilmente punterà su un assedio prolungato, insieme a attacchi aerei e a un lento avanzamento delle proprie trippe dai margini verso il centro cittadino, per lasciare che la città si dissanguai.
Il rischioso calcolo delle FDS, ora concentrate nel territorio cittadino dopo una ritirata tattica dal territorio circostante, consiste nel fatto di indurre, attraverso il richiamo alla minaccia di un »genocidio« e la mobilitazione di curdi e forze progressiste in tutto il mondo, una delle grandi potenze a intervenire. Nel caso della città di Kobani assediata da Stato Islamico (IS) questa strategia nell’autunno del 2014 aveva dato frutti. Gli USA all’epoca, a seguito di proteste internazionali erano stati costretti a intervenire militarmente in favore della città che già veniva data per persa.
Pressione sugli USA potrebbe inoltre essere esercitata dallo spostamento di migliaia di combattenti delle FSD da Deir Al-Zor verso Afrin. La lotta contro gli ultimi bastioni di IS nel deserto mesopotamico per questo attualmente è dovuta soccombere. Martedì, con l’ex capo della CIA Michael »Mike« Pompeo, è stato nominato Ministro degli Esteri degli USA un critico esplicito del governo turco, da lui definito nel 2016 come »dittatura islamica totalitaria«. Questo potrebbe far sperare i difensori di Afrin. Il predecessore di Pompeo, Rex Tillerson invece aveva appena fatto concessioni verbali sul contenimento delle YPG in altre regioni del nord della Siria. Che gli USA a Afrin procedano militarmente contro la Turchia come alleato della NATO, sembra però da escludere. Così le proteste dei curdi con la richiesta di una zona di divieto di volo su Afrin, attualmente si concentrano su rappresentanze diplomatiche della Russia.
di Nick Brauns
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