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Opinioni e analisi

Nessuna pietà

Prigionieri politici in Turchia esclusi dall’amnistia legata alla pandemia. Municipi sotto amministrazione forzataA fronte della diffusione del coronavirus in Turchia, l’AKP religioso-nazionalista del Presidente Recep Tayyip Erdogan al governo, la prossima settimana vuole far passare in Parlamento un pacchetto di riforme della giustizia per la modifica della legge sull’esecuzione delle pene, che scarichi le carceri sovraffollate attraverso un’amnistia.

In Turchia circa 300.000 persone si trovano in detenzione o in custodia cautelare, mentre la capacità delle carceri è tarata solo su circa 200.000 detenuti. Negli istituti di pena, in cui in parte dozzine di detenuti devono dividersi una cella comune in effetti pensata per otto persone, mancano le necessarie possibilità di isolamento, igiene, alimentazione e cura per ammalati.

Attraverso la riforma della giustizia potrebbero essere rilasciati fino a 112.000 detenuti se entro la scadenza del 1 marzo avranno scontato la metà della pena. Detenuti anziani e malati potrebbero scontare la pena residua agli arresti domiciliari. Della legge potrebbero godere non solo responsabili di atti di microcriminalità, ma anche stupratori, così come persone condannate per reati di droga o criminalità organizzata. Non ricadrebbero invece nella »Amnistia Corona« i prigionieri politici come gli ex Presidenti dell’HDP di sinistra, Selahattin Demirtas e Figen Yüksedag, o il liberale mecenate della cultura Osman Kavala. Perché sono esplicitamente esclusi cosiddetti responsabili di terrorismo, che sono soprattutto politici curdi, giornalisti critici del regime, seguaci di organizzazioni comuniste clandestine, ma anche appartenenti al movimento religioso Gülen al quale viene attribuita la responsabilità per il golpe del 2016. Una gran parte dei circa 50.000 detenuti o in custodia cautelare per accuse di terrorismo non sono accusati di azioni violente, ma della redazione di articoli, pronunciamenti nei »social media«, della partecipazione a manifestazioni o cerimonie funebri, della firma di un appello per la pace, così come di attività come parlamentari o sindaci.

Mentre dall’MHP fascista e dal CHP kemalista arriva sostegno per il pacchetto di riforme della giustizia, dall’HDP, dall’ordine degli avvocati delle province a maggioranza curda del Paese e dalle organizzazioni peri i diritti umani arrivano aspre critiche. Il disegno di legge non sarebbe in sintonia con il diritto all’uguaglianza davanti alla legge e un a licenze di decidere sulla vita e la morte, ha lamentato il rinomato medico forense Ümit Bicer che fa parte della presidenza della Fondazione per i Diritti Umani della Turchia (TIHV) all’agenzia stampa ANF. »Proprio rispetto a intellettuali, difensori della libertà di pensiero, politici, giornalisti e accademici tenuti in carcere senza motivo con il pretesto di cosiddette accuse di terrorismo non possiamo accettare che probabilmente verranno lasciati a morte certa«, dice Bicer. L’operato del governo mostrerebbe che anche una pandemia non cambia niente nel »diritto del nemico« (*).

Questo da ultimo è diventato chiaro lunedì, quando il Ministero degli Interni ha fatto sostituire altri otto sindaci dell’HDP nelle zone curde del Paese, tra cui nell’omonima capitale della provincia di Batman, con amministratori coatti di nomina governativa. Quatto dei destituiti sono stati messi in carcere con l’accusa di appartenenza a un’organizzazione terroristica. Dalle elezioni comunali di un anno fa, con questo già 40 delle città e dei comuni conquistati dall’HDP sono stati messi in amministrazione forzata. »Mentre tutto il mondo è impegnato a trovare modi per combattere il virus, il governo turco sfrutta il clima dato dalla pandemia come occasione per esercitare le più gravi forme di repressione contro le istituzioni curde democratiche, in particolare i suoi comuni. Questo rende ancora più difficile per i curdi combattere il coronavirus«, così i portavoce per le relazioni esterne dell’HDP, Feleknas Uca e Hisyar Özsoy hanno condannato il »colonialismo interno«.

di Nick Brauns

da junge Welt

(*) Nel testo “Feindstrafrecht”: si tratta di un concetto di diritto penale e di diritti civili delineato nel 1985 dal professore di diritto penale tedesco e filosofo legale Günther Jakobs. Il Feindstrafrecht afferma che alcune persone, in quanto nemici della società, non meritano le protezioni della legge civile o penale.

https://www.jungewelt.de/artikel/375259.t%C3%BCrkei-keine-gnade.html

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