La Comunità curda e la Comunità siriaca residente in Ticino, il Comitato ticinese per la ricostruzione di Kobane, invitano a un primo presidio per scongiurare la guerra al Rojava, questo mercoledì 9 ottobre alle ore 17 alla stazione di Bellinzona.
Da quando è stata istituita l’autogestione democratica autonoma nella Siria settentrionale e orientale (Rojava), il confine tra la Turchia e la Siria settentrionale/orientale è stato protetto e le azioni armate contro la Turchia non hanno avuto origine da questo territorio. È evidente che l’accusa dello Stato turco delle minacce ai suoi confini con la Siria settentrionale/orientale è una menzogna. Nei colloqui mediati dall’amministrazione statunitense tra l’autogestione democratica autonoma della Siria settentrionale/orientale e lo Stato turco, l’autogestione e le forze democratiche siriane (SDF) hanno dimostrato la volontà di lavorare con tutti nella regione per una pace duratura. L’autoamministrazione ha rispettato l’attuazione dell’accordo sul meccanismo di sicurezza che ha coordinato gli sforzi delle forze statunitensi e turche intorno alle regioni di confine con l’obiettivo di permettere alla coalizione guidata dagli Stati Uniti e alla SDF di rimanere concentrata sulla sconfitta dell’ISIS.
Il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump e il Presidente turco Recep Tayyip Erdogan hanno violato l’accordo negoziato tra l’amministrazione autonoma e democratica della Siria settentrionale/orientale e lo Stato turco. La dichiarazione dimostra che gli Stati Uniti hanno apparentemente abbandonato il ruolo di mediatore e lasciato il Nord-Est della Siria, trasformando un’oasi di stabilità e coesistenza nell’incubo di un sanguinoso conflitto.
Inoltre, l’idea di trasferire la responsabilità dei combattenti ISIS imprigionati catturati nel nord e est della Siria allo Stato turco è ridicola. Molti di questi combattenti provenivano dalla Turchia e sono stati sostenuti proprio dallo Stato turco. Questi 70.000 prigionieri ISIS, attualmente sotto la custodia delle autorità di autoamministrazione del Rojava, rappresentano un rischio immediato per la sicurezza regionale e internazionale, poiché è grande il pericolo che queste popolazioni di prigionieri fungano da incubatore per la rinascita del cosiddetto Stato islamico.
Un’invasione turca e la conseguente crisi di sicurezza porrà le basi per un ISIS rilanciato, che avrà quale obiettivo l’autoamministrazione democratica autonoma istituita dai popoli della regione, per sostituirla nel cosiddetto Stato islamico attraverso il genocidio, il femminicidio e l’etnocidio, dei curdi e altri gruppi etnici e religiosi della regione, compresi arabi, cristiani (armeni, assiri, caldei e siriaci), turkmeni, ceceni, ceceni, aleviti e yazidi.
Molti di questi gruppi hanno avuto per la prima volta voce in capitolo nella gestione della loro vita quotidiana grazie all’istituzione di un’autoamministrazione autonoma democratica. Ora invece si troveranno ad affrontare i massacri per mano dei militari turchi e dei loro alleati jihadisti.
Lo Stato turco sotto la guida di Erdogan ha perseguito apertamente strategie politiche interne ed esterne volte all’eliminazione del popolo curdo. Erdogan e il suo regime autoritario rappresentano la dittatura totalitaria, il militarismo e la violenta persecuzione delle minoranze. I curdi e i loro alleati nella Siria settentrionale /orientale sono portatori di una svolta democratica, di promozione della parità di genere e della coesistenza pacifica di tutti i popoli e religioni.
Oltre 11.000 uomini e donne delle forze di sicurezza del Nord-Est della Siria hanno dato la loro vita (e altre 22.000 persone sono rimaste ferite) per liberare questa regione dall’ISIS, proteggere i popoli del Nord-Est della Siria e dare loro un futuro migliore.
Un’invasione da parte delle forze turche creerà i presupposti in cui l’ISIS può essere rianimata e commettere crimini contro l’umanità, diventando ancora una volta una minaccia per l’intero Medio Oriente, l’Europa e il mondo, causando morti e distruzioni indicibili, costringendo milioni di persone a fuggire dalle loro case e diventare rifugiati.
Invitiamo anche le comunità internazionali e le organizzazioni della società civile di tutto il mondo ad agire immediatamente contro la minaccia della rinascita dell’ISIS e l’annientamento dei popoli del Nord-Est della Siria dallo Stato turco.