L’avanzata turca nelle montagne di Qandil in stallo. L’Iran inquieto per attività dei gruppi curdi L’ostinata resistenza del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK), la cui guerriglia all’inizio della settimana è stata di nuovo impegnata in scontri con le truppe di invasione, ha portato l’avanzata turca nel nord dell’Iraq iniziata a marzo in larga misura a un arresto. Ma le unità turche sono già penetrate per oltre 30 chilometri nel territorio di Bradost e Sidekan della regione autonoma curda, hanno portato sotto il loro controllo dozzine di villaggi e costruito undici postazioni militari. Attacchi aerei su base regolare mirano a scacciare la popolazione civile. L’obiettivo dichiarato di Ankara è l’occupazione delle montagne di Qandil distanti ancora circa 50 chilometri che si trovano nella zona di confine tra Iraq e Iran, dove si trova il quartier generale del PKK.
Il Presidente del Consiglio dei Ministri della Regione Autonoma Kurdistan, Nechirvan Barzani, strettamente legato a Ankara per affari nel settore energetico, tace sull’avanzata turca e ha tacciato il PKK di essere »forza di occupazione« nel nord dell’Iraq. Il comandate Agit Kelar ha invece ammonito che la presenza del PKK viene usata solo come pretesto. Obiettivo di Ankara sarebbe l’occupazione di tutto il Kurdistan del sud, compresa la metropoli petrolifera di Kirkuk. Anche il Partito Comunista Marxista-Leninista (MLKP) della Turchia nel frattempo ha annunciato la sua partecipazione alla difesa del Kurdistan del sud.
Il rifiuto dell’Iran di avviare un’operazione militare congiunta o almeno di permettere il passaggio di rifornimenti attraverso il proprio territorio, finora hanno fatto sembrare poco efficace l’operazione della Turchia a Qandil. Questo ora potrebbe cambiare. Perché Teheran si mostra inquieta rispetto all’aumento delle attività di gruppi curdi armati che operano a partire dall’Iraq del nord. Questo riguarda in primo luogo il Partito Democratico Kurdistan-Iran (DPK-I) legato al Partito Democratico del Kurdistan (KDP) di Barzani. I suoi peshmerga si fanno vedere sempre più spesso nei dintorni di città abitate da curdi in Iran e tengono perfino comizi per la popolazione. Il DPK-I si sente incoraggiato dalla linea dura dell’amministrazione USA con un inasprimento delle sanzioni contro l’Iran. A giugno i Presidenti sia del DPK-I, Mustafa Hijri sia del partito curdo Komala di orientamento socialdemocratico, Abdullah Mohtadi, presso il Ministero degli Esteri statunitense si sono premurati per un sostegno imperialista per un »Regime-Change«.
L’organizzazione sorella del PKK in Iran, il »Partito per una Vita Libera in Kurdistan« (PJAK), aspira a un cambiamento democratico. Questo tuttavia dovrebbe avvenire sulla base di sviluppi all’interno del Paese, senza che venga dato spazio a un intervento straniero, ha ammonito la Presidente del PJAK Zilan Vejin parlando con l’agenzia stampa Firat: »Un intervento dall’esterno non porta una soluzione per i popoli dell’Iran«.
Il PJAK nel 2011 aveva concordato una tregua con Teheran. Ma alla fine della scorsa settimana un’unità del PJAK ha travolto una postazione militare iraniana nei pressi della città di Mariwan e ha ucciso undici guardiani della rivoluzione. Si sarebbe trattato di un’azione di rappresaglia per la precedente uccisione di diversi combattenti del PJAK e dell’attivista per i diritti umani Iqbal Moradi, ha dichiarato il portavoce del PJAK Amed Shaho all’agenzia stampa curdo-irachena Rudaw. L’attivista della »Organizzazione per i Diritti Umani Kurdistan« originario dell’Iran e residente in esilio nell’Iraq del nord, Moradi, a metà della scorsa settimana era stato praticamente giustiziato nei pressi del confine con l’Iran con diversi spari. L’assassinio, così come diversi attentati contro attivisti curdo-iraniani nel nord dell’Iraq nell’ultimo periodo, porta la firma dei servizi segreti iraniani.
Alcuni Paesi vicini non impedirebbero attacchi alla sicurezza presso i confini comuni, ha criticato lunedì il vice-Ministro iraniano Hossein Zolfaqari. Se questo non dovesse cambiare, la Repubblica Islamica attaccherà lei stessa con operazioni transfrontaliere le roccheforti dei »terroristi« in questi Paesi, ha minacciato Zolfaqari parlando con l’agenzia stampa Tasnim.
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