[divider]26 Aprile 2013 [/divider]Domenica 17 marzo, la nostra delegazione, arrivata all’aeroporto Ataturk di Istanbul, si è vista letteralmente “sottrarre” dalla polizia turca, il compagno Antonio Olivieri, capo delegazione e presidente dell’associazione onlus “Verso il Kurdistan”.
E’ l’ultimo episodio di una lista che tende sempre più ad allungarsi: Aldo Canestrari, l’avv. Arturo Salerni, Carlotta Grisi, Francesco Marilungo ed ora Antonio: si tratta di persone che hanno sempre denunciato la falsa democrazia della Turchia ed oggi l’hanno subita.
Le compagne ed i compagni della delegazione esprimono tutta la loro solidarietà ad Antonio e sono sicuri che questo episodio non scalfirà, anzi rafforzerà, la sua volontà di lottare per l’autodeterminazione del popolo kurdo.
18 marzo 2013 – incontro con l’associazione Tuyad Der di Van
Giunti a Van, abbiamo incontrato Ahmed Aygun, presidente dell’associazione Tuyad Der, l’associazione che aiuta le famiglie dei detenuti e che, oltre ad avere un famigliare – talvolta anche più di uno in carcere – hanno anche problemi economici.
Abbiamo consegnato il corrispettivo di 12 borse di studio del progetto BERFIN (“Bucaneve”), che ha la finalità di incrementare la scolarizzazione delle ragazze.
Una delle bambine che abbiamo incontrato frequenta l’ottava classe, corrispondente alla terza media, ha una media scolastica di 85 su 100 e, da grande, vuole fare l’avvocata.
La sua scuola è stata gravemente danneggiata dal terremoto dell’ottobre 2011 ed è in fase di ristrutturazione, cosicché le lezioni vengono svolte in un altro edificio, cosa che comporta dei turni di scuola pomeridiani.
La ragazza ci ha detto che suo padre, dopo otto mesi di carcere, appena tornato in libertà, è salito in montagna con la guerriglia.
Il nucleo famigliare è composto dalla madre e da cinque figli, di cui solo il più grande lavora e rappresenta l’unica fonte di reddito della famiglia; inoltre, vive in famiglia, anche una zia, il cui marito è stato ucciso in uno scontro a fuoco con l’esercito turco.
Nel prosieguo dell’incontro, abbiamo chiesto a che punto sia la ricostruzione dopo il terremoto ed, in particolare, quale sia la situazione dell’edilizia scolastica.
Ahmed Aygun ha premesso, cosa che avevamo già verificato di persona, che, nella città, nessuno abita più nelle tende; ha aggiunto che l’ospedale ha ripreso a funzionare perfettamente, che molte scuole sono tornate ad essere agibili e che molte strade sono state rese nuovamente percorribili.
La situazione abitativa è la seguente: il governo turco aveva inizialmente installato dei container; in seguito, ha consegnato case ristrutturate o nuove a coloro che, prima del terremoto, possedevano l’abitazione, lasciando le altre famiglie nei container.
Il comune aveva, invece, fatto installare casette prefabbricate; poi ha consegnato la casa ad una parte delle famiglie; le rimanenti avranno la casa entro due anni.
Nel pomeriggio, approfittando di una pausa dei lavori, la delegazione composta da dodici persone (avvocati, lavoratori, medici, giornalisti, insegnanti) ha raggiunto il lago di Van, il più grande lago della Turchia, che si trova nella parte più orientale del Paese.
E’ un lago salato che riceve acqua da numerosi piccoli corsi d’acqua che scendono dalle montagne circostanti ed è uno dei più grandi laghi endoreici (senza sbocchi) del mondo. L’originario emissario del bacino venne bloccato da un’eruzione vulcanica.
Sull’isola di Akdamar, c’è la stupenda chiesetta armena della Santa Croce del X secolo.
Il territorio che circonda il lago e la città di Van è stato il centro dell’antico regno di Urartu.
19 marzo 2913 – incontro con la municipalità di Yuksekova
Ci ha ricevuto il Sindaco Erkan Bora, succeduto alla Sindaca, Ruken Yetiskin, che ha dovuto lasciare l’incarico a seguito della condanna a sei anni di carcere, per la sua militanza nel Bdp in quella città.
