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Interviste

Cosa sta succedendo in Turchia: il punto di vista curdo

Quello che sta succedendo in Turchia in questi giorni è ormai noto a tutti. Le proteste dei cittadini sono puntualmente represse dalla polizia con modalità brutali, in alcuni casi fatali. Noi ci siamo chiesti cosa ne pensino i curdi, che abitano prevalentemente in zone molto distanti da Istanbul e che, nella loro lotta per l’individuazione, incontrano l’opposizione anche delle forze politiche che in questi giorni guidano le proteste. Tuttavia il popolo curdo della Turchia conosce benissimo la repressione di Stato. Abbiamo chiesto un’opinione a Hevi Dilara, rifugiata politica curda in Italia, direttrice del Festival del Cinema Curdo.

Chiaramente, la Turchia sta attraversando una fase delicata. Ci sono dialoghi tra lo Stato turco, membri del Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK) e Abdullah Ocalan, al fine di risolvere un conflitto che va avanti da decenni. Le forze della guerriglia si ritirano verso i monti Qandil nel Kurdistan Meridionale. Tuttavia, migliaia di prigionieri politici sono ancora detenuti nelle carceri turche o sono in procinto di essere condannati.

Il Movimento Nazionalista dei lupi grigi (MHP) di orientamento fascista e il Partito Repubblicano del Popolo – CHP, principale partito d’opposizione e tra gli organizzatori delle proteste di Gezi Park – [ndr] stanno continuamente sabotando i negoziati di pace. I curdi nutrono profonda sfiducia verso Erdogan, ricordando i suoi appelli non sinceri al dialogo, effettuati solo per assicurarsi la sua base di potere nella Turchia orientale prima delle elezioni del 2011.

Da allora vi è stata un’ondata di arresti senza precedenti (peggio che durante il periodo del colpo di stato militare). L’obiettivo era distruggere l’opposizione filo-curda. Solo dopo una mobilitazione di massa del movimento curdo per la libertà, è stato costretto a tornare al tavolo dei negoziati.

Cosa dice un curdo riguardo questa fase che sta attraversando la Turchia?

Murat Karayılan, presidente del comitato esecutivo dell’Unione delle Comunità Curde (KCK), in un’intervista con l’agenzia Firat (ANF) ha formulato una valutazione sugli ultimi sviluppi in Turchia e in Kurdistan e sull’attuale processo di pace. Ha sottolineato tra l’altro che, nonostante il ritiro dei guerriglieri, in Kurdistan si sono rafforzate le azioni militari dello stato turco e che è anche stata accelerata la costruzione delle postazioni militari nei territori curdi.

Con queste premesse si sta tentando il possibile per sabotare il processo di pace. È evidente che lo Stato si sta preparando alla guerra, ha dichiarato Karayılan, che ha poi parlato anche dei processi contro il KCK e della prigionia di donne e uomini politici curdi: «Coloro che devono fare politica restano in carcere e la guerriglia si ritira.

.Qual è il progetto? Se inizia una nuova fase, una fase di soluzione democratica e la soluzione politica è all’ordine del giorno, le donne e gli uomini politici curdi devono essere liberati». Se questo non dovesse succedere, potrebbero esserci pericoli rispetto al processo di pace, ha spiegato Karayılan.

Il 29 maggio, quando un gruppo ambientalista – tra cui Sirri Süreyya Önder, deputato del Partito per la Libertà e la Democrazia (BDP), di origine curda [ndr] – si è riunito a Gezi Park, nessuno avrebbe potuto prevedere che impatto avrebbe avuto tale manifestazione. Il motivo della protesta è stata la pianificata riqualificazione di Gezi Park, il taglio degli alberi per far posto a un centro commerciale. Nel 2011, questa decisione è stata presa all’unanimità dal consiglio comunale, con i voti anche del CHP. Ne è seguito un violento giro di vite della polizia e molti manifestanti sono stati arrestati.

La risposta violenta della polizia è stata chiaramente del tutto sproporzionata. Numerose persone sono rimaste ferite; immagini delle vittime hanno fatto il giro dei social network. Le immagini degli idranti sparati sulla schiena della gente o le persone colpite dai gas lacrimogeni, sono state accompagnate da dichiarazioni provocatorie di politici di alto livello come il primo ministro Recep Tayyip Erdoğan, che ha dichiarato che i «tentativi di interruzione ad opera di elementi radicali non potevano fermare i lavori di costruzione».

Dopo tre giorni le proteste hanno raggiunto livelli senza precedenti: il primo giugno, centinaia di migliaia di persone hanno manifestato in piazza Taksim, e molti altri hanno preso parte a dimostrazioni in tutta la Turchia. I manifestanti a Istanbul resistono agli attacchi da parte della polizia. Le forze dell’ordine hanno ucciso almeno tre persone e ne hanno ferito molti di più, alcuni di loro versano in condizioni molto gravi. Ancora oggi l’attacco di polizia continua in piazza Taksim.

I più recenti eventi della piazza di Taksim, la retorica usata da Erdoğan, la spietatezza della violenza della polizia, hanno dimostrato che lo stato turco segue ancora gli stessi paradigmi come ha fatto prima il partito per la Giustizia e lo Sviluppo (AKP) quando ha preso il potere. L’obiettivo principale dello stato è ancora di esercitare il potere assoluto sulla società. La stessa violenza di Stato è stata utilizzata da fascisti per opporsi alle richieste di maggiore democrazia ed è ancora in uso da parte dell’AKP oggi.

È ancora più ironico che pseudo-manifestanti del CHP e MHP si presentino come i guardiani della democrazia. Quindi, il problema non è la persona che è al potere, ma la natura autoritaria dello Stato stesso. È per questo che abbiamo bisogno di continuare e ampliare la nostra lotta contro lo Stato.

La resistenza che si è sviluppata attorno a Gezi-Park rappresenta una tappa importante nella storia della democrazia in Turchia. Penso che questa sia una situazione nuova e che avrà un ruolo importante per il futuro.

Come curda e difensore dei diritti umani continuerò a lavorare verso la creazione di una società ecologica e democratica. Condanno le azioni violente dello Stato turco e faccio appello a tutti di mostrare la loro solidarietà organizzando proteste. Chiedo a tutte le organizzazioni democratiche e alle persone consapevoli che vogliono una vera democrazia in Turchia, di superare le divisioni siano esse religiose, etniche, nazionali, di sesso, età, cultura o classe per agire insieme e fermare gli ultra-nazionalisti del CHP e del MHP per capitalizzare queste proteste democratiche e usarle come piattaforma contro la loro odiosa propaganda nazionalista.

Fonte: ArciSolidarietà

http://www.arcisolidarietaonlus.eu/content/cosa-sta-succedendo-turchia-il-punto-di-vista-curdo

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