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Kurdistan

‘Non è legale’: L’ONU assiste mentre la Turchia deporta siriani vulnerabili

Pressioni governative restare l’agenzia in silenzio nonostante dichiarazioni su rimpatri forzati di riufugiat* LGBT e altri sotto il giro di vite della poliziaQuando è iniziata l’estate la maggiore preoccupazione di Ward(*) era il suo ragazzo malato.

Una siriana dalla voce gentile e con tutti i documenti in ordine, Ward pensava che sarebbe riuscita a convincere i medici a Istanbul doveva viveva, di visitare il suo ragazzo, un altro rifugiato, senza documenti.

Invece l’ospedale ha avvistato la polizia che li ha arrestati entrambi. Giorni dopo Ward ha fatto una telefonata presa dal panico, dal centro di deportazione di Binkilic alla periferia di Istanbul a una hotline gestita da attivisti per i diritti dei rifugiati per dire loro che stava per essere deportata.

“Se mi prende al-Nusra mi uccideranno,” ha detto Ward in un messaggio vocale dal carcere, riferendosi al gruppo militante antigovernativo, ora noto come Hayat Tahrir al-Sham (HTS), che controlla la provincia al confine con la Turchia.

Mentre la guerra continua in Siria del nord, rifugiati nella vicina Turchia hanno paura anche di camminare in strada. La polizia di Istanbul ha lanciato un giro di vite sui documenti di identità che ha visto migliaia di persone rastrellate e deportate di nuovo nella zona di guerra.

Con l’opinione pubblica che si sta rivolgendo contro i 3.6 milioni di ospiti siriani, la Turchia ha invertito la “politica delle porte aperte” durata lungo, per capitalizzare appelli bipartisan di rimandare a casa i siriani.

Affrontando accuse di refoulment, l’agenzia ONU per i rifugiati, l’UNHCR, ha ignorato i casi più vulnerabili.

Ward, che è una dona transgender, risiedeva legalmente a Istanbul e le era stato assegnato un funzionario di protezione UNHCR specializzato in casi di rifugiat* LGBT.

Mentre era detenuta in una cella piena di uomini, temeva che un destino peggiore la potesse aspettare in Siria. Ward ha contatto amici che hanno contattato l’UNHCR e è stato inviato un consulente per l’assistenza legale.

Ma sono arrivati troppo tardi – è stata deportata il giorno dopo.

Meno di 100 metri dopo il confine, Ward è stata presa da funzionari della sicurezza HTS.

“L’hanno umiliata dopo aver trovato video con uomini sul suo telefono e le hanno chiesto perché si radeva le braccia e le gambe,” dice Kenan Shami, che è stato con Ward nel viaggio di 20 ore in autobus fino al confine.

Shami ha detto a the Guardian che militanti hanno ammanettato Ward, le hanno messo una busta in testa e l’hanno costretta nel bagagliaio di un taxi. Da allora non si hanno sue notizie.

Ritorni forzati in una zona di guerra violano sia la legislazione internazionale che quella turca che permette una finestra di 15 giorni per ricorrere contro la deportazione presso la Corte Costituzionale.

Ma gli avvocati dicono che dopo il recente giro di vite, le autorità stanno sfruttando un vuoto legislativo costringendo i rifugiati a firmare carte che dicono che vogliono ritornare volontariamente e eseguono i rimpatri così rapidamente che i sostenitori non riescono a stare al passo.

“Non vediamo rispettato alcuno dei periodi di attesa legali. Normalmente possono volerci mesi, ma ora vediamo deportazioni nel giro di 48 ore,” ha detto l’avvocata per i diritti umani Yasemen Öztürkcan. “Non è normale ,e non è legale.”

Un portavoce dell’ufficio del governatore di Istanbul ha negato che siriani vengono rimpatriati forzatamente dalla città di 18 milioni di abitanti e ha insistito che il governo li sta solo rinviando nelle province dove sono registrati.

Gli avvocati respingono queste affermazioni. “Dicono che li portano in un’altra provincia, ma i nostri clienti ci chiamano dalla Siria,” dice Öztürkcan.

Funzionari turchi dicono che circa 340,000 rifugiati sono ritornati volontariamente in Siria. L’UNHCR, che è incaricato di supervisionare il processo, ne ha monitorati solo circa 62,000.