Aveva scontato già un anno e mezzo di carcere; quando è uscita, è stata nuovamente arrestata per il noto processo KCK ed è finita in prigione per un altro anno e mezzo. Ora è libera, vive ad Istanbul, in attesa dell’esito del ricorso presentato per essere reintegrata nella sua carica di Sindaca.
Il Sindaco di Yuksekova ha illustrato la situazione di feroce repressione presente sul suo territorio, a seguito delle continue operazioni di polizia.
L’operazione KCK, scattata dopo le elezioni del 2009, ha colpito numerose città del Sud-est, circa un centinaio, dove si erano insediate amministrazioni filokurde.
Il governo turco ha, così, artificiosamente creato un’associazione “sovversiva ed armata”, composta da tutti/e i militanti del BDP, dagli amministratori neoeletti, dai sindaci legalmente eletti.
Per questo, sindaci e semplici militanti sono sottoposti a continui processi, che non hanno mai fine.
Nel territorio di Yuksekova e di Semdinli, sono circa 400 le persone tuttora trattenute in carcere: tra loro, ci sono molti giovani dirigenti del BDP ed amministratori comunali: sono stati arrestati di notte, con irruzioni armate della polizia nelle loro case e con perquisizioni violente.
Questo è il vero volto del processo KCK: un pretesto per decapitare la dirigenza politica ed amministrativa del popolo kurdo.
Il Sindaco ci ha riferito che il vice-presidente del BDP e altri dirigenti del partito hanno incontrato Ocalan, detenuto dal 1999 nell’isola – carcere di Imrali: il 21 marzo, al Newroz di Diyarbakir, riferiranno sui colloqui avuti con il Presidente.
Per ora, sappiamo che Ocalan ha inviato tre lettere: una alla diaspora kurda in Europa, una al BDP ed un’altra ai guerriglieri del Pkk, sui monti Kandill.
All’incontro, presso la municipalità, era presente anche il Presidente del BDP di Yuksekova, Nait Durmaz, che ha espresso il proprio giudizio sull’attuale fase di trattativa: “E’ stata la capacità del popolo kurdo di dare una risposta forte alla grande offensiva militare lanciata dall’esercito turco, con grande dispiegamento di forze e di mezzi – compresi i droni – messi a disposizione da quei campioni della “democrazia da esportazione”, che sono gli Stati Uniti d’America, a determinare la svolta odierna”.
La lotta del popolo kurdo si è avvalsa anche dell’apporto delle formazioni guerrigliere, che hanno risposto, colpo su colpo, agli attacchi dell’esercito turco: da questo punto di vista, il territorio di Semdinli ha avuto un ruolo molto importante.
Alla fine del colloquio, abbracci, baci e foto, che sono poi state pubblicate nel sito dei giornali di Yuksekova e sui giornali, Azadì Velat e “Ozgur Gundem”.
Incontro con l’associazione Meya Der (associazione dei martiri)
L’associazione si trova all’interno della sede del Partito della Pace e della Democrazia (BDP), sopra il bazar della città e brulica di persone indaffarate, che si riuniscono in vari locali; si sente l’atmosfera del Newroz, che sarà celebrato il giorno 20 a Yuksekova, al quale saremo presenti pure noi.
Dù Zen Sadullah, presidente dell’associazione per i territori di Yuksekova, Semdinli ed Hakkari, ci presenta le bambine destinatarie delle borse di studio, nell’ambito del progetto BERFIN (“Bucaneve”), i cui contributi abbiamo portato dall’Italia, così come avevamo già fatto a Van.
Alcune bambine frequentano le classi elementari, altre le scuole medie, due di esse frequentano il Liceo.
L’associazione ci informa che alle dieci allieve destinatarie delle borse di studio di quest’anno, se ne dovranno aggiungere altrettante altre, che loro hanno individuato come meritevoli di avere il nostro contributo per lo studio.
Noi abbiamo risposto che cercheremo di far fronte anche a questa richiesta, facendo però presente che l’Italia soffre di una grave crisi economica e che, di conseguenza, non possiamo garantire il soddisfacimento della richiesta.
Una delle bambine, molto brava a scuola, si presenta e ci racconta la sua storia: si chiama Nedine e vuole diventare avvocata, mentre un’altra – Ividar – spera di riuscire a diventare dottoressa; poi, si presentano Irem e Narine che, anche loro, vogliono diventare avvocate.
