1999-2019: Vent’anni di CENTRO SOCIO-CULTURALE ARARAT, 20 anni fa accadeva a Roma. La comunità curda reduce da sgomberi e carica di sogni si alleava con la città dei movimenti sociali. È nata una storia bella che ancora commuove, vive e resiste.
Venerdì 31 maggio 2019: L.go Dino Frisullo – Roma
Il Centro socio-culturale kurdo Ararat, nasce nel maggio 1999 a Roma, in occasione del workshop di Stalker con la comunità curda per la Biennale dei Giovani Artisti del Mediterraneo in collaborazione con il Villaggio Globale, in un edificio in disuso dell’ex Mattatoio nell’antico quartiere di Testaccio.
Al Centro, nato sotto il Monte Testaccio, è stato dato il nome del “monte Ararat” (Anatolia, lago Van) in cui, secondo la tradizione biblica, si arenò l’Arca di Noè scampata al diluvio universale.
Ma Ararat è anche il nome della nave che il 26 dicembre del 1996, carica di un migliaio di curdi che fuggivano dalle persecuzioni etniche di un Medio Oriente, approdando sulla spiaggia di Santa Caterina dello Jonio. Ne nacque un progetto di ripopolamento del paesino di Badolato, che ha ispirato l’esperienza della vicina Riace. Essi furono accolti nel borgo calabrese dove, soprattutto nei primi tempi, rappresentarono una risorsa importante per un luogo praticamente spopolato. Ne stimolarono, nello specifico, oltre che la vita sociale, culturale anche l’economia.
Nel corso degli anni ’90, la nostra penisola costituì terra di transito per i rifugiati curdi che fuggivano dai massacri, dalle violenze, dalle torture, poste in essere dall’esercito turco. In particolare, cercavano riparo a Colle Oppio, dove vi furono anche i primi contatti con le attiviste e attivisti delle realtà romane, i quali si resero disponibili a fornire un aiuto e tanta solidarietà. Durante questi avvenimenti, la questione curda entrò al centro del dibattito politico italiano. Portarono all’iniziativa del” treno della pace nel 1997″, durante la quale venne anche arrestato ed espulso Dino Frisullo, figura di rilievo nei rapporti tra italiani e curdi. Successivamente, un suo secondo arresto in Turchia, divenne il motivo della campagna per la liberazione sua e del popolo curdo.
Il 12 novembre 1998 fu un giorno eccezionale per i curdi, il loro leader Abdullah Ocalan giunse in Italia, ospite a Roma, richiedente asilo politico all’allora governo D’Alema. Il regime turco e la Nato minacciarono l’Italia di rappresaglie se non avesse espulso Ocalan. Che fu costretto a lasciare il nostro Paese, per finire in Kenya sotto l’egida di un intrigo internazionale che consegnò Ocalan nelle mani dei suoi carnefici. Il regime turco dapprima lo condannò a morte, per poi optare, a fronte della mobilitazione mondiale, alla prigionia a vita in condizioni disumane nell’isola-carcere di Imrali, da dove vive segregato da 20 anni.
Il Centro socio-culturale Ararat è diventato uno spazio di accoglienza e di ospitalità. Più che un luogo, un bene comune a disposizione della città dove sperimentare forme di condivisione tra attività artistiche e culturali, solidarietà civile e trasformazione del territorio, oltre a promuovere corsi di lingua curda e italiano, corsi di danza curda e sala cinema, ad ospitare iniziative di varia umanità e partecipare ad eventi in diversi spazi sociali.
La costruzione del Centro Ararat è stata possibile negli anni grazie allo sforzo dei profughi curdi che vi trovano accoglienza, dell’associazione Azad, del Villaggio Globale, dell’Associazione Senza Confine, di Stalker, di UIKI, della Rete Kurdistan romana e delle decine di associazioni sociali, sindacali, politiche e della solidarietà, di artisti e di studenti, che si prodigano attivamente a sostegno nella città.
Negli ultimi anni la politica del Comune e dei Ministri degli Interni è stata quella di mettere sotto sgombero sia le occupazioni a scopo abitativo, sia gli spazi sociali e culturali diffusi in tutta Roma, senza i quali la Capitale vivrebbe nell’inettitudine del centro storico e nell’abbandono delle periferie. Politica punitiva, miope ed autolesionista, nei confronti degli spazi storici presenti nei territori, luoghi di incontro-ascolto-partecipazione-progettualità, costretti a chiudere dopo averli salvati dal degrado restaurandoli a proprie spese per il benessere della cittadinanza. Al Centro Ararat tutte le attività sono autogestite e autofinanziate, a cui prestano collaborazione gratuita volontari e volontarie.
Oltre alla funzione di accoglienza, il Centro Ararat è lo spazio in cui coraggiosamente si coltiva e preserva la cultura, la lingua e la storia curda.
Venerdì 31 maggio sarà l’occasione non solo di festeggiare i vent’anni di Ararat, ma saluteremo Erol che ha terminato dopo 68 giorni lo sciopero della fame contro l’isolamento di Ocalan nel carcere di Imrali.
Sarà anche l’occasione per ricordare Lorenzo Orsetti, “il compagno Orso”, il giovane fiorentino che ha perso la vita il 18 marzo 2019 in Siria in un’imboscata dei miliziani dell’Isis mentre combatteva come volontario a fianco delle milizie curde dell’YPG. Proprio venerdì pomeriggio è previsto il rientro in Italia, a Roma, della salma di “Orso” che verrà successivamente riportata a Firenze per essere tumulata nel cimitero delle Porte Sante dove riposano tanti altri partigiani che si sono battuti per la libertà.
Programma
h.18.00 Inaugurazione esposizioni
CAY, Ararat e i curdi a Roma – Foto di Alessandro Romagnoli
Archivio Stalker – Foto, documenti, testimonianze e video
h.19.00 Tavola rotonda: Ararat al Mattatoio. 20 anni di storie e prospettive, sono stati invitati tra gli altri il Vice Sindaco con delega alla Crescita culturale Luca Bergamo e il Presidente dell’Azienda Speciale Palaexpo Cesare Pietroiusti
h.20.30 Documentario “Campo Boario” di Angela Landini (Ita. 58’ 2005)
a seguire CONCERTO di Musica Curda e cena curda
Centro Socio-Culturale Curdo Ararat, Rete Jin, Rete Kurdistan Italia, Stalker