Un silenzio spaventoso dei media ufficiali ha segnato la guerra di aggressione pianificata ed attuata negli ultimi due mesi dal governo turco nei confronti della città di Afrin, in Siria del Nord. Un silenzio complice. Migliaia di morti, oltre 200mila profughi, torture sui civili sono i primi effetti del vigliacco attacco turco sulla città di Afrin. L’ennesimo vergogonoso atto di una guerra che in Siria dura da ormai 7 anni, una guerra in cui i paesi occidentali, ma anche Arabia Saudita e altre petromonarchie, sono continuamente intervenuti a suon di bombardamenti, diffondendo false notizie e vendendo armi e sistemi militari alle parti in campo proprie alleate. Per il capitale la guerra si conferma il miglior business, come sempre sulla pelle dei più poveri.
Una guerra mondiale per procura, nella quale non c’è nessuna reale volontà politica di fermare il conflitto, che ad oggi ha portato alla morte di oltre mezzo milione di persone ed all’esodo di almeno 12 milioni di siriani, dei quali solo una minima parte è giunta in Europa.
Se negli anni scorsi il nemico, il male assoluto, nella narrazione mediatica era rappresentato dallo Stato Islamico, responsabile anche di alcuni attacchi nelle città occidentali, oggi la realtà è capovolta: la Turchia (paese della NATO e stretto partner economico di Italia e Germania) infatti utilizza i miliziani dello Stato Islamico rimasti in Siria per attuare i propri piani di spartizione etnica e territoriale della Siria.
I partigiani delle YPG e le partigiane curde delle YPJ, fino a pochi mesi fa celebrati in Occidente come eroi nella lotta contro l’ISIS, oggi vengono uccisi e torturati insieme a migliaia di civili, nel silenzio di giornali e televisioni. UE, Stati Uniti e Russia, per mero opportunismo politico, hanno venduto la resistenza curda ad un dittatore che negli ultimi anni si è reso responsabile di innumerevoli crimini di guerra, in Turchia come in Siria. A dimostrazione che, gli affari e i profitti di pochi prevalgono sempre, anche se a pagare il prezzo di questo guadagno, economico e politico, sono milioni di persone.
Afrin era una delle poche città siriane che non aveva conosciuto la guerra e, dal 2011 ad oggi aveva accolto centinaia di migliaia di rifugiati provenienti da altre zone della Siria. Una città che aveva saputo resistere e che era protagonista del processo rivoluzionario costruito dai combattenti curdi.
L’attacco turco, sostenuto dalle milizie dell’Isis riciclate nel cosiddetto Esercito Libero Siriano, ha aggravato la situazione, contribuendo ad evidenziare le responsabilità di UE, NATO, Usa e Russia.
Buona parte degli armamenti che la Turchia sta utilizzando per massacrare la popolazione civile come gli elicotteri d’attacco T129 sono prodotti in Italia dal gruppo Leonardo (ex Finmeccanica), azienda a partecipazione statale il cui maggior azionista è il ministero dell’Economia e delle Finanze.
E’ una nostra responsabilità storica sostenere la lotta di liberazione del popolo curdo: l’unica alternativa alle politiche imperialiste delle potenze globali e regionali che stanno dilaniando il Medio Oriente.
Costruire solidarietà e lottare contro le logiche e le politiche che permettono la guerra è l’unica strada per opporsi al razzismo ed all’odio fra poveri nel quale molti politici vogliono farci precipitare.
Non possiamo abituarci alla guerra, non possiamo accettare come normale fare profitti sulle armi e sull’oppressione di intere popolazioni.
ROMPIAMO IL SILENZIO
DIFENDIAMO AFRIN E LA RIVOLUZIONE DEL ROJAVA
FERMIAMO LE COLLABORAZIONI MILITARI FRA ITALIA E TURCHIA
ITALIA, UNIONE EUROPEA E NATO COMPLICI DEI MASSACRI IN SIRIA