Alle fine dell’incontro, tutte ci ringraziano per essere venuti e sperano che, un giorno, anch’esse saranno libere e potranno venirci a trovare in Europa.
I festeggiamenti del Newroz di Semdinli
Terminato l’incontro, ci siamo affrettati a raggiungere la cittadina di Semdinli, dove, sin dalle 10.00, erano iniziati i festeggiamenti del Newroz.
Questi si sono svolti fuori dall’abitato, in una spianata circondata da altissime montagne piene di neve.
La delegazione italiana, superati numerosi e pretestuosi controlli di polizia, aperto lo striscione portato dall’Italia, ha raggiunto il palco, tra gli applausi della folla.
Lo striscione portava i nomi delle tre compagne kurde barbaramente assassinate a Parigi il 10 gennaio scorso. C’era scritto così, in kurdo e in italiano: “Sakine, Fidan e Leyla, loro vivranno sempre nei nostri cuori”.
Una componente della delegazione, l’avvocata Simonetta Crisci, invitata dagli organizzatori a prendere la parola, ha portato i saluti degli italiani di tutte le delegazioni venute in Kurdistan per questo Newroz, comunicando anche l’espulsione di Antonio Olivieri.
I
festeggiamenti sono andati avanti sino alle 15.00, con interventi di rappresentanti del BDP e degli amministratori locali, intervallati da danze e canti kurdi.
Visita alla cooperativa di donne “Gever”
La delegazione, tornata a Yuksekova, si è incontrata con una cooperativa di giovani donne, che ha assunto il nome di “Gever”, antico nome kurdo della città.
Il loro progetto, che è stato già avviato, con la produzione e la vendita di tulipani, prevede l’apertura di una fabbrica di trasformazione di prodotti lattiero-caseari: in particolare, si inizierà con la produzione di yogurt.
Il Ministero ha già approvato il progetto, che prenderà il via il prossimo mese di settembre e che occuperà inizialmente venti donne.
Attualmente, la cooperativa è composta da sette donne; in prospettiva, dovrebbero diventare un centinaio le donne occupate nella fabbrica.
Le più giovani ci hanno parlato dei rischi esistenti in questa zona del Kurdistan, molto prossima ai confini iraniani, una zona dove la religione viene usata per dominare le donne, cosicché vi è il pericolo che pure loro subiscano la sorte delle donne iraniane: dominate e sottomesse, senza libertà, né possibilità di autodeterminazione.
Per questi motivi, hanno deciso di creare la cooperativa, per rendere le donne indipendenti economicamente e per avviare un percorso di liberazione; in questo, sono state aiutate dall’ex Sindaca, Ruken Yetiskin, nonché dagli insegnamenti di Ocalan che ha molto insistito su un ruolo non subordinato della donna nella società kurda.
20 marzo 2013 – Newroz a Yuksekova
E’ bene precisare che, quest’anno, le città del Kurdistan hanno anticipato le date dei festeggiamenti del Newroz, poiché tutti gli esponenti del BDP e i sindaci si sarebbero ritrovati il 21 marzo a Diyarbakir, essendo stata annunciata la lettura della lettera che Ocalan aveva inviato al popolo kurdo.
Quindi, il 20 marzo, su invito del BDP e dell’amministrazione comunale, la delegazione ha partecipato al Newroz di Yuksekova.
Come già accaduto a Semdinli, la nostra delegazione, superati i “rituali” controlli della polizia, è entrata nella piazza accolta dagli applausi di oltre ventimila persone presenti.
Il nostro striscione, esposto sotto il palco per tutta la durata del Newroz, è stato apprezzato a tal punto che le giovani presenti in piazza ci hanno chiesto di lasciarglielo in dono, cosa che abbiamo fatto ben volentieri.
Come a Semdinli, gli interventi politici, tra cui quello della nostra delegazione, ad opera di Simonetta Crisci, si sono alternati con i canti e i balli tipici del Newroz; eccezionalmente, quest’anno, si è esibito anche un gruppo “rap”, che è stato molto applaudito dalla folla.
Non essendovi state provocazioni della polizia, come accaduto altre volte, tutti i Newroz si sono svolti senza incidenti.
