Nel luglio 2012 organizzazioni curde hanno preso il controllo delle città e dei villaggi nel Rojava – nella parte curda nel nord della Siria lungo il confine con la zona curda della Turchia – senza spargimento di sangue.
Recentemente persino il quotidiano Die Welt ha intitolato un articolo »Dove la Siria è già libera e democratica «, descrivendo con entusiasmo l’organizzazione dal basso nel Rojava. Anche noi che come delegazione abbiamo visitato il Rojava nel mese di maggio lo possiamo confermare: se non ci fosse l’embargo da parte della Turchia e del Kurdistan meridionale da un lato e le bande islamiste dall’altro, il Rojava potrebbe essere un’isola di pace e di democrazia nel Medio Oriente.
Le bande islamiste, ISIS (Stato Islamico in Iraq e in Siria) prima tra tutte, stanno però cercando di portare sotto il proprio controllo aree importanti, in particolare nella regione petrolifera nel nordest della Siria (Cizîre) e nel nord dell’Iraq. Quasi tutte le forze regionali li sostengono direttamente o indirettamente in questo intento. Tutti vogliono distruggere il progetto dell’autonomia democratica nel Rojava, il progetto di una rivoluzione delle donne, perché è una vera alternativa e quindi una minaccia per i propri sistemi corrotti, patriarcali e ingiusti.
L‘8 e il 9 maggio ISIS ha conquistato la seconda più grande città dell’Iraq, la città di Mûsil (Mosul) con milioni di abitanti, che è il centro del commercio in Iraq e la più importante stazione di passaggio verso la Siria. Spesso nei notiziari sono stati definiti come »gruppo di ribelli sunniti che combatte con gruppi sciiti«, il che va oltre la minimizzazione.
Chi è ISIS?
ISIS nasce dopo l’invasione dell’Iraq guidata dagli USA nel 2003. Il suo capo è Abu Bakr al-Baghdadi. Fino all’inizio di quest’anno ISIS veniva considerata parte della rete terroristica di Al-Qaeda, che però a febbraio si è staccata da ISIS. ISIS si autodefinisce come più radicale di Al-Qaeda. Nel frattempo ISIS si è staccata anche dal Fronte Al-Nusra, insieme al quale ha combattuto fianco a fianco ancora nella guerra a Serê Kaniyê e Til Kocer (al-Yarubiyah) contro le Unità di Difesa del Popolo YPG e le Unità di Difesa delle Donne YPJ. Entrambe le organizzazioni si combattono a vicenda per il controllo delle città Raqqa e Deir ez Zor in Siria. Tuttavia Al-Nusra perde sempre più terreno. Per i curdi e le curde fa comunque lo stesso. Chiamano tutti questi gruppi islamisti radicali che si riuniscono e si dividono in sempre nuove formazioni, Daaisch, l’abbreviazione araba per ISIS. La Turchia ufficialmente sostiene solo Ahrar al-Sham, dato che non è sulla lista delle organizzazioni terroristiche. In effetti però tutti i cosiddetti generi di aiuto e anche armi vanno a finire nelle mani di ISIS, dato che il confine è sotto il loro controllo. Durante la nostra visita nel Rojava abbiamo spesso sentito dire: »Noi siamo gli unici che combattono contro ISIS, noi qui combattiamo per il mondo intero.«
Quasi tutti i morti che si lamentano dalla parte delle YPG/YPJ sono caduti combattendo contro ISIS. Le maggiori perdite subite dalle YPG/YPJ sono quelle nella lotta per la città di Til Hemis nel gennaio 2014. In tutti gli altri combattimenti le YPG/YPJ hanno avuto molto successo. Nonostante il fatto che le bande islamiste vengano rifornite da stati come Arabia Saudita e Qatar, ma anche dalla Turchia, stato appartenente alla NATO, in parte con armi modernissime, le YPJ e YPG hanno conseguito notevoli successi militari. Così secondo affermazioni del centro stampa delle YPG nell‘anno 2013 in combattimento sono caduti 379 appartenenti alle YPG e YPJ, mentre sono morti 2 923 appartenenti agli jihadisti.