I sostenitori dei rifugiati ammoniscono che i funzionari nei centri di deportazione hanno tenuto rinchiusi fino a quando si rassegnano e firmano le carte che gli vengono messe davanti.

L’ordine degli avvocati di Istanbul ha presentato 180 reclami contro funzionari di polizia per uso improprio dei formulari per il rimpatrio volontario dei rifugiati.

Funzionari UNHCR a Ankara, Ginevra, e New York hanno rifiutato le richieste di the Guardian di commentare su casi di deportazione dalla Turchia in Siria.

Retate della polizia e controlli di identità lanciati il 12 luglio hanno preso di mira in prevalenza gruppi di uomini siriani in popolosi quartieri di Istanbul.

Ward ha spesso parlato delle sue paure di essere fermata in strada e deportata in Siria, dice il suo ex compagno di stanza, Sami. I due vivevano in un rifugio LGBT a Istanbul e andavano insieme ai loro appuntamenti per l’asilo all’UNHCR.

“Le ONG dormono, sono inutili,” dice Sami. “Ward e io abbiamo parlato con molte organizzazioni delle deportazioni e non ci hanno creduti, sembrano incapaci di credere che il governo turco stia davvero facendo questo.”

Ward era “una persona cara, che non avrebbe mai fatto male a nessuno,” dice Sami. “Il suo sogno era solo di essere in salvo perché i suoi fratelli e famigliari la stavano minacciando dicendo che la volevano uccidere perché era queer.”

Per venire a capo delle paure di affrontare in modo visibile il suo processo di transizione di genere, Ward ha scelto di mantenere un look maschile.

“All’esterno la gente vedeva un uomo, ma dentro c’era una donna completa in ogni senso del termine, e Ward preferiva essere chiamata ‘lei’,” dice Sami.

Gli amici di Ward non hanno avuto sue notizie da quando ha perso il rifugio che aveva in Turchia e ora affronta una morte certa in Siria.

L’UNHCR oggi si trova in una posizione difficile, dovendo bilanciare il suo mandato di proteggere i rifugiati con il mantenimento del suo impegno con il governo turco, il suo partner principale. L’agenzia ha iniziato a costruire la sua reputazione in Turchia quando è intervenuto durante la crisi dei rifugiati curdi negli anni ‘90. Nel 2012, in parte grazie a questa relazione, la Turchia ha approvato una riforma maggiore istituendo un regime temporaneo di asilo per i siriani.

Shawn Carrié e Asmaa Al-Omar da Istanbul

‘È contro la legge’: Rifugiati siriani deportati dalla Turchia verso la guerra

“Il lavoro umanitario non deve essere politico, ma la realtà è politica,” dice Metin Çorabatır che è stato il portavoce dell’UNHCR dal 1995 al 2013.

“Odierei essere nei suoi panni, ma se fossi all’UNHCR nelle circostanze attuali – se fossimo in grado di formulare accuse del genere – allora potrei dire , ‘OK, abbiamo confermato alcune violazioni e stiamo negoziando con il governo turco rispetto alle nostre preoccupazioni e gli abbiamo chiesto di non ripeterle’,” dice Çorabatır, “ma il silenzio è l’opzione peggiore.”

Il personale ONU è vincolato a uno stretto codice di silenzio che proibisce loro di parlare del proprio lavoro. Parlando con the Guardian a condizione di restare anonimi, alcuni hanno suggerito che la relazione con il governo è diventata troppo stretta.

“I diritti delle persone vengono violati sotto il naso dell’ONU e non stiamo facendo la cosa giusta perché c’è una quantità di pressione preoccupante per mantenere buone relazioni con il governo turco,” dice un membro dello staff dell’ONU a the Guardian.

Un altro dice: “L’ONU mantenere una linea mentre lavora in Turchia. Se vogliamo gestire progetti senza restrizioni governative, allora è meglio non offenderli anche se questo significa non condannare pubblicamente le deportazioni in modo aperto – anche se contravvengono la legislazione umanitaria internazionale.”

(*) Il nome è stato cambiato per proteggere l’identità

di Shawn Carrié e Asmaa Al-Omar da Istanbul

Fonte: The Guardian

https://www.theguardian.com/global-development/2019/aug/23/its-not-legal-un-stands-by-as-turkey-deports-vulnerable-syrians

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