21 marzo – festa del Newroz a Diyarbakir
L’aspettativa suscitata dalla notizia che al Newroz di Diyarbakir sarebbe stata letta la lettera inviata da Ocalan al popolo kurdo, nonché la conseguente mobilitazione indetta dal BDP, ha comportato delle variazioni al nostro programma.
Infatti, i Sindaci di Hakkari e di Sirnak che avremmo dovuto vedere il 21 marzo, ci hanno fatto sapere che sarebbero andati a Diyarbakir, cosicché abbiamo incontrato e salutato il Sindaco di Hakkari sul palco del Newroz di Yuksekova ed abbiamo deciso di cambiare il programma, per partecipare a quello che si preannunciava come un evento storico.
Siamo partiti alle 15.30 da Yuksekova ed abbiamo percorso circa 500 chilometri, molti dei quali su strade di montagna in pessime condizioni.
Il dato politico interessante, comunque, è costituito dai nove posti di blocco, sei dei quali negli ultimi sessanta chilometri, che, se per noi, hanno comportato soste non brevi, stavano, però, ad indicare che il Governo ha un ben scarso controllo di quel territorio, che, non a caso, quest’estate è stato teatro di duri combattimenti tra guerriglieri ed esercito turco occupante.
Comunque, dopo dieci ore di viaggio, siamo giunti nella splendida cittadina di Mardin, distante circa cento chilometri da Diyarbakir, dove non era stato possibile trovare posto in albergo, a causa dell’enorme affluenza di persone provenienti da tutte le regioni del Kurdistan.
Il 21 marzo, la nostra delegazione, giunta a Diyarbakir, ha preso parte al Newroz, che si teneva fuori dalla città in una grande spianata.
Lì, a dispetto di quanto falsamente riportato da alcuni dei “principali” quotidiani italiani, è confluito oltre un milione di persone, forse anche due, come sostenuto da molti dei presenti.
In questo caso, i canti e i balli che pure ci sono stati, sono passati in secondo piano rispetto ai numerosi interventi politici di esponenti del BDP, di amministratori locali e di responsabili delle decine di organizzazioni della società civile kurda.
Le numerose delegazioni internazionali sono state accolte con grande entusiasmo dalla folla, ma, al fine di evitare discriminazioni, non è stata data la parola a nessuna di loro.
Naturalmente, il momento culminante della giornata, è stata la lettura della lettera di Ocalan, di cui ampi stralci sono stati pubblicati da tutti i giornali.
Ecco alcune delle parti più significative del messaggio di Ocalan:
“E’ tempo che le armi tacciano e che le idee parlino”;
“Lo spargimento di sangue sta andando avanti da troppo tempo, danneggiando tutte le popolazioni di questo territorio”;
“E’ il momento che la politica vada oltre le armi”;
“E’ tempo che le nostre forze armate si ritirino oltre il confine”;
“Questo è un nuovo inizio, non è una fine”;
“E’ l’inizio di una nuova lotta in favore di tutte le minoranze etniche”;
“Abbiamo tutti delle grandi responsabilità verso la democratizzazione delle popolazioni e culture in queste terre”;
Invito tutte le altre popolazioni in questo territorio a condurre un’esistenza basata sulla libertà e l’eguaglianza”;
“I turchi e i kurdi hanno inaugurato insieme il Parlamento nel 1920”;
“Abbiamo costruito insieme il passato e adesso abbiamo bisogno di mantenerlo insieme”.
Su queste tematiche è aperto il dibattito, sia tra la popolazione kurda, sia tra tutti coloro che ne hanno a cuore le sorti.
23 marzo – incontro con l’associazione Madri della Pace di Diyarbakir
A Diyarbakir, nella sede dell’associazione Madri della Pace, la delegazione ha incontrato le esponenti del movimento. Ciascuna madre ha raccontato la propria storia.
Tutte hanno perso mariti o figli combattendo per la causa kurda.
E’ importante far conoscere all’opinione pubblica europea la storia e le difficoltà di queste donne per far capire le sofferenze che continuamente vive il popolo kurdo.
L’associazione Verso il Kurdistan da oltre dieci anni porta avanti un progetto di sostegno a distanza di queste donne, per dar loro la possibilità di continuare a vivere in condizioni dignitose, pur in assenza del capofamiglia.
Durante l’incontro, tre sono state le storie più toccanti.