Dei 587 componenti di bande arrestati, solo 91 erano di origine siriana! »La maggior parte viene dalla Turchia, ma anche dalla Cecenia, dalla Libia, dall‘Europa, una volta c’era persino un cinese «, così uno dei comandanti di Til Xenzir, la postazione più ad ovest delle YPG nella regione di Cizîre. »L’Europa dovrebbe essere contenta che qui raccogliamo tutti i suoi islamisti e li combattiamo «, così Avesta, una comandate delle YPJ a Serê Kaniyê.
Quasi tutta zona della Siria abitata da curdi è stata liberata dallo stato e difesa contro gli islamisti, anche le zone di tribù arabe amiche, quella degli Shammar nella città di Til Koçer nell‘ottobre 2013. Anche il locale valico di confine verso l‘Iraq. In successione, numerosi uomini e donne arabi si sono uniti alle YPG/YPJ. Nel luglio 2013 le YPG/YPJ hanno completamente liberato Serê Kaniyê dalle bande islamiste, nonostante queste ricevessero appoggio militare diretto dalla Turchia.
Il problema è tuttavia che i cantoni curdi sono enclave e che zone intermedie sono prevalentemente controllate da ISIS. Mentre la zona tra Afrîn e Kobanê è quasi sotto il controllo di Al-Akrad – milizie curde vicine all‘ESL – e di altre forze di opposizione, la zona tra Kobanê e Cizîre è ancora sotto il controllo di ISIS. Questi ultimi controllano anche i due valichi di confine di Jarablus e Til Abyad, attraverso i quali in modo continuo arrivano rifornimenti di armi, combattenti e denaro dalla Turchia.
L’orrore che viene da ISIS è indescrivibile. Il 29 maggio per esempio, ISIS ha attaccato tre villaggi presunti yezidi nella regione di Serê Kaniyê, che però erano abitati da profughi arabi, e ha massacrato 15 persone, tra cui sette bambini, in modo orribile. Immagini di questo massacro apparse sui media curdi, ci hanno privati del sonno per intere notti. Dato che i combattenti di ISIS credono di andare direttamente in paradiso, ci sono anche molti attentatori suicidi. Quasi ogni giorno ci sono notizie di simili attacchi, nei quali quasi sempre sono dei civili a perdere la vita.
Durante il viaggio della nostra delegazione, innumerevoli persone ci hanno spiegato di non essere proprio in grado di comprendere le crudeltà commesse da ISIS. Così p.es. Gulistan Osman, una rappresentante di Yekitiya Star: »A un giovane di Dêrik gli jihadisti hanno tagliato la gola. Da allora sua madre non ha più dormito la notte. Quando sente o vede una persona da qualche parte perde quasi la ragione.«
Le combattenti delle YPJ ci hanno mostrato i pugnali lasciati dai combattenti di ISIS quando si sono dati alla fuga. »Questi li usano per tagliare la gola ai nostri combattenti «, così Melsa, una comandante delle YPJ di Serê Kaniyê. »I loro Imam hanno dichiarato halal lo stupro di donne e bambini curdi, la distruzione e il saccheggio «, così Melsa. »Per loro siamo cafir, miscredenti, così come tutti che non sostengono la loro ideologia «, così ancora Melsa.
Il 24.5.14 lo studente Muhammad Muhammad è stato assassinato da combattenti di ISIS perché ad Al Shiyukh andando verso la Turchia ha difeso alcune donne che erano state offese da appartenenti all‘ISIS. Uno dei combattenti ha quindi accoltellato più volte Muhammad. Combattenti di ISIS lo hanno poi decapitato. Il suo corpo senza testa è stato portato ad Al Raii, una città controllata da ISIS nei pressi del confine turco. L’ISIS ha legato il cadavere di Muhammad ad un‘auto e per diverse ore lo ha trascinato per la città come deterrente per la popolazione locale, fino a quando alla fine è stato abbandonato su un marciapiedi – questo non è un caso singolo.