Hasine Guler ha raccontato la disperazione che prova ogni giorno per non avere più notizie di uno dei suoi figli, partito quindici anni fa per andare in montagna a combattere.
Il marito ottantenne di Hasine e un altro figlio sono stati condannati entrambi a 36 anni di carcere, 16 ancora da scontare.
La famiglia di Hasine proviene da un villaggio vicino a Diyarbakir che è stato bruciato dall’esercito durante gli anni caldi della guerriglia.
Oggi vive con quattro figli a Diyarbakir.
Serine Unat , 10 figli, uno di questi studente all’ultimo anno della facoltà di medicina, ha lasciato tutto per andare in montagna a combattere con la guerriglia, e, da ventun anni, sua madre non ha più notizie di lui.
Durante una violenta perquisizione in casa, suo marito è stato colpito alla testa con il calcio del fucile da un militare e dopo qualche mese è deceduto.
Anche lei ha dovuto abbandonare il suo villaggio, come la maggior parte delle donne appartenenti a famiglie di combattenti.
Leyla Astan ha perso il marito a soli 25 anni ed ha dovuto affrontare mille difficoltà.
Madre di quattro figli, dopo essere scappata dal suo villaggio dato alle fiamme dai militari, si è rifugiata poco lontano, ma anche da qui ha dovuto scappare perché una spia aveva dato il suo nome alla polizia. La sua famiglia, infatti, era ricercata.
Il fratello, presidente del partito DEP (ora BDP) a Barman, è stato ucciso poco tempo dopo, in un agguato al mercato. Gli assassini si erano rifugiati nel commissariato.
Il suo assassinio è stato un’esecuzione extragiudiziaria.
Un nipote che studiava medicina è andato a combattere in montagna. Arrivata la notizia della sua morte, non è mai stato trovato il suo corpo.
Un cognato è stato ucciso in un agguato mentre rientrava a casa, in auto, una sera. Era l’anno 1993; ha lasciato tre figli piccoli.
L’impegno delle Madri della Pace consiste in attività di interposizione, ovunque ci siano scontri o operazioni militari.
Dicono di essere contente della lettera di Ocalan e pregano per la pace.
Sono pronte a fare qualsiasi cosa, ma aspettano un segnale di apertura dal governo.
23 marzo – incontro con l’associazione Tuhad Fed (associazione dei famigliari dei
detenuti politici) di Diyarbakir
La delegazione ha incontrato l’associazione Tuhad Fed, Si tratta di una confederazione di nove associazioni; seguono 10 mila detenuti, sparsi in 82 carceri;
si occupano di sostegno legale ai detenuti politici e sostegno economico alle loro famiglie.
La responsabile dell’associazione si è soffermata sull’importanza del grande sciopero della fame iniziato il 12 settembre 2012, da 64 detenuti politici in sette carceri, come forte azione di sostegno al presidente Abdullah Ocalan, in totale isolamento da un anno e mezzo.
Durato 78 giorni ha coinvolto poi circa 10 mila detenuti, sostenuti anche dagli intellettuali e dalla sinistra turca.
Grazie all’unione delle varie componenti della società turca e kurda, anche nei Paesi dell’area e in Europa, è stato compreso il forte legame tra Ocalan e il suo popolo.
Dopo la fine dello sciopero della fame, nei primi giorni del 2013, il governo turco ha ripreso gli incontri con Ocalan per aprire una fase nuova.
Da questo momento, il Presidente dei kurdi ha scritto tre lettere: una ai combattenti, una ai kurdi della diaspora ed una al popolo kurdo che è stata letta durante il Newroz a Diyarbakir.
Il contenuto di questa lettera non è stato una grande sorpresa per i kurdi, ma ha permesso, invece, ai turchi e alle altre minoranze, di conoscere le sue intenzioni.
Ocalan non vuola la guerra, ma una lotta per la fraternità di tutti i popoli della Turchia, per vivere insieme in una patria libera, nella democrazia.
Ocalan attende ora un passo avanti da parte del governo turco per proseguire il percorso di pace ed avviare delle vere e proprie trattative.
La rappresentante dell’associazione confida alla delegazione che questa è considerata, da Ocalan, l’ultima possibilità. Se non verrà accolta, i kurdi saranno costretti ad intraprendere nuovamente una lotta armata di popolo.