Al momento in rete circolano video nei quali si vede come gente dell’ISIS dalle auto con armi semiautomatiche sparano contro pedoni e dozzine di automobilisti e in sottofondo si sente musica islamica.
Anche all’interno delle proprie file si uccide brutalmente: »Coloro che volevano lasciare il gruppo prendendo a pretesto diverse scuse sono stati massacrati senza pietà dai capi e da alcuni componenti di grado elevato, i dawlah «, ha riferito una persona che lasciato il gruppo. Riferisce inoltre che la popolazione è stata costretta a pagare una »tassa«. »Coloro che si sono rifiutati di pagare questi tributi sono stati bollati come Murtad [staccati dall’Islam] e giustiziati, con la motivazione di aver disubbidito al capo.« Riferisce anche di come la pressione viene mantenuta: »Chiedono ad ogni nuovo componente un’immagine e l’indirizzo dell’abitazione e del luogo di lavoro. Questa è la tattica di un gruppo mafioso. Chi entra a far parte dei dawlah, non può più lasciarla da vivo! Molti fratelli vorrebbero lasciarli, ma non ce la fanno.«
A Mûsil hanno subito spiegato che ora è iniziato un tempo nuovo: le donne devono lasciare le proprie case solo quando è strettamente necessario. Devono portare solo vestiti, »graditi a Dio « – abiti larghi che nascondono le forme femminili.
Non ci vuole molto a vedere perché decine di migliaia si uniscono agli jihadisti, in effetti la NATO ha bombardato il Medio Oriente e sostenuto i regimi corrotti dall’Afghanistan fino alla Libia. Giovani sradicati e privi di possibilità provenienti dai ghetti dell’Europa qui cercano una via diretta verso il paradiso, giacché la partecipazione al paradiso dei consumi dei paesi bianchi e benestanti gli è preclusa. Ogni jihadista porta con sé una piccola chiave che dopo la morte dovrà aprirgli la porta del paradiso, lo sentiamo dire spesso. A volte si sente persino un po‘ di compassione da parte dei combattenti delle YPJ di fronte a tanta ingenuità, »ma cosa dobbiamo fare con un sedicenne che ha tagliato la gola a cinque dei nostri giovani?«, chiede Axîn Amed perplesso. »I combattenti di ISIS vanno a morire senza paura, combattono senza sapere nulla del paese nel quale si trovano.« Il comandate di Til Xenzir ci ha riferito di aver arrestato jihadisti di questo genere, che credevano di combattere contro Israele. La truppa multinazionale non ha alcun legame nei confronti della popolazione locale, questo li rende privi di compassione e di inibizioni.
Una forza di ISIS è di essere meno dipendente dalle donazioni dall’estero rispetto a quanto lo sono altri gruppi. Tuttavia grazie al sostegno delle monarchie del golfo pare che sia particolarmente robusto dal punto finanziario. Un importante settore di entrate di ISIS sono i saccheggi e la vendita dei beni così ottenuti. L’intervento in Siria in parte è stato finanziato con »tasse« che l’organizzazione ha estorto a commercianti in Iraq, soprattutto a Mûsil. In Siria ISIS si è insediata ai valichi di confine e nei campi petroliferi per incassare pedaggi. Hanno a cuore prevalentemente le risorse economiche.
ISIS travolge Mûsil
Il 9 giugno ISIS ha conquistato Mûsil. La città è particolarmente importante dal punto di vista strategico per via dei vicini campi petroliferi. Anche l’aeroporto di Mûsil è stato occupato da ISIS. Il governo irakeno ha ammesso di aver perso il controllo dell’intera provincia di Ninowa.
Ma questo si annunciava da tempo. Già all’inizio dell’anno Abdullah Öcalan aveva messo in guardia rispetto al fatto che poteva verificarsi una situazione del genere. Mûsil ha da tempo un’immagine apocalittica, già da mesi il governo irakeno ha potuto tenere le strade verso la Siria solo a fatica. Inoltre secondo lo Spiegel gli islamisti hanno assaltato diverse carceri e liberato più di 1400 detenuti nella città dell’Iraq settentrionale.
Pare che centinaia di migliaia siano fuggiti da Mûsil nell’Iraq settentrionale curdo. Nel frattempo si parte già da un milione di profughi. Centinaia di civili, Peshmerga e soldati sono morti, PDK e YNK hanno evacuato le loro sedi.
Così ISIS si trova anche a poca distanza da Til Koçer (al-Yarubiyah), l’unico valico di frontiera verso il Rojava, ma questa volta dal lato irakeno. In mezzo si trova ormai solo la zona della tribù Gergerî, che si oppone con successo ad ISIS.
Gli jihadisti dall’inizio dell’anno hanno già portato sotto il proprio controllo la città di Fallujah (Al Fallujah) e ampie parti della provincia dell’Iraq occidentale di al-Anbar. Da li pianificano regolarmente attacchi contro la capitale Baghdad.
Perché l’esercito irakeno ha abbandonato senza combattere una città con milioni di abitanti?
Il capo del governo sciita al-Maliki ha vinto elezioni parlamentari alla fine di aprile, ma g li mancano partner di coalizione per avere la maggioranza assoluta dell’assemblea nazionale. Evidentemente ISIS ha potuto portare dalla propria parte numerosi capitribù sunniti e parti dell’esercito sono passati con loro.
Aperto il vaso di Pandora
Nell’incontro dell‘estate 2012 in Turchia nelle città del Kurdistan settentrionale di Riha (Urfa) e poi Dîlok (Antep) le forze regionali avevano deciso che la regione del Rojava doveva essere spartita con l’aiuto delle bande tra le aree di influenza della Turchia e del Kurdistan meridionale. A questo incontro hanno partecipato alcuni stati europei, l’Arabia Saudita, il Ministro degli esteri turco Davutoglu e gruppi vicini al Governo Regionale del Kurdistan. Li è stato stipulato un patto strategico, che le regioni di Afrîn e Kobanê dovevano essere attribuite alla sfera di influenza della Turchia, mentre la regione di Cizîre doveva stare sotto l’influenza del Governo Regionale del Kurdistan e quindi direttamente degli USA. Tutte le forze vogliono indebolire il movimento dei consigli nel Rojava con l’aiuto di ISIS e poi spartirsi la torta.
L’esperto di Vicino Oriente turco Haluk Gerger analizza il sostegno ad ISIS in questo modo: »Gli attacchi […da parte di ISIS] vengono pianificati dalla Turchia e Al-Qaeda li esegue, l’occidente, i nazionalisti arabi e il regime Baath guardano altrove e fingono di non sapere nulla. Questo mostra chiaramente che ancora una volta i curdi sono soli.«
L’atteggiamento viene confermato dalla risposta del governo federale a una piccola interrogazione della LINKE, secondo la quale il governo federale non sa nulla dei massacri degli islamisti, nonostante il fatto che l’informazione e i testimoni oculari siano accessibili al pubblico. Si è tirato fuori dalla vicenda dicendo che non sono disponibili informazioni affidabili. Ma rispetto ad altre questioni, quando si trattava di condannare l’autogoverno del Rojava, era senz’altro disponibile a presentare informazioni di qualità sostanzialmente inferiore. Questo piccolo esempio mostra un modo di procedere politico di molti poteri occidentali, che in ISIS e Jabhat al-Nusra vedevano alleati ragionevolmente tollerabili contro Assad e l’autogoverno curdo da sostenere fornendo armi.
Il presidente curdo Masud Barzanî con l’embargo e attacchi terroristici cerca di mettere in fuga la popolazione del Rojava e di incorporare la regione di Cezîre ricca di petrolio.
Barzanî inoltre lavora da tempo all’indebolimento del governo centrale irakeno. L’anno scorso il Governo Regionale del Kurdistan ha portato oltre 60 000 barili di petrolio nella città costiera della Turchia meridionale di Ceyhan senza utilizzare il sistema di oleodotti di Baghdad. Questo ha significato una maggiore indipendenza del Kurdistan nel commercio del petrolio, ma anche una perdita di autorità e di entrare per Baghdad.
Milizie di partiti siriani vicine al PDK di Barzanî sono note per aver regolarmente collaborato con le bande islamiste. Lo riferiscono in particolare, testimoni oculari del massacro di Til Hasil e Til Harran nell’estate del 2012, nel quale sono state assassinate oltre 70 persone.
Tutte le parti, la Turchia, il Governo Regionale, ma anche il governo siriano non hanno nulla hanno fatto nulla contro il rafforzamento di ISIS, dato che su un punto erano tutti d’accordo: piacerebbe a tutti in modo particolare mettere in difficoltà il progetto di autonomia democratica nel Rojava tramite ISIS. Così ad esempio le truppe di Assad si dividono con ISIS parti della città di Heseke, dove entrambi combattono solo contro le YPG/YPJ. Assad lascia passare indisturbate le truppe di ISIS attraverso il suo territorio , combatte l’ESL, Al-Nusra, il Fronte Islamico e altri, ma non ISIS. Combattenti delle YPJ che sono sopravvissute all’imboscata di Til Hemis riferiscono di una collaborazione tra il regime e ISIS in quell’area. Che le truppe di Assad combattono ISIS è una bugia utile come pretesto per motivare forniture di armi ad ISIS.
La Turchia lascia che le truppe dopo gli attacchi a villaggi curdi e arabi nella regione di Serê -Kaniyê vendano la refurtiva in territorio turco e apre i propri confini ai suoi camion. Così nella regione di Serê Kaniyê/Til Xelef sono stati fermati due camion con reperti archeologici che dovevano essere venduti da ISIS. Ma ISIS non mira solo a beni culturali, nelle zone dalle quali ISIS ha dovuto ritirarsi di fronte alle YPG/YPJ abbiamo potuto osservare più volte che è stato portato via tutto ciò che si poteva vendere. Che fossero cavi elettrici, tubi, interruttori e rubinetti e simili. Così delle combattenti delle YPJ ci hanno riferito di aver visto componenti di ISIS ritirarsi trasportando sulle spalle delle porte che avevano rubato. La refurtiva viene portata attraverso il ben sorvegliato confine turco e rivenduto in Turchia in luoghi come Demirkapi nella regione di Riha.
Tutti i combattenti stranieri di ISIS entrano in Siria passando dalla Turchia. Noi stessi abbiamo visto che forniture di generi alimentari ritrovati nelle postazioni di ISIS conquistate dalle YPG/YPJ provenivano dall’Arabia Saudita e dalla Turchia e recavano la scritta »Mano nella mano Turchia e Arabia Saudita«. Questi pacchetti di generi alimentari giacevano accanto a grosse cariche esplosive come quelle che tra l’altro sono state usate in autobombe due settimane fa a Til Xelef e Serê Kaniyê.
Solo il 14.6. si è saputo che secondo indicazioni di diverse agenzie che anche forze speciali della Turchia si trovavano a Fallujah in Iraq per l’addestramento di forze di ISIS.
Ma per la prima volta anche la Turchia viene colpita dal terrore di ISIS, i collaboratori dei suoi consolati di Mûsil sono stati sequestrati da ISIS. Anche alcuni camionisti che trasportavano petrolio sono stati rapiti.
Nell’occupazione di Mûsil evidentemente nelle mani di ISIS sono caduti immensi arsenali di armi dell‘esercito irakeno, così come valuta e oro per miliardi dalle banche saccheggiate. Si trovano in una marcia trionfale e minacciano anche la seconda città petrolifera dell‘Iraq, Kirkuk e persino la capitale Baghdad. Il 16.6 ISIS ha travolto Tal Afar, una città in cui vivono 250 000 turkmeni sciiti che ora si trovano in fuga verso Sengal, nella zona dei curdi yezidi.
Anche se ora tutte le forze regionali dovessero procedere insieme contro ISIS, cosa altamente improbabile, avrebbero difficoltà a richiudere questo vaso di Pandora.
Gli stati occidentali e regionali hanno creato un mostro appoggiando per anni forze islamiste per impedire alternative anticapitaliste e democratiche, ovvero abbattere regioni che non si sottomettevano incondizionatamente.
Peshmerga e YPG/YPJ insieme contro ISIS?
Dopo che l’esercito irakeno si è ritirato da Kirkuk l’intera città si trova sotto il controllo dei Peshmerga. A Selemiye e a Til Koçer Peshmerga e YPG/YPJ già combattono insieme contro ISIS. L’esercito irakeno invece ce l’ha fatta a strappare, Tikrit dalle mani di ISIS.
Intanto le YPG hanno dichiarato di essere pronte a difendere il Kurdistan meridionale insieme ai Peshmerga. Hanno fatto appello affinché vengano messe da parte tutte le inimicizie tra curdi e perché si proceda insieme contro gli jihadisti, perché l’ultimo attacco è un attacco contro i tutti i curdi e le curde.
In una dichiarazione si afferma: »Come YPG da 18 mesi combattiamo contro questi gruppi estremisti. In molte occasioni abbiamo saputo che l’obiettivo di queste bande di ISIS è di cancellare il popolo curdo. Abbiamo raccolto esperienze preziose nella nostra resistenza contro le bande e i e le nostri/e combattenti hanno combattuto eroicamente.«
La dichiarazione delle YPG finisce con un appello a tutti i popoli del Kurdistan di rafforzare la propria unità e di fare resistenza insieme, oltre i confini dei partiti. Le YPG hanno preso molto sul serio la sicurezza dei popoli del Rojava, che fossero assiri, arabi, turkmeni, aramei o caldei, e l’hanno garantita, così Sipan Hemo, portavoce delle YPG.
Tra coloro che sono colpiti dall’invasione di ISIS ora sembra mostrarsi quanto meno un atteggiamento autocritico. Così il governatore di Kirkuk, Najmeldin Karim, ha dichiarato che è stato un grave errore dare credito alle accuse del PDK, che PYD e YPG siano »antidemocratici«. Ha dichiarato: »Non abbiamo capito PYD/YPG e abbiamo fatto un errore, resistono da anni contro ISIS, mentre noi con un esercito di un milione di soldati irakeni non abbiamo resistito nemmeno per poche ore.«
Il co-presidente del PYD Salih Muslim Muhammad ha dichiarato a Bianet: »Alcune persone ancora non vedono i fatti: ISIS è solo uno strumento in mani altrui. Le forze che stanno dietro sono quelle decisive.«22
»Ma l’occidente deve interrogarsi sul perché per tanto tempo è stato a guardare mentre alleati fornivano armi alla Siria che poi finivano nelle mani di estremisti. Deve finalmente riconoscere quello che è in gioco in Siria e modificare la propria politica «, così Rainer Hermann della FAZ.
A questo va aggiunto solo che l’embargo contro il Rojava deve finalmente cessare e che ora tutte le forze devono sostenere le curde e curdi che in tutta evidenza sono gli unici in grado di fermare le bande terroristiche e ad avere un progetto per un Medio Oriente democratico.
* Per tutto il mese di maggio una delegazione costituita dall’etnologa Anja Flach, dallo storico Michael Knapp e dall‘ecologo Ercan Ayboga Rojava ha vistato le zone curde liberate nel nord della Siria.
Tratto da Kurdistan Report 174. Edizione, Luglio/Agosto